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Per l’8 marzo vi proponiamo un articolo a cura di AIROYoung, la sezione giovani ricercatori dell’Associazione Italiana di Ricerca Operativa, in cui alcune giovani ricercatrici intervistano alcune colleghe più esperte. La versione originale di questo articolo è pubblicata su Springer Nature Operations Research Forum nel gennaio 2021.

La disparità di genere è ancora un problema nel mondo accademico e in particolare nei campi “STEM” (i.e., scienze, tecnologie, ingegneria e matematica)? Quali sono le difficoltà che hanno incontrato le donne che hanno intrapreso una carriera accademica? Quali differenze esistono tra i vari paesi e cosa è cambiato rispetto al passato? In quanto donne e appartenenti a una comunità di giovani ricercatori di Ricerca Operativa (nel testo spesso denominata con l’abbreviazione inglese OR, una branca della matematica applicata), abbiamo cercato di trovare risposta a queste domande intervistando un gruppo di affermate professoresse e ricercatrici di generazioni diverse, con carriere ed esperienze diverse. Abbiamo discusso con loro di consapevolezza e disparità di genere nelle posizioni di responsabilità, di mobilità e mentoring, della società e del ruolo dell’istruzione, e di molto altro ancora. Le loro storie e opinioni, che hanno per noi una forte carica motivazionale, ci hanno permesso di estrapolare un ritratto delle principali barriere che le donne hanno incontrato in passato nelle discipline STEM, ma anche di quali sfide e stereotipi bisogna ancora superare, cercando di ridurre finalmente del tutto la disparità di genere.

Articolo a cura di Lavinia Amorosi (Università La Sapienza di Roma), Rossana Cavagnini (RWTH Aachen University), Veronica Dal Sasso (Optrail s.r.l.), Martina Fischetti (Vattenfall), Valentina Morandi (Libera Università di Bolzano) e Alice Raffaele (Università di Trento)

Introduzione

AIROYoung è la sezione dei Giovani Ricercatori dell’Associazione Italiana di Ricerca Operativa (AIRO). AIROYoung è una comunità fatta “dai giovani per i giovani” ed è gestita dal lavoro di volontariato di giovani ricercatori. Il board di AIROYoung è interamente composto da donne e anche la maggior parte degli organizzatori dei nostri workshop sono donne (per esempio, il comitato organizzatore del 4° workshop AIROYoung era composto da sole donne). Eppure, la percentuale di donne nella nostra comunità è di circa il 29%, anche se durante l’evento 4° AIROYoung Workshop che si è svolto a Bolzano nel febbraio 2020, la partecipazione di donne ha toccato il 40%.

Come donne e ricercatrici, ci interessa particolarmente il tema dell’uguaglianza di genere. La disparità di genere sul lavoro è un argomento molto discusso al giorno d’oggi e riguarda moltissimi ruoli o occupazioni. Da quando abbiamo iniziato la nostra carriera nelle discipline STEM, sia in ambito accademico sia in quello industriale, ci siamo chieste se e in quale misura questo sia ancora un problema nel nostro campo. Abbiamo quindi deciso di intervistare sei donne provenienti da paesi diversi, ai massimi livelli nella loro carriera professionale, chiedendo loro di raccontare la propria esperienza.

Nel seguito trovate i profili di queste sei ricercatrici e poi le interviste vere e proprie, composte a formare un dialogo.

Profili delle intervistate


Margarida Carvalho, la più giovane delle intervistate, è Assistant Professor presso l’Università di Montreal. Appassionata di matematica sin da giovane, ha conseguito un Master in Ingegneria Matematica presso l’Università di Porto, dove ha scoperto la Ricerca Operativa, ritenendo che offrisse un buon equilibrio tra matematica, programmazione e applicazioni reali. Dopo un dottorato in Informatica e un postdoc presso il Center for Industrial Engineering and Management dell’INESC TEC, entrambi a Porto, si è trasferita in Canada nel 2017. Durante i suoi studi ha sempre avuto un buon numero di colleghe. Infatti, la sua laurea è uno dei titoli abilitanti per diventare insegnante di matematica. In Portogallo, le insegnanti donne rappresentano oltre il 90% del totale nella scuola primaria e percentuali simili si possono trovare anche in altri paesi. Nella sua posizione attuale, ritiene che il divario di genere sia presente anche in Canada. Indipendentemente dal luogo, ciò può dipendere dal fatto che le donne decidano più spesso di interrompere il proprio percorso invece di perseguire la carriera accademica.

