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Nicola Ciccoli ci presenta il suo diario di bordo di questi mesi di didattica universitaria a distanza. Un racconto appassionante di come si possa ripensare la propria professione. Questa è la quarta puntata. Tutte le puntate le troverete a mano a  mano a questo link.

Torniamo ai diari di bordo e a una analisi leggermente più puntuale del loro contenuto, per quel che riguarda quanto non direttamente legato agli aspetti puramente didattici.

Consapevolezza

Nelle sue sette domande in tempi di epidemia F. Su riflette sulle virtù del matematico, parlando di curiosità, indipendenza di pensiero, immaginazione, creatività, atteggiamento verso la bellezza, persistenza e capacità strategiche. Riuscire a stimolare i miei studenti da tutti questi punti di vista mi sembrava un compito eccessivamente ambizioso, ma speravo che il diario di bordo fosse lo strumento per iniziare a ragionare un po’ meglio su cosa si impara in un corso, come lo si impara e perché lo si impara e che dunque in ultima analisi potesse restituirmi degli studenti almeno un po’ più consapevoli di essere membri di una comunità che si educa ed educa. Gli estratti che riporto in questa sezione mi sembra descrivano proprio questo processo di crescita di coscienza rispetto a cosa vuol dire essere un matematico, a come lo si diventa e su quali sono gli ostacoli che si incontrano nel processo.

Pellicola di sapone su di un supporto a spirale.. Il film si dispone lungo una superficie minima, in questo caso una elicoide. I differenti colori sono dovuti a fenomeni di interferenza ottica, conseguenza della variabilità di spessore della pellicola saponata.

  • Maurizio: L’esistenza di questo diagramma [Lo studente sta parlando di un diagramma di mappe “a farfalla” visto nel corso di una dimostrazione di topologia] non mi ha colpito per chissà quali motivi in particolare, ma semplicemente lo trovo estremamente affascinante dal punto di vista estetico.
  • Rossella: Ad oggi posso dire che quasi tutte queste nozioni che trovavo inutili, sono state invece per me di grande importanza, come strumenti base per poter apprendere concetti e strutture che mi hanno aperto gli occhi sulla bellezza della matematica, in tutte le sue sfaccettature.
  • Francesca: Quelli che sono per me gli ostacoli in topologia, e che lo sono stati anche nel corso passato di Geometria, sono il riuscire a capire e immaginare gli spazi topologici in modo astratto. Ho difficoltà nel provare ad immaginare nuove topologie o funzioni [incidentalmente mi ha un po’ stupito che studenti del terzo anno di Matematica non avessero chiaro che una topologia può essere messa anche su un insieme di funzioni. Ma forse loro si sono stupiti del fatto che io lo dessi per scontato e questo piano di astrazione è più complesso di quanto non pensassi];
  • Gioia: Inizio a pensare che forse dovrei fare più disegni, specialmente quando si parla di insiemi e funzioni, perché sicuramente mi potrebbero aiutare.[Difficile non pensare a Ben Orlin. Ma esattamente quando e perché convinciamo i nostri studenti che fare disegni è male, mentre ogni matematico professionista che conosce quando racconta qualcosa di matematica anche estremamente astratta sente quasi il bisogno di disegnare?]
  • Stefania: Ma io mi domando: i grandi matematici della storia sono sempre stati sicuri di loro stessi o anche loro ogni tanto avevano questi dubbi? [In questo caso mi sono sentito in dovere di rispondere con il link a questa intervista ad Alain Connes; leggere che anche una medaglia Fields può essere colto dal terrore di aver fondato un intera teoria su di un calcolo sbagliato può insegnare qualcosa.]

 

Il diagramma “a farfalla” nei miei appunti.

