Pin It

Si chiude, in questi giorni, il mese dell’orgoglio LGBQT+, e non volevamo perdere l’occasione per tornare un momento a parlarne. E lo facciamo dedicando uno spazio al ricordo di Maria Silvia Spolato, matematica, attivista, la prima donna italiana a fare pubblicamente coming out. Un racconto di Nicola Ciccoli.

“A raccontarlo oggi non sembra neanche vero”

Negli ultimi anni, finalmente, anche nella comunità dei matematici il tema della diversità di generi e orientamenti sessuali ha smesso di essere un tabù e non mancano le iniziative, nazionali e internazionali in proposito. Tra tante segnalo l’organizzazione Spectra e l’iniziativa 500 Queer Scientists che lavorano attivamente per creare un ambiente scientifico in cui anche chi appartiene a una minoranza di genere si possa sentire rappresentato. Noi, più in piccolo, racconteremo una storia passata che forse può parlare anche a tutte le persone nella matematica di oggi. Citate in esergo sono le parole di una canzone di Francesco De Gregori dei primi anni ’80 che sembrano adattarsi bene a questa storia.

Se oggi non mancano gli esempi, i modelli di ruolo (come va di moda chiamarli con un calco linguistico) la stessa cosa non era vera negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso quando l’omosessualità maschile – mai dichiarata-  era al più argomento per pettegolezzi, e quella femminile sembrava proprio non esistere. Pochi conoscono la storia di Maria Silvia Spolato, una delle pioniere del movimento di liberazione omosessuale, matematica e attivista, la prima donna italiana a fare coming out e rendere pubblica la propria omosessualità; una storia difficile e fuori dalle righe.

Maria Silvia Spolato negli anni ’50 è una giovane iscritta al Corso di Laurea in Matematica, probabilmente una delle poche ragazze presenti nei corsi scientifici dell’Ateneo patavino. Il suo libretto non testimonia una carriera brillantissima, si laurea con 85/110, prende i voti più bassi nei corsi di Fisica Sperimentale e i voti migliori nei corsi di Geometria Superiore e Algebra Superiore, probabilmente tenuti all’epoca da Ugo Morin. Si laurea, comunque, nel 1961 e di lì a poco trova lavoro alla Pirelli a Milano, prima nel settore Gomma, poi al più prestigioso Gruppo Brevetti. Probabilmente in conseguenza della morte del padre decide di lasciare Milano e tornare a Padova dove partecipa al concorso per l’abilitazione all’insegnamento e ottiene le prime supplenze. Pubblica con Zanichelli un manuale didattico di insiemistica (Gli insiemi e la matematica). Sappiamo poco altro eppure sono questi gli anni decisivi della sua vita. Gli anni in cui matura la scelta di rendere pubblico il suo orientamento omosessuale.

La ritroviamo, infatti, nel 1972, a Roma a una manifestazione femminista dove si presenta con un grosso cartello con la scritta “Liberazione Omosessuale”. La foto verrà pubblicata su Panorama. Sono gli anni delle prime battaglie per i diritti degli omosessuali, Maria Silvia nel 1971 ha fondato il Fronte di Liberazione Omosessuale poi confluito nel F.U.O.R.I.   e scendendo in piazza con quel cartello sta spezzando un muro di ipocrisia; per la prima volta una donna italiana si dichiara omosessuale. Un atto rivoluzionario non privo di conseguenze. La sua cattedra in un Istituto Tecnico della periferia romana non viene confermata: ottiene una cattedra in una Scuola Media ma anche questa non viene confermata, il Ministero dell’Istruzione la giudica indegna all’insegnamento. Sarà il suo ultimo lavoro stabile. Maria Silvia si getta anima e corpo nell’attivismo politico, partecipando alle più importanti esperienze dei movimenti femministi e di liberazione omosessuale. Parallelamente, però, la sua vita privata diventa sempre più difficile e lentamente scivola in una condizione analoga a quella di un senza tetto. Pur potendo approfittare dell’aiuto generoso di compagne dei movimenti politici, di fatto si ritrova in ristrettezze economiche tali che per un lungo periodo pendolerà tra Roma e Bolzano per poter usare il treno della notte come cuccetta. La sua salute mentale si fa più fragile, aumenta la sua solitudine, termina l’epopea dell’attivismo politico. Spolato resta una donna sola e isolata. Indegna, come diceva il Ministero. Eppure chi la incontra la descrive come colta, brillante, energica. Il mondo attorno a lei lentamente diminuisce lo stigma sociale che circonda una donna omosessuale, ma ormai il suo destino si è compiuto. Maria Silvia Spolato muore nel 2018 a Bolzano, in un Istituto dove ha passato gli ultimi anni della sua vita. Lontano il ricordo di quei passati esami.

Nicola Ciccoli

 

Materiali per saperne di più (a cura di Jae Natalini)

Pin It
This website uses the awesome plugin.