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Qualche mese fa Gianluca Paolini dell’Università di Torino e Saharon Shelah della Hebrew University di Gerusalemme hanno annunciato in questo articolo di aver risolto un problema aperto da vari decenni che riguarda alcune strutture algebriche. Lo stesso Gianluca Paolini ci racconta qui sotto meglio di cosa si tratta.

Forse non ci avete mai pensato, ma una buona parte della matematica contemporanea ha una natura simile alla tassonomia in biologia, occupandosi di organizzazione e classificazione di gruppi di oggetti secondo dati “principi”. Più precisamente, il matematico non parla di “principi” ma di relazioni di equivalenza, quali ad esempio “la relazione di isomorfismo”, “la relazione di omeomorfismo”, e così via. Il fatto che questi termini non siano di uso comune non deve spaventare, in quanto concettualmente quello che si fa è paragonabile alla divisione dei componenti di un gruppo di persone a seconda dell’altezza, o dell’età, o di qualsiasi altra proprietà specifica.

D’altra parte classificare una collezione di oggetti matematici in base a una di queste relazioni di equivalenza può non essere semplice quanto suddividere una classe a scuola a seconda dell’altezza. Questo perché, in matematica, ci sono molti problemi di classificazione tuttora irrisolti, così come ci sono classificazioni che per la loro complessità hanno richiesto decine di migliaia di pagine e decenni di lavoro, quale ad esempio la classificazione dei gruppi finiti semplici, uno dei traguardi fondamentali della matematica contemporanea, ultimata solo alla fine del ‘900.

Nell’algebra moderna (e non solo) una delle relazioni di equivalenza più importanti è sicuramente quella di isomorfismo. Due oggetti matematici isomorfi possono essere legittimamente considerati come “uguali”, in quanto aventi la stessa struttura algebrica. È un po’ come considerare “uguali” due McDonalds situati in continenti diversi, nonostante i due McDonalds siano diversi, andare nell’uno o nell’altro è sostanzialmente la stessa cosa.

L’oggetto di interesse del nostro articolo è una particolare collezione di oggetti matematici, i cosiddetti gruppi abeliani senza torsione, abbreviati in TFAB (dall’inglese “torsion-free”). Queste entità matematiche sono in realtà molto semplici da definire: un gruppo è una collezione di oggetti su cui sono definite una operazione di somma e una operazione di differenza (denotate spesso con “+” e “-“), le quali soddisfano pochi semplici assiomi (e.g. “\((a + b) + c = a + (b + c)\)” o “\(a – a = 0\)”). Un gruppo è poi detto abeliano se si da il caso che l’operazione di somma sia tale per cui \(a + b = b + a\). Infine un gruppo abeliano si dice senza torsione quando \(a \neq 0\) implica che \(a + a \neq 0, a + a + a \neq 0, a + a + a +a \neq 0\) e così via. L’esempio canonico di TFAB è sicuramente l’insieme dei numeri interi \((… -2\ -1\ 0\ 1\ 2….)\). Più in generale i TFAB possono essere considerati come la naturale astrazione di tutti gli usuali sistemi numerici che incontriamo già nella scuola superiore: i numeri interi, i numeri razionali, i numeri reali e i numeri complessi.

L’oggetto specifico di interesse del nostro articolo è la classificazione dei TFAB in base alla relazione di isomorfismo. Cosa significa questo? Idealmente vorremmo scrivere una lista completa di tutte e sole le “specie” di TFAB. Ma, prima di spiegare cosa voglia e dire e come sia possibile “risolvere” tale problema di classificazione, è forse utile fare un esempio concreto di isomorfismo fra TFAB. A tal proposito, consideriamo due gruppi diversi: il gruppo dei numeri interi, denotato con \( \mathbb{Z}\), e il gruppo dei numeri interi pari, denotato con \(2 \mathbb{Z}\) (cfr. Figura 1).

