La seconda ondata di Covid19 è arrivata. Le scene dalla scorsa primavera tornano alla memoria dopo i momenti di oblio di questa estate. Si discute animatamente sulle misure da adottare. “Dobbiamo superare questa fase in attesa del Vaccino”, si sente dire da più parti.
Ma di che tempi stiamo parlando?
I vaccini rappresentano una delle più grandi conquiste della società moderna, rappresentando una grande protezione per la salute collettiva.
Il vaiolo era una grossa piaga sul finire del diciottesimo secolo, quando il medico britannico Edward Jenner osservò che chi contraeva il vaiolo-bovino (ecco il nome vaccino) si immunizzava rispetto a quello umano. Decise di iniettare del siero preso da una pustola di vaiolo bovino in un bambino di otto anni: l’immunizzazione funzionò. Solo grazie ai vaccini, il vaiolo è stato dichiarato eradicato nel 1977 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Tralasciamo l’aspetto biologico, indaghiamo matematicamente. Se consideriamo il modello di sviluppo di un’epidemia, il vaccino è quel fattore che limita le probabilità di transizione che un individuo sano possa infettarsi, a seguito di un contatto. La curva dei contagi si “abbassa”, la salute collettiva è tutelata.
Tuttavia i tempi di realizzazione e somministrazione di un vaccino non sono brevi.
Realizzare un vaccino significa seguire uno stretto protocollo sperimentale, costituito da circa 6 fasi. Per il Covid19, se tutte le fasi fossero rispettato al netto degli strumenti attuali, solo intorno al 2030 potrebbe essere messo in circolazione un vaccino “scientificamente collaudato”. L’unico modo di abbattere questa barriera è una fortissima sinergia tra i paesi in gioco, così da collaborare sulle varie fasi, e non da ledere il processo scientifico.
Per la somministrazione la questione è più delicata.
Ogni anno sono prodotte circa 400 milioni di dosi di vaccino antiinfluenzale. Questo trend per il Covid19 significa coprire l’intera popolazione mondiale (siamo quasi 8 miliardi) in circa vent’anni! Se da un lato si può intensificare la produzione (e gli investimenti), dall’altro bisogna definire una priorità di vaccinazione. Ce lo conferma la matematica delle epidemie. È doveroso partire dalle categorie più fragili, a maggior rischio ospedalizzazione, ed operatori socio-sanitari, maggiormente esposti al contagio.
Il vaccino sarà una soluzione, ma richiede tempo. Per ora limitiamo i contatti ed indossiamo la mascherina, così da abbattere subito la curva dei contagi. E vacciniamoci, almeno contro l’influenza, così da avere un nemico in meno.
[Illustrazione di Luca Manzo]