Anna Nagurney, una delle figure storiche della Ricerca Operativa, è Full Professor John F. Smith Memorial presso la Isenberg School of Management all’Università del Massachusetts. Nata in Canada ma formatasi negli Stati Uniti, si è innamorata della Ricerca Operativa durante la sua specializzazione in Matematica applicata alla Brown University. Ha conseguito due lauree (in Matematica applicata e in Lingua e letteratura russa) e si è avvicinata alla ricerca mentre stava studiando per un master e, allo stesso tempo, lavorando nel settore della difesa a Newport. Durante il college, una coinquilina la presentò a Stella Dafermos, sua futura supervisor e, a quel tempo, l’unica professoressa di Matematica applicata e Ingegneria alla Brown University. Rispetto al passato, dice Anna Nagurney, oggi negli Stati Uniti ci sono molte più donne rettrici delle migliori Università o direttrici di scuole di Ingegneria e Business, ma pochissime donne CEO di importanti società. Comunque, questo non deve scoraggiare le giovani ricercatrici a fare sempre del loro meglio, conclude la Nagurney.

Dolores Romero Morales è Professoressa di Ricerca Operativa presso la Copenhagen Business School. Ha studiato Matematica all’Università di Siviglia. Come specializzazione negli ultimi due anni del suo percorso di studi ha scelto Statistica e Ricerca Operativa. Successivamente, si è trasferita in Olanda per fare un dottorato di ricerca presso l’Università Erasmus di Rotterdam, dove ha avuto la fortuna di poter frequentare corsi tenuti da ricercatori di spicco come Jan Karel Lenstra. È stata Assistant Professor presso l’Università di Maastricht e poi Professore presso l’Università di Oxford, che ha lasciato per la Danimarca nel 2014. Ha vissuto in diversi paesi, imparando molto da tutti ma, nonostante condizioni e orari di lavoro differenti, ritiene che il divario di genere sia il denominatore comune.

Ivana Ljubic è Professoressa di Ricerca Operativa presso la ESSEC Business School di Parigi. Ha scoperto la sua passione per l’ottimizzazione combinatoria durante l’ultimo anno di Matematica all’Università di Belgrado. È entrata a far parte del programma di dottorato presso la TU Vienna, avendo come supervisor Petra Mutzel, un modello femminile essendo all’epoca una delle pochissime docenti della Facoltà di Informatica. Ha poi beneficiato del sostegno del programma Hertha-Firnberg, un’eccellente borsa di studio per ricercatrici post-dottorato finanziate dall’Austrian Science Fund. Afferma che questo l’ha aiutata a dare un impulso alla sua carriera e ad aumentare le sue possibilità prima di candidarsi per una posizione di ruolo. Attualmente lavora in Francia, dove osserva che la percentuale di ricercatrici in STEM è molto più alta che in altri paesi dell’UE. Crede che ciò possa essere correlato alla mancanza di pressioni da parte delle Università francesi sulla mobilità dei ricercatori, cosa che viene richiesta invece in altri paesi.

Martine Labbé è Professoressa di Ricerca Operativa presso il Dipartimento di Informatica della Libera Università di Bruxelles ed è stata la prima e unica donna a ricevere la EURO Gold Medal (2019). Si è laureata in Matematica nel 1978, quando le principali carriere offerte a un giovane matematico erano quella di insegnante di scuola superiore o di attuario. Ha optato per quest’ultima, non avendo all’epoca l’ambizione di diventare un’insegnante. Inizialmente ha ottenuto un lavoro in una compagnia di assicurazioni e ha anche conseguito una laurea in scienze attuariali, disciplina che comunque adorava. Poi ha contratto il “virus della Ricerca Operativa”, come le piace chiamarlo, e ha deciso di intraprendere un programma di dottorato. Non si è mai pentita di questa scelta. Vive e lavora in Belgio, dove la condizione femminile è buona. Il problema, secondo lei, sta nel fatto che le ragazze non sono abbastanza spinte a scegliere e intraprendere una carriera in campo STEM.