Figura 1. il gruppo \( \mathbb{Z}\) e il gruppo \( 2\mathbb{Z}\)

Con questo si intende che consideriamo non solo gli insiemi riportati sopra ma anche l’ovvia operazione di somma \(a + b\) (si ricordi che la somma di due numeri pari è un numero pari). Ora ci chiediamo: il gruppo \( \mathbb{Z}\) e il gruppo \( 2\mathbb{Z}\) sono isomorfi? In “matematichese” questo significa trovare una corrispondenza biunivoca tra \( \mathbb{Z}\) e \( 2\mathbb{Z}\) che rispetti la somma, tale corrispondenza è facile da trovare, infatti la funzione \(n \rightarrow 2n\) soddisfa queste condizioni, dato che \(2(n+m) = 2n + 2m\) (cioè la somma è rispettata). Quindi i TFAB \( \mathbb{Z}\) e \( 2\mathbb{Z}\) sono isomorfi, essi sono cioè la stessa cosa sotto mentite spoglie. Classificare a meno di isomorfismo significa appunto capire esattamente quando due diversi gruppi sono, sotto sotto, “lo stesso gruppo”.

A volte, in matematica sono possibili classificazioni piuttosto semplici. Un esempio canonico di questo fenomeno lo incontriamo in tutti i corsi universitari di geometria (algebra lineare) quando si dimostra che due spazi vettoriali sono isomorfi se e solo se essi hanno la stessa dimensione. In questo caso la dimensione dello spazio vettoriale viene detta un invariante, in quanto tale numero identifica appunto uno spazio vettoriale a meno di isomorfismo.

Non sempre però sono possibili classificazioni così semplici, e allora ci possiamo chiedere: dato un concreto problema di classificazione, quanto è complesso? Qui arriva il concetto più importante di questa breve esposizione: per affrontare questo tipo di domande è stata sviluppata una teoria matematica (teoria descrittiva degli insiemi) che permette di affermare esattamente quando un problema di classificazione è più semplice di un altro. Questo ci permette di confrontare due diversi problemi di classificazione e di ottenere informazioni sul problema di classificazione A usando quanto noto sul problema di classificazione B. Ad esempio, supponiamo di sapere per certo che il problema di classificazione B non ammette una soluzione ragionevolmente semplice (e quindi considerabile come trattabile) e supponiamo anche che si riesca a dimostrare che il problema di classificazione A è tanto complesso quanto il problema B, allora ne segue che anche il problema di classificazione A è intrattabile, e quindi la ricerca di un sistema ragionevolmente semplice di classificazione è destinata al fallimento. Con questo si intende che non è che non riusciamo a ottenere una classificazione ragionevolmente semplice perché non siamo abbastanza bravi, e magari qualcun altro potrebbe riuscirci nel futuro, ma perché dimostriamo che è impossibile farlo.

Questo tipo di argomentazione è tipico della matematica. Il matematico infatti, in una situazione ideale, classifica quando può classificare e quando non può classificare dimostra matematicamente che una classificazione è impossibile. Un esempio notevole di questo fenomeno (ma in realtà ce ne sono davvero molti) è rappresentato dal Teorema di Abel-Ruffini (noto anche come teorema dell’impossibilità di Abel). Questo teorema afferma che non esiste soluzione per radicali delle equazioni polinomiali generali di grado cinque o superiore. Per noi matematici questo teorema di impossibilità, insieme ai metodi conosciuti di risoluzione per radicali per equazioni polinomiali di grado inferiore al cinque, rappresenta una risposta soddisfacente al problema posto, in quanto ne segue che sappiamo esattamente quando si può e quando non si può risolvere per radicali una equazione polinomiale generale.

