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Guarda come sono felici, come si divertono, laggià, l’una accanto all’altra” disse Bilba, e, sporgendosi per vedere ancore pi in basso, quasi cadde.

“Mi piacerebbe tanto stare con loro”, sospirò. Belba era una gocciolina d’acqua leggerissima che viveva in una nuvola bianca. Ogni giorno, dopo che il sole stiracchiava i raggi, osservava le sue compagne sulla terra che si divertivano a formare i laghi, i mari, i fiumi. Sognava di essere cullata dalle onde del laghetto dai riflessi di smeraldi, di farsi fare il solletico dalla spuma della baia. I fiumi invece erano troppo tumultuosi e non le piacevano. Immersa nei pensieri, Belba trascorreva molte ore della sua giornata.

Ninde, la sua migliore amica, sospesa nella nuvola si godeva intanto il bel freschetto del posto. “Belba, smettila! Qui stiamo benissimo! Nessuno ci disturba e il vento ci porta lontano!”. Ma Belba la gocciolina non era d’accordo con Ninde e, in cuor suo, desiderava che quel momento arrivasse, prima o poi. “Ma no! Ci divertiremmo! Ruzzoleremmo a destra e a sinistra, conosceremmo tante altre goccioline di terra, ci potremmo unire a loro e diventare più grandi!”. “Va bene allora! Speriamo di precipitare, di diventare pioggia! – disse infastidita Ninde – così ameno la smetterai di parlare e mi lascierai sonnecchiare in pace!” e si girò stizzita dall’altra parte.

Non sapeva che le speranze certe volte diventano realtà.

Una mattina la nuvola in cui vivevano Belba e Ninde si sciolse e le due goccioline cominciarono a cadere verso la terra. “Oddio! – gridà Ninde in preda al panico, mentre precipitavano nel cielo gricio < non ci hanno nemmeno avvisato! Non sono preparata!!”. “Si salvi chi puà!!” urlavano terrorizzate le goccioline, mentre schivavano i fulmini che fendevano l’aria tempestosa. I grandi tuoni facevano però paura canche a belba che, nella sua confusione, cercò di avvicinarsi a Ninde. Stringere la mano di quela musona sicuramente sarebbe stato di grande conforto. Ma purtroppo Belba non riusciva a vedere granchè, e, d’un tratto, capì di aver perso la sua migliore amica. Forse per sempre. Ninde era sparita e ora Belba precipitava tutta sola verso un futuro ignoto.

Quando si svegliò, al buio, non le servì stropicciarsi gli occhi per vederci meglio. Non si trovava in mare, nè in un lago. “Per fortuna nemmeno in un fiume!” pensò per darsi coraggio. Era atterrata su una foglia di un cespuglio e, dal primo specchio d’acqua le sembrava ci fosse una distanza paurosa per una gocciolina come lei.

“Che succede? – pensò – mi sento strana… Cos’è… Ma… Non sono più una tonda… Sono… Sono tutta sformata! Chissà come sono brutta! Aiuto!”.

La sua richiesta d’aiuto risuonò nella notte della foresta col verso dei gufi e col fruscio dei furetti invisibili nell’ombra. Dall’alto della nuvola, Belba non aveva mai visto quelle cose, e non era preparata a incontrarle. Aveva paura e voleva scappare lontano, verso il mare, verso il lago… Addirittura verso il fiume! Ma non poteva.

“Cosa succede. Anche se mi sforzo, non riesco a muovermi. Sono bloccata, qualcuno mi trattiene! Liberatemi!” comincià di nuovo a gridare. Bisognava restare calmi, presto qualcuno l’avrebbe notata e allora sarebbe potuta ritornare in cielo, nella nuvola, pensò.

Ormai quel cespuglio le era diventato veramente antipatico. Si guardà intorno, e capì che non era da sola. Altre goccioline, come lei, stavano su quel posto verde liscio e bombato, anche loro immobili, “Che cosaci succede amiche!” disse con una voce ferma, per non far trasparire tutta la sua paura.

“Ohhh, un’altra novellina” rispose una vocina roca dal buio. Belba si girà a cercare chi avesse parlato, ma invano. Non riusciva più a fare un giro completo su se stessa, perchè era parzialmente spiaccicata sulla foglia, attaccata alla sua superficie, e i movimenti le erano un po’ impediti. Chi aveva parlato si trovava alle sue spalle. “Non preoccuparti cara – continuà la vocina roca – non ti trattiene nessuno. E’ che noi non possiamo rotolare quì.