  • Alberto [parlando di Maryam Mirzakhani]: L’aspetto più interessante che ho trovato in questa figura è la grandissima libertà nel fare matematica: il suo definirsi “slow” mathematician, ma anche l’uso di quei fogli giganti.
  • Martina: lo studio di questo esame mi fa capire di non aver sbagliato a incentrare la mia vita su una carriera “matematicosa”.
  • Teresa: Mi sorprende venire a conoscenza di oggetti che prima per me erano quasi senza senso, mentre oggi riesco a vederne, per quanto possibile, l’importanza e la bellezza.
  • Valeria: Non sto neanche a dire poi a quante persone io abbia spiegato questa cosa, ne sono rimasta davvero affascinata, e anche Questo è il bello della matematica, sapersi spiegare il perché delle cose. Mi rendo conto che magari questa potrebbe essere davvero una stupidaggine rispetto ad altre cose, ma a me affascinano anche queste piccole osservazioni.
  • Giorgia: Apprezzo il fatto che nei vari corsi finora fatti abbiamo analizzato da più punti di vista il nastro di Mobius: come una superficie non orientabile a analisi e, invece ora, come ottenuto a partire da un quadrato identificando due lati di esso come un solo segmento con una particolare relazione di equivalenza.
  • Marcella: E’ bello vedere come il professore ci racconta di come ha vissuto la lettura dei diari di bordo e mi rendo conto come sia stato importante anche per me, per guardare diversamente non solo la materia ma me stessa davanti a quello che ho deciso di fare nella vita.
  • Stefania: Questo corso ci ha dato l’opportunità di poter esprimere i nostri pensieri su ciò che man mano stavamo studiando, è stato tutto una grande novità e una continua sorpresa.
  • Francesca: Questa è anche una delle cose che più mi piacciono dello studiare matematica: il fatto che durante i vari corsi si incontrano argomenti di cui verrebbe da dire “ma perché li facciamo?” (ovviamente ogni volta argomenti affascinanti ma che sembrano fini a se stessi) e poi invece questi stessi argomenti si ritrovano in corsi successivi e servono a dimostrare cose effettivamente utili e ancor più interessanti.
  • Azzurra: In generale non sono una persona molto intuitiva perciò mi piace molto il fatto che dietro ogni cosa c’è un perché e una dimostrazione.
  • Davide: Porsi domande è più rilevante e produttivo di aver subito delle risposte, perché si ha modo di ragionare e anche ormai so con certezza che la Matematica mi accompagnerà per tutta la vita.

Difficoltà e ansie

Non sono mancate, ovviamente, riflessioni più personali, soprattutto centrate sulle difficoltà emotive avute durante il corso. In primis quelle dovute allo specifico del corso: la paura di non essere all’altezza. Poi quelle legate al fatto di essere prossimi alla laurea, in un momento di passaggio, dunque e di preoccupazione per quello che (a torto o a ragione) viene visto come uno snodo fondamentale del proprio futuro. E in ultimo, ad amplificare tutto, quelle relative alla situazione sanitaria, con più di uno studente che mi ha raccontato della infezione fattasi molto vicina [riferimenti che, per ovvie ragioni di privacy, non sono riportati].

Mi ha colpito il fatto che così tanti dei miei studenti (verosimilmente tra i migliori, visto che abitualmente il livello medio di chi cerca di raggiungere l’esonero è più alto di quello di chi lo trascura) riferiscano una tale insicurezza quando la matematica “non torna”, quando gli esercizi si fanno meno standard, quando la soluzione non è immediatamente visibile. Tendo a pensare che arrivino al terzo anno di Matematica un po’ troppo abituati ad esercitarsi solo su problemi molto standardizzati, che richiedono l’applicazione di un algoritmo, e troppo poco abituati a confrontarsi con le difficoltà e anche con l’esplorazione. Certo è che la tensione è spesso immediatamente percepibile dalle loro parole. Altrettanto certo il fatto che sanno riconoscere immediatamente la soddisfazione dell’avercela fatta proprio quando l’ostacolo era rilevante. Forse, considerato che si tratta di ragazzi dotati di una certa facilità con la matematica (altrimenti non sarebbero arrivati dove sono), andrebbero abituati più gradualmente agli ostacoli.

Certamente è stato importante una certa dose di costante incoraggiamento da parte del docente. Vedendo come, poi, hanno svolto i progetti mi sembra di poter dedurre una certa crescita da questo punto di vista. Non siamo psicologi, non è questo il nostro lavoro, ma ormai dovrebbe essere assodato che le difficoltà emotive possono essere un ostacolo significativo sul piano dell’apprendimento. Credo che il nostro lavoro non debba essere quello di dissipare ogni ragione di ansia dal loro orizzonte visivo, ma quello di stimolare un uso produttivo anche della paura, anche dell’ansia. Dopo tutto, come ricercatori, sappiamo bene che esiste uno stress positivo su cui facciamo costante affidamento e che costituisce un potente motore di miglioramento.

Sulle altre difficoltà non mi pronuncio: travalicano le risorse di un corso di Geometria IV, ma credo sia sempre un utile memento quello di ricordare in quale difficile fase della vita si svolgano i corsi. Se questo segnali una minore o maggiore fragilità emotiva dei ragazzi di oggi rispetto a quelli di ieri, non saprei, ma certo riflettere sulle loro debolezze non ci può far male.