Ma torniamo al nostro problema, che ora possiamo scrivere più precisamente: dati due TFAB quanto è complicato stabilire se sono isomorfi? In generale, quando si parla di isomorfismo, è desiderabile fissare la cardinalità, cioè il numero di elementi, degli oggetti considerati, in quanto è ovvio che due oggetti matematici con diverso numero di elementi non possono mai essere isomorfi. Inoltre, c’è una sola specie di TFAB finito, il gruppo banale \(\{0\} \) (Perchè? Si vede subito, infatti se \( 0 \neq a \in G\), allora abbiamo che \( a + a \in G\), \(a + a + a \in G\), e così via, e tali elementi sono tutti diversi). Quindi la domanda viene riformulata come segue: dati due TFAB infiniti della stessa cardinalità quanto è complicato stabilire se sono isomorfi? Ma qui sorge un problema: quanti tipi di infinito esistono? Per i nostri scopi è sufficiente sapere che in matematica ci sono diversi tipi di infinito (in realtà esistono infiniti tipi di infinito), e noi considereremo solo il primo tipo di infinito cioè il cardinale detto \(\aleph_0\), che non è nient’altro che il numero di elementi dell’insieme infinito più semplice di tutti, cioè l’insieme dei numeri naturali: 0, 1, 2…

Questa domanda si può porre per qualsiasi classe di strutture matematiche. Prendete il caso dei grafi. Un grafo è una delle strutture più “semplici” considerate in matematica, esso è semplicemente un insieme di elementi (detti anche nodi) insieme ad una relazione simmetrica definita su di essa. Ad esempio, l’insieme degli esseri umani con la relazione “essere fratello di” è un esempio di grafo, in quando se Tizio è fratello di Caio allora Caio è fratello di Tizio (simmetria). I grafi sono anche facili da disegnare, per un esempio si veda la Figura 2.

Figura 2. Grafo rappresentante il piano di Fano

Ora, dati due grafi di cardinalità \(\aleph_0\), quanto è complicato stabilire se sono isomorfi? Il lettore si potrebbe giustamente chiedere: ma perché nonostante l’articolo si fosse riproposto di parlare di TFAB, ora mi ritrovo a tentare di capire cos’è un grafo? Una ragione in realtà c’è: un teorema stabilisce infatti che il problema di classificazione dei grafi numerabili (i.e., di cardinalità \(\leq \aleph_0\)) a meno di isomorfismo, è tanto complesso quanto possibile, nel senso che ogni altro problema di classificazione a meno di isomorfismo di strutture numerabili è riducibile a tale problema, e quindi il problema è considerato come intrattabile.

In realtà i grafi non sono gli unici esempi di questo fenomeno, alcuni altri esempi noti sono: gli ordini lineari, gli alberi (grafi che hanno la forma di alberi), i campi e così via. Cosa hanno i TFAB di particolare? Il loro problema è che nonostante la formulazione di questa specifica “teoria matematica della complessità” (teoria descrittiva degli insiemi di strutture numerabili) risalga ormai al 1989, e nonostante i TFAB siano tra le strutture matematiche più note e studiate, il problema di determinazione dell’esatta complessità della loro classificazione a meno di isomorfismo è rimasto irrisolto fino all’inizio di quest’anno. Infatti, malgrado vi fossero molte soluzioni parziali al problema, e malgrado altri casi di gruppi abeliani – per esempio il caso dei gruppi abeliani con torsione – fossero stati completamente capiti, il caso TFAB sembrava rimanere inespugnabile ai vari tentativi di risoluzione, e la comunità era divisa tra chi credeva che il problema fosse tanto complesso quanto possibile (come nel caso dei grafi) e chi no.

Dopo un anno e mezzo di intenso lavoro e dopo vari tentativi, all’inizio di quest’anno io e il mio collaboratore (e precedentemente supervisore di post-dottorato) Saharon Shelah, siamo finalmente riusciti a dimostrare che il problema di classificazione dei TFAB numerabili a meno di isomorfismo è tanto complesso quanto l’analogo problema per i grafi numerabili, e quindi tanto complesso quanto possibile. Siamo quindi riusciti a dimostrare che una classificazione ragionevolmente semplice di questi oggetti è matematicamente impossibile, un po’ come è impossibile tentare di risolvere equazioni polinomiali generali di grado superiore al quarto per radicali, o come è impossibile costruire una macchina del moto perpetuo…

Gianluca Paolini

Il disegno di copertina è preso da un breve comic book scritto da Saharon Shelah per una presentazione divulgativa di questo risultato. Il disegno illustra la nozione di isomorfismo. By courtesy of Saharon Shelah.

 

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