Grazia Speranza è Professoressa Ordinaria di Ricerca Operativa presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università degli Studi di Brescia, dove ha ricoperto anche il ruolo di Vice Rettore. È attualmente la presidente dell’International Federation of Operational Research Societies (IFORS). Dopo diversi esami di analisi, algebra e geometria, ha scoperto la Ricerca Operativa come la disciplina che fa da ponte fra Matematica e applicazioni reali, attraverso l’Informatica: è stato amore a prima vista. Ha conseguito un Master e un Diploma Avanzato entrambi in Matematica Applicata presso l’Università degli Studi di Milano, rispettivamente nel 1980 e nel 1983, lavorando poi presso l’Università degli Studi di Udine prima di trasferirsi a Brescia. Secondo la sua esperienza, anche se le percentuali di dottorandi di sesso femminile e maschile in Italia sono comparabili, la percentuale di donne diminuisce con l’avanzamento della carriera accademica. Per esempio, osserva che al Politecnico di Milano circa il 22% dei professori ordinari e l’8% dei direttori di dipartimento sono donne.

Sintesi delle interviste

Acquisire consapevolezza attraverso le difficoltà

Le donne possono trovarsi ad affrontare diverse sfide, quando decidono di intraprendere una carriera scientifica. Abbiamo chiesto alle nostre intervistate della loro esperienza e di quali difficoltà abbiano incontrato nella loro carriera.

Quando ho iniziato la mia carriera, credevo che uomini e donne avessero gli stessi diritti e opportunità nella vita. Credevo che, soprattutto in ambito accademico, non potessero esserci pregiudizi, perché è un ambiente di persone intelligenti, intellettualmente oneste e aperte”, afferma Grazia Speranza. “Nel tempo, mi sono resa conto che la realtà è molto più complicata, in particolare in un campo dove la percentuale degli uomini è molto maggiore di quella delle donne“.

Credo che in molte occasioni passate potrei aver sperimentato forme di discriminazione senza nemmeno rendermene conto. Sicuramente, le disuguaglianze di genere ci impongono di metterci sempre alla prova e di non commettere mai errori“, aggiunge Margarida Carvalho.

Alcune delle nostre intervistate hanno avuto meno difficoltà di altre: “Non potrei dire di non aver mai incontrato difficoltà. Ma, nel complesso, non credo che essere una donna mi abbia reso le cose molto più difficili“, afferma Dolores Romero Morales con una nota positiva.

Fortunatamente (e sorprendentemente) non ho mai avuto problemi con la mia carriera. Tuttavia ho conosciuto colleghe che hanno affrontato molte sfide”, aggiunge Martine Labbé.

A volte la prima sfida che si affronta consiste anche solo nel mostrare interesse per le materie STEM, materie generalmente associate al genere maschile. Per esempio, questo si è riscontrato in alcuni studi sul divario di genere in Fisica tra gli studenti delle scuole superiori, dove le ragazze che mostravano interesse per la materia faticavano ad identificarla con il genere femminile. Perciò una scelta educativa che sembra naturale per i ragazzi potrebbe essere un atto di coraggio per le donne. “Le ragazze non sono incoraggiate o supportate a provare una carriera nelle materie STEM. Sono percepite come non femminili, e questo determina profondamente le loro scelte future e la loro fiducia in sé stesse. Ciò compromette la diversità delle idee e opinioni nelle materie STEM e quindi il loro progresso“, concorda Margarida Carvalho. Anche se le ragazze hanno voti più alti nelle materie STEM rispetto ai ragazzi, questo le ostacola nell’intraprendere una carriera di questo genere.

Una delle ragioni potrebbe risiedere negli stereotipi che attribuiscono i risultati delle ragazze alla diligenza invece che al talento. Un altro motivo è che l’ambiente professionale legato alle discipline STEM è dominato dagli uomini. “Quando ho iniziato, le donne in STEM erano considerate delle belle eccezioni, piacevoli da avere intorno. C’erano pochissimi modelli per una giovane donna”, commenta Grazia Speranza. “Le poche donne in posizioni di responsabilità in ambienti STEM devono spesso educare alla diversità ed essere loro stesse elementi di diversità nel loro contesto lavorativo. Queste cose richiedono tempo! Come possiamo essere innovative e competitive nel nostro lavoro se dobbiamo essere coinvolte anche in tali compiti?”, continua Margarida Carvalho.