Siamo condannate a restare attaccate, ferme al nostro posto, finche non evaporeremo. Tu sei nuova, e non lo sai, Io sono già evaporata per metà”. La gocciolina sembrava sapere il fatto suo e terrorizzò Belba. Il suo sogno di vivere in mare doveva finire così= Appiccicata a una foglia in un’anonima foresta, sentire l’odore dell’acqua – ora ne era sicura, c’era un laghetto nei dintorni – e non riuscire mai ad arrivarci?

“Stai mentendo! – sbottò Belba – e io adesso te lo dimostrerò! Rotolerò via da questa foglie e… E… Tu non potrai fermarmi!”. La piccola goccia temeraria si lanciò un’altra volta mentre ormai s’era fatta mattina. Ma le cose non cambiarono.

Ormai, anche lei, al sole, era quasi completamente scomparsa. Tutti gli sforazi di lasciare quella tenacissima foglia liscia erano andati a vuoto. Aveva provato anche a saltare, per spiccare il volo e poter fluttuare via, come faceva quando stava nella nuvola ma, purtroppo, pesante e grassa com’era, non ottenne nessun risultato. Ormai moriva di sete. “Povera gocciolina spaurit, non sai più cosa fare, vero?”. Intorpidita, Belba stava per sipondere male alla vocina roca. MA si trattenne, quando si accorse che non era stata lei a parlare. “Ninde! Ninde! Sei tu!”, la sua migliore amica era riuscita a trovarla! E, incredibile, era in perfetta forma, tonda e capace di ritolare via in ogni direzione. “Guarda qua! Sinistra, destra, avandi dietro! Notare lo stile, l’eleganza dello scatto!” Ninde si pavoneggiava senza pudore davanti a lei e, in un’altra circostanza, Belba l’avrebbe certamente mandata al diavolo. Solo che, in quel momento, era solo contenta di vederla.

“Ninde, Ninde! Ma allora ti sei salvata! Vieni, fatti abbracciare!” disse Belba, e per un attimo quasi dimenticò di stare evaporando. MA Ninde sapeva il pericolo che correva la sua amica e decise di passare all’azione saltando i salamelecchi. “Ora tifarà vedere come si rotola”, si girà e fischiò. Il sibilo richiamò alcune goccioline che Belba non aveva mai visto.

Quasi tutte avevano gli occhiali, molte avevano in mano un righello, e altre anora una piccola calcolatrice e una matita. Dopo aver misurato Belba, come se dovessero farle un vestito, e prese poccole porzioni dell’acqua che la componeva. Due goccioline capellone e con la barba che sembravano saperla lunga, discussero tra loro – quasi litigando -prima di dirigersi verso quelle con lo scalpello a dare istruzioni.

“Ninde ma… Cosa succede? Chi sono questi? E cosa vogliono da me? Cosa stanno facendo?”. “Non preoccuparti, sono miei amici. Un po’ buffi, ma tipi straordinari. Hanno studiato matematica, sai”. Ninde continuà a spiegare incurante del fatto che Belba la seguisse con lo sguardo perso nel vuoto.

“Il motivo per cui non riesci a rotolare via, è perchè questa foglia è completamente liscia, e tu ci stai attaccata sopra. I miei amici ora si mettteranno a scalpellare sotto di te e intorno a te. In questo modo costruiranno un piccolo percorso con tante buchette e monticelli, su cui potrai rimbalzare e scappare via. MA prima di fare questa cosa hanno dovuto studiare un po’ la situazione, perchè non esiste un solo modo di scalpellare, no, no, dipende da te e da come è fatta questa foglia”. Mentre Ninde spiegava e Belba fingeva di capire, le goccioline si davano da fare e, presto, Belba tornò perfettamente tonda!

Incredula, a poco a poco ricominciò a muoversi, mentre le goccioline matematiche intorno a lei si davano il cinque e si congratulavano per il lavoro fatto. I due che avevano studiato il piano stavano in disparte a lisciarsi le barbe con serietà e orgoglio, ma si vedeva che erano contenti. “Evviva” Sono libera!” gridava Belba mentre rotolava senza una meta ben precisa. Ninde la guardava soddisfatta e quasi non riusciva a starle dietro, anceh se correva molto. “Ma come hai fatto a capire tutto questo, Ninde? Dove hai conosciuto quelle goccioline… Come si chiamano… Quei matematti?”. “Se vuoi proprio saperlo – disse allora Ninde – seguimi. Dobbiamo andare laggiù. In quel lago con i fiori di Loto, e te lo spiegherò”.

Belba non si fece pregare perchè a lei, i laghi, erano sempre piaciuti.

di Stefano Pisani

 

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