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Godfrey Harold Hardy (Cranleigh, 7 febbraio 1877 – Cambridge, 1º dicembre 1947) è stato un matematico  autore di importanti contributi in teoria dei numeri e analisi e, fra i non appartenenti alla comunità matematica, è noto per il suo Apologia di un matematico, un saggio del 1940 sull’estetica della matematica.
Prima della guerra, Hardy andava spesso a trovare Bohr a Copenaghen (non Niels – Harald Bohr, il fratello, matematico e calciatore), e con lui affrontava, per qualche giorno (di solito tre) piccoli problemi, come l’ipotesi di Riemann. In occasione di una di quelle visite, quando Hardy arrivò al molo di Esbjerg per far ritorno in patria, il mare era insolitamente agitato. E la barca che gli avrebbe fatto attraversare la Manica gli sembrava insolitamente piccola e malferma. Non si sa cosa gli passò effettivamente per la testa, ma Hardy, ateo dichiarato e fiero, in quel momento pensò a Dio. In particolare, a come imbrogliarlo.
Sulla banchina del porto c’era un negozietto che vendeva cartoline di Esbjerg, ne comprò alcune (non si sa bene quante) e su ognuna scrisse “Ho dimostrato l’ipotesi di Riemann. G.H. Hardy”. Poi comprò i francobolli e andò a imbucarle. Si sa che ne spedì una a John Littlewood. Forse ne spedì un’altra a sua madre, a sua sorella Gertrude, forse a Bertrand Russell. Qual era il suo piano? Se l’imbarcazione fosse affondata, e Hardy fosse morto, le cartoline sarebbero arrivate e lui sarebbe stato ricordato come matematico che aveva [probabilmente] dimostrato l’ipotesi di Riemann, ma la dimostrazione era andata perduta. Dio non avrebbe mai consentito questo onore, per un ateo, e quindi, per esser certo che ad Hardy fosse negata qualsiasi gloria immeritata, avrebbe fatto arrivare la barchetta a destinazione e lui sarebbe stato salvo. Hardy spiegò poi il gesto agli amici: “quelle cartoline erano la mia polizza assicurativa”.

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