Essere diverse espone anche le ragazze a lottare continuamente contro gli stereotipi: “All’inizio della carriera, una prima grande sfida è stata quella di essere considerata una brava ricercatrice piuttosto che una giovane carina, anche per costruire la mia autostima. In generale, ho osservato che gli uomini tendono a considerare un uomo come la prima scelta per un progetto di ricerca”, osserva Grazia Speranza. “Il pregiudizio che gli uomini siano migliori delle donne negli ambienti professionali, nelle discipline STEM e non solo, è ancora vivo“. “Quando ho iniziato, era ben visto che le ragazze diventassero insegnanti di scuola superiore perché questo avrebbe permesso loro di conciliare famiglia e lavoro, e so ancora che ci sono genitori che lo incoraggiano“, confessa Martine Labbè.

La famiglia, l’equilibrio tra lavoro e vita privata e le aspettative della società sono una sfida per molte donne nelle discipline STEM, così come in altri settori. “Per me, crescere dei figli mentre stavo facendo il dottorato è stata una grande sfida“, afferma Ivana Ljubic. “Perseguire una carriera accademica consente tempi di lavoro più flessibili, ma, data la natura del nostro lavoro, non è che lasciamo le nostre problematiche di ricerca in ufficio“.

Un’altra battaglia nell’equilibrio tra lavoro e vita privata è sicuramente l’elevata mobilità prevista da molte università europee, in particolare all’inizio della carriera accademica o da PostDoc. “Per le ricercatrici con famiglia e figli, ciò richiede un enorme impegno e sostegno da parte del partner e anche dei bambini stessi (per esempio, la disponibilità a vivere, lavorare o studiare all’estero per un periodo di tempo limitato)“, osserva Ivana Ljubic. “Personalmente non ho percepito questo ostacolo: mio figlio è nato quando avevo 38 anni (quindi la mia carriera era già avviata) e mio marito è sempre stato di grande supporto”, commenta invece Martine Labbè. “Ovviamente, per tutti noi trovare un equilibrio tra famiglia e lavoro è un compito non banale. Però la mia famiglia comprende la mia passione per quello che faccio e mi supporta“, concorda Dolores Romero Morales.

L’equilibrio tra lavoro e vita privata è importante non solo nella vita di tutti i giorni, ma anche nella nostra vita in generale. Anna Nagurney invita le giovani donne ad abbracciare l’idea che i vari obiettivi nella vita possono essere raggiunti in momenti diversi, senza compromettere il successo finale. “Ho fatto tutto al contrario“, dice. “Prima sono diventata Professore Ordinario (la prima donna a raggiungere questo grado alla Isenberg School), abbastanza rapidamente dopo la mia promozione a Professore Associato di ruolo. Poi ho avuto un figlio e successivamente ho preso la patente!

La consapevolezza del ruolo delle donne nella società è ora in crescita e le sfide affrontate dalle donne per avere una carriera nelle materie STEM iniziano a occupare spazio sui media. “Credo che questo riconoscimento dia potere a tutti“, commenta Margarida Carvalho. Ma l’uguaglianza chiaramente non c’è ancora ed è quindi importante, per le donne in particolare, lottare per essa ed essere dei modelli per le altre ragazze in ambito STEM. “È una battaglia che mi fa arrabbiare (perché mi fa capire che ci sono ancora disuguaglianze) ma allo stesso tempo mi fa sentire in pace, perché sappiamo che probabilmente stiamo ‘facendo le cose per bene’ lottando per una società più equa“, aggiunge Margarida Carvalho. “Ai tempi del mio diploma, un famoso professore di Matematica applicata mi disse: ‘Più salirai, più cercheranno di prenderti di mira‘”, dice Anna Nagurney. “Penso a me stessa come una molla: più mi spingono verso il basso, più salgo in alto. L’ho fatto anche per le mie studentesse e per coloro che mi hanno seguito. Bisogna essere resilienti, perché le ricompense arrivano, non bisogna arrendersi mai. Fare sempre il miglior lavoro che si può. Inoltre, supportare gli altri, essere positivi e celebrare i loro successi“.

