Secondo un recente studio, il successo del cantante canadese si diffonderebbe tra i ragazzini di mezzo mondo come un vero e proprio morbo.
La ricerca, condotta da un gruppo dell’Università di Ottawa che studia la diffusione delle malattie infettive, suggerisce che la Bieber-fever possa essere considerata come la malattia più contagiosa del nostro tempo, capace di infettare un’intera generazione di ragazzi. Inoltre, i modelli matematici prevedono che questa malattia non possa essere debellata in breve tempo. In realtà secondo gli autori, solo una forte dose del “Lindsay Lohan effect” – ovvero un’intensa pubblicità negativa – sarebbe in grado di estinguere l’ossessione diffusa per la mega-star Justin Bieber. “La stampa scandalistica può essere la nostra ultima speranza contro la totale infezione apocalittica,” avvertono la studentessa Valerie Tweedle e il suo professore, Robert J. Smith? (non è un errore di battitura, il punto interrogativo fa proprio parte del nome, ndr), in un capitolo del libro in uscita “Comprendere le dinamiche di malattie infettive emergenti e riemergenti usando modelli matematici.” Smith? ha cambiato il suo nome, legalmente, per distinguersi dai numerosi omonimi presenti anche nel mondo della ricerca. Se distinguersi è il suo obiettivo, sicuramente con il suo lavoro ci è riuscito: un paio di anni fa infatti Smith? ha ottenuto diversi articoli su giornali internazionali per uno studio di modellizzazione su come il mondo potrebbe sopravvivere a un attacco di zombie. Tornando a Justin, come ogni malattia che si rispetti la Bieber fever ha dei propri sintomi: pianto incontrollabile e/o urla, acquisto eccessivo di cimeli, distrazione nella vita quotidiana, imitazione della pettinatura alla Bieber. Ma come si è diffuso il morbo Bieber? “Attraverso l’esposizione costante, la febbre Bieber è stato incubata e diffusa. Milioni di persone sono già state infettate, e molte altre sono a rischio ogni giorno. E’ necessaria un’azione è urgente ” affermano gli autori. Occorre davvero un intervento urgente? Beh, forse no. Lo studio è in realtà un esercizio di modellizzazione della crescita fenomenale della popolarità di Bieber – come evidenziano il numero delle citazioni su Twitter e delle ricerche di Google – utilizzando strumenti propri delle malattie infettive. Il lavoro originale di Tweedle, su cui si basa il capitolo, le ha fruttato una A+ nel corso di Smith?. I due, però, non stanno suggerendo ai giovani di tutto il mondo – o ai loro genitori –di proteggersi da Bieber, né stanno cercando di ridurne la fama con una campagna denigratoria. In realtà, nello studio hanno osservato che ciò che ha mantenuto la “Biebermania” al livello di febbre è una precisa strategia pubblicitaria: l’attenzione generata da evento come l’uscita di un CD o un nuovo taglio di capelli, viene seguita da una pausa, seguita a sua volta da un’ulteriore notizia sul diciottenne. Il lavoro suggerisce come una sovraesposizione costante di Bieber, probabilmente porterebbe ad una diminuzione di popolarità del cantante. “Se fosse su tutte le copertine dei giornali ogni mese, alla fine potrebbe accadere che la gente inizi a pensare ‘Ah, sono stanco di Bieber. E’ semplicemente ovunque!” afferma Smith?. “Se invece si scaglionano le notizie ed i picchi pubblicità vengono intervallati da momenti di pausa, si può far durare quasi all’infinito qualcosa che altrimenti morirebbe. Ovviamente non si tratta formalmente una malattia, ma ne ha tutte le caratteristiche, e quindi si comporta come tale.” Smith? ha recentemente visitato la classe di una scuola elementare, dove ogni singolo bambino di nove anni, sapeva chi fosse Justin Bieber e a tutti, tranne uno, piaceva il cantante. Ha anche trascorso del tempo in Senegal nel mese di aprile, insegnando matematica a studenti di master provenienti da tutta l’Africa. Anche in questo caso tutti i suoi studenti conoscevano Bieber. Smith? conclude dicendo: “Noi tutti abbiamo questo linguaggio comune, ora… parliamo tutti Bieber”.
(A cura di Cristiana Di Russo)