Donne in STEM: passato, presente e futuro

La presenza delle donne in ambito STEM è un tema che ha ricevuto crescente interesse negli ultimi anni. Infatti, secondo i dati forniti dall’UNESCO e dal World Economic Forum, le donne in ambito STEM soffrono di un fenomeno chiamato “leaky pipelines” rappresentato in Fig. 1.

Fig. 1. Leaky pipeline: la percentuale di donne diminuisce all’avanzare della carriera (fonte: UNESCO Institute for Statistics, luglio 2015).

I dati mostrano che la percentuale di donne in STEM a livello di lauree triennali e magistrali è in media superiore al 50%. Tuttavia, la percentuale media di donne tra le persone che scelgono di fare un dottorato in ambito STEM è fortemente più bassa (43%). Secondo il rapporto dell’Unione Europea, nella UE la percentuale di donne tra le persone che ottengono un dottorato di ricerca in scienze naturali, matematica e statistica è abbastanza equa (circa il 46%) mentre la situazione sembra essere molto diversa in ambito ICT e nel campo dell’Ingegneria, dove tale percentuale è addirittura inferiore al 30%. La perdita più grave si ha tuttavia nella fase successiva, dal dottorato verso l’essere ufficialmente ricercatrici, dove la percentuale di donne scende al 28%. Ciò nonostante, la situazione sta migliorando costantemente, anche se a ritmi diversi a seconda dei paesi, come valutato dal programma SAGA (STEM And Gender Advancement) dell’UNESCO.

Al fine di comprendere l’evoluzione della partecipazione delle donne nei settori STEM, abbiamo chiesto alle nostre intervistate di fornire un quadro di quanto sia variato negli anni il comportamento delle donne coinvolte nella ricerca STEM, e cosa possono osservare ora nelle loro Università. Come sono cambiate le ricercatrici in Ricerca Operativa? Focalizzandosi su obiettivi, atteggiamenti, convinzioni e fiducia in sé stesse, tutte le intervistate concordano sul fatto che la situazione sia migliorata in modo significativo nel corso degli anni, influenzando sia il rapporto con la comunità scientifica sia l’atteggiamento personale delle donne. Su questo, Grazia Speranza dice: “Vedo più giovani donne brave e determinate. Vedo più fiducia in sé stesse.” Ivana Ljubic aggiunge che le donne sono anche più ambiziose di quanto non fossero in passato.

Oggi le donne sembrano anche partecipare maggiormente alle attività scientifiche. Anna Nagurney afferma che è sempre più comune trovare donne organizzatrici od ospiti a conferenze di Ricerca Operativa, e nei comitati editoriali di riviste scientifiche.

Un’altra caratteristica del comportamento delle donne, che potrebbe essere una causa del divario di genere, si può trovare nelle parole di Martine Labbè, che afferma che le donne sono “meno assertive” degli uomini: “Vedo molte giovani ricercatrici in OR che si arrendono dopo il dottorato di ricerca perché ritengono che sia troppo difficile ottenere una posizione accademica“.

Un punto di vista condiviso tra le intervistate è la maggiore consapevolezza della condizione delle donne. Oggi le donne sono più aperte a parlare liberamente delle difficoltà che incontrano per il solo fatto di essere donne, secondo Margarida Carvalho. Questa maggiore consapevolezza ha contribuito allo sviluppo di forum speciali dedicati alle ricercatrici. Anna Nagurney cita come esempi Women in Operations Research and the Management Sciences (WORMS) di INFORMS e Women in OR and Analytics Network (WORAN) di The OR Society, recentemente avviata nel Regno Unito; segnaliamo anche Women In Society: Doing Operational Research And Management Science (WISDOM) di EURO.

La situazione è migliorata anche per quanto riguarda il networking. Secondo Margarida Carvalho, le donne tendono a collaborare maggiormente per trovare soluzioni e sostenersi a vicenda. Ivana Ljubic afferma che le opportunità di networking sono diventate più frequenti e informali e Anna Nagurney suggerisce l’uso di mailing list come strumenti efficaci per lo scambio di informazioni sulle opportunità, quali offerte di lavoro, conferenze, edizioni speciali di riviste e premi. Un aspetto da non sottovalutare è che il sostegno arriva anche dai colleghi uomini, come testimonia Ivana Ljubic: “Questi sforzi sono supportati anche da molti dei nostri colleghi uomini, che diffondono il messaggio che la diversità e l’inclusione aiuteranno la nostra disciplina a prosperare e crescere.” Tuttavia, molto lavoro resta ancora da fare, a partire dai livelli più bassi dell’istruzione, come ricorda Dolores Romero Morales; Anna Nagurney aggiunge che anche se la situazione sta migliorando, “molte delle riviste più importanti non hanno mai avuto un Editor-in-chief donna“.

Alle intervistate è stato chiesto di rappresentare la situazione attuale nelle loro Università, con particolare focus sull’andamento delle percentuali di studenti e studentesse e se sia stato raggiunto un equilibrio nei loro paesi. Ivana Ljubic insegna in un corso di laurea magistrale di Data Science e Business Analytics e riporta il seguente trend positivo: “Circa il 40% degli studenti sono donne, di cui una parte significativa proveniente da paesi asiatici. Contrariamente alle credenze comuni, queste studentesse sono molto sicure di sé e non si sentono inferiori rispetto alla loro controparte maschile“. Anche Anna Nagurney riporta un andamento positivo: “Non molto tempo fa avevo un corso con soli studenti uomini, cosa che mi aveva colpito. Oggi la percentuale di donne in alcuni corsi di laurea STEM è aumentata.”

Purtroppo si segnalano anche cattive notizie. Martine Labbè dichiara che nell’università dove lavora “purtroppo la percentuale di studentesse si è abbassata! Vedo meno studentesse rispetto al passato. ” Margarida Carvalho riferisce che “continua a esserci un enorme divario nella fiducia in sé stesse delle studentesse” e Anna Nagurney si ricollega al fenomeno della leaky pipeline dicendo che “quando si sale nella gerarchia educativa e professionale, c’è attrito“. Anna Nagurney specifica che “differisce da paese a paese e ci sono ancora paesi in Europa dove ci sono pochissime professoresse donne nei campi STEM“. Infatti, la percentuale di donne che hanno raggiunto la posizione di professore ordinario nei paesi dell’UE è stata, nel 2016, intorno al 16%, con un aumento del 2% rispetto al 2013. D’altra parte, tutte le intervistate concordano sul fatto di non notare alcun cambiamento sostanziale in termini di prestazioni delle donne rispetto al passato, il che può essere il segno che in realtà la strada principale verso l’uguaglianza di genere consiste nel cambiamento del modo di pensare.

Abbiamo chiesto alle nostre intervistate come possiamo essere proattivi e cosa si possa fare, come comunità, per risolvere il problema. Dolores Romero Morales apre un grande dibattito su come affrontare la questione suggerendo di “mettere i semi nelle scuole primarie” e, quindi, di combattere il divario di genere educando i bambini. Lo stesso suggerimento è dato da Martine Labbè, la quale afferma che l’educazione alla parità di genere “deve iniziare quando sono adolescenti. La società in generale, i genitori e gli insegnanti in particolare devono lavorare molto su questo.” Un’altra azione potrebbe essere quella di aumentare la partecipazione delle donne. Grazia Speranza afferma che l’uguaglianza di genere nello STEM può essere raggiunta “mantenendo alto il livello di attenzione verso l’obiettivo dell’equilibrio di genere. Nelle commissioni, nelle giurie, nelle tavole rotonde, tra i relatori principali e nelle lezioni plenarie dovrebbero sempre esserci donne“. Margarida Carvalho condivide la stessa opinione e propone di “dare alle minoranze spazio per partecipare, ad esempio, decidendo con cura gli invitati a seminari, sfidandoli a partecipare a progetti di ricerca e costruendo un ambiente confortevole e sicuro in cui possano essere fiduciosi.” “Il mentoring gioca un ruolo importante“, afferma anche Ivana Ljubic in accordo con Anna Nagurney, che ci racconta la sua positiva esperienza scolastica: “La mia insegnante di settima classe elementare, la signora Fuller, mi ha detto: ‘Anna, un giorno sarai Professoressa di Matematica”. I commenti positivi di un modello o di un educatore possono sostenere uno studente nel suo viaggio. Le studentesse e gli studenti hanno bisogno di vedere professori donne “che amano quello che fanno“. Dulcis in fundo, arriva un commento di Ivana Ljubic sul comportamento delle istituzioni. Afferma infatti che “le istituzioni politiche devono ripensare l’intero processo di reclutamento accademico e le condizioni imposte per la permanenza in carica, indipendentemente dal sesso. Questo processo sta diventando, al giorno d’oggi, sempre più guidato dagli indici, e meno umano in molte dimensioni. A lungo termine, questo potrebbe portare a un vicolo cieco con conseguenze non intenzionali (tra le altre, portando a una diversità ancora maggiore rispetto a ciò che abbiamo oggi)“. Si tratta di un avvertimento importante per non cancellare quanto fatto in passato e per migliorare la situazione per un futuro più giusto.

Alimenta la tua passione

Infine, dopo aver ascoltato le loro storie, abbiamo posto un’ultima domanda alle nostre intervistate:

Cosa ti motiva oggi?

Alcune di loro hanno sperimentato il divario di genere più di altre, ma una cosa che possiamo riscontrare in tutte le loro risposte è che la passione che le ha spinte a intraprendere una carriera in Ricerca Operativa non è diminuita. Riportiamo qui le loro esatte parole, sperando che possano servire da ispirazione e alimentare la passione di altre giovani ricercatrici, aiutandole a superare le difficoltà sul loro cammino.

Martine Labbè: “La ricerca! Risolvere problemi interessanti e stimolanti. Collaborare con persone simpatiche e motivate. È davvero divertente!

Dolores Romero Morales: “Sono molto appassionata di quello che faccio, quindi questo aiuta. Ma una delle cose che trovo incredibilmente gratificante è la trasformazione che vedo negli studenti“.

Anna Nagurney: “Quando ero Assistant Professor, andavo dai professori famosi alle conferenze a chiedere consiglio, tra cui uno dei padri della Ricerca Operativa come il Prof. George Dantzig. Un professore mi ha detto: “Anna, devi costruire la tua rete e farlo attraverso i tuoi studenti”. È il successo dei miei studenti di dottorato e dei miei studenti universitari, che lavorano per aziende innovative, che rende orgogliosa questa mamma accademica“.

Grazia Speranza: “Curiosità e nuove sfide scientifiche. Inoltre, essere un modello per le nuove generazioni.

Margarida Carvalho: “Lavorare con persone diverse, la convinzione che i geni non determinano la nostra competenza e la libertà di fare ciò che amiamo!

Ivana Ljubic: “Supportare studenti giovani, brillanti e motivati, condividendo con loro le mie conoscenze e l’esperienza. Collaborare con molti ricercatori di talento in tutto il mondo, brainstorming e apprendimento gli uni dagli altri. Andare oltre i confini della ricerca e scoprire nuove aree.

Conclusioni

L’idea alla base di questo lavoro era di fornire una panoramica su come il divario di genere sia percepito dalle donne in ambito STEM, in particolare all’interno della comunità di Ricerca Operativa. A tal scopo, abbiamo intervistato sei professoresse che lavorano in diversi paesi e con background differenti. Questo articolo raccoglie tutte le loro opinioni su quella che era ed è la situazione delle ricercatrici e delle docenti, insieme a uno spaccato del loro percorso professionale e delle difficoltà, più o meno legate al genere, che hanno incontrato sul loro cammino. Sebbene percepiamo che la situazione stia migliorando, c’è ancora una disparità tra il numero di uomini e di donne che occupano ruoli di spicco. Ciò testimonia che sono necessari ancora ulteriori sforzi per promuovere l’uguaglianza di genere, a partire dall’istruzione scolastica.

Ringraziamenti

Ringraziamo Margarida Carvalho, Martine Labbè, Ivana Ljubic, Anna Nagurney, Dolores Romero Morales e Grazia Speranza per il tempo che hanno dedicato alle nostre domande. Senza il loro contributo, non avremmo potuto fornire una visione così completa sulla condizione attuale delle donne nella comunità della Ricerca Operativa.

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