  • Davide: Una difficoltà che ho avuto in questi anni è proprio il pensiero di non riuscire a risolvere determinati problemi. Credo che la fiducia di saper affrontare certi problemi sia fondamentale per arrivare ad essere dei bravi matematici.
  • Martina: Questa settimana è stata una settimana di grande riflessione, perché ho pensato tanto a quale sia l’argomento più adatto su cui fare la tesi, e si è conclusa con tanta indecisione e di fatto una non decisione. Questo mi mette un po’ ansia, perché mi rendo conto che siamo arrivati quasi a Dicembre e, forse un paio di anni fa, mi aspettavo che a questo punto avessi capito cosa mi piace di più, e invece mi sento molto confusa.
  • Alberto: Nella prima parte della settimana sono stato molto su geometria per via della quinta consegna, che ho trovato molto più complessa del solito e che mi ha creato una buona dose di ansia.
  • Teresa: Ma proprio in generale quando non riesco a capire una cosa a lezione mi innervosisco con me stessa e mi chiedo il perché non riesca a capirlo, cioè comunque dovrei essere in grado credo. Al tempo stesso penso che ognuno ha i suoi tempi quindi se per un argomento mi ci vuole un pochino più di tempo per comprenderlo è normale e questo è ciò che mi fa andare avanti e anche sono la prima a confermare il nervosismo che viene nel momento in cui non riescono subito le cose, il pensiero di lasciare tutto per la paura di non esserne in grado.
  • Rossella: Magari sviluppo delle idee ma poi per la mia troppa insicurezza lascio perdere e mi rendo conto che questa cosa prima o poi in qualche modo devo “aggiustarla”!
  • Giorgia: Trovo molto faticoso studiare questo argomento perché sento di non avere le basi solide (mea culpa!) e perché per addentrarmici ho bisogno di un livello di concentrazione molto elevato, mi sento come se fossi un funambolo, non posso distogliere lo sguardo da quello che sto facendo e se lo faccio crolla tutto il mio castello di carte, è una sensazione strana da spiegare [ma lo studente l’ha descritta benissimo] e anche spesso mi capita di capire una spiegazione ma poi non riuscire a metterla in pratica, o a rispiegarla a qualcuno. Farmi domande su un risultato diverso da quelli fatti in classe lo trovo molto produttivo ma da sola non riesco a trovare molto facilmente delle risposte e come se avessi bisogno di un supporto che mi aiuti a pensare.
  • Azzurra: Mi spaventa la possibilità di non essere capace nello svolgere un lavoro che sceglierò o di scegliere un lavoro che non sia anche una passione per me e anche nelle mie mille insicurezze le parole di Maryam – la bellezza della matematica si mostra solo ai suoi seguaci più pazienti – sono un grande conforto.
  • Luigi: mi sembra di tornare al liceo, al periodo delle verifiche, per cui avevo molta ansia e terrore di vedere il compito corretto ed era sempre un incubo […]; le sensazioni sono rimaste invariate. [Non da la sensazione di una situazione molto rilassante da vivere]
  • Maurizio: Una volta trovata l’idea giusta mi è sembrata banale e mi sono sentito stupido a non averci pensato prima [e qui credo veramente che mi sembra corretto fare sapere loro che questa sensazione ci accomuna tutti: studenti e ricercatori].

Riflessioni creative: non ci sono solo le difficoltà, nelle lezioni, ma anche le idee. Avere aperto il campo alle loro riflessioni ha certamente colpito nel segno per ciò che riguarda l’indipendenza di pensiero e una certa dose di creatività. Qui non riporto solo citazioni dirette, dovendo in qualche caso, altrimenti, riportare stralci troppo ampi, o discorsi prettamente tecnici.

Analemma lunare

Si inizia con Alberto abbastanza contento di dirmi che Ho scoperto poi su Internet l’esempio di uno spazio topologico connesso ma non connesso per archi, cosa a cui segue disegno; la differenza tra le due nozioni era stata, a lezione, solo accennata ed è piacevole vedere che qualcuno si ponga l’obiettivo di rispondere a qualche domanda lasciata aperta. Ma il campo di applicazione della topologia, a saper cercare, si ampia notevolmente e Stefania mi racconta che: ho scoperto per esempio che l’effetto Hall e la topologia sono collegati in quanto, quando il campo magnetico aumenta e diminuisce, sulla sua superficie possono formarsi e poi scomparire dei vortici, i quali hanno una proprietà conosciuta come indice di avvolgimento, che descrive quante volte essi si avvolgono intorno al punto centrale. Gli indici di avvolgimento sono invarianti topologici, non cambiano cioè al variare della forma. Nel momento in cui lo scrive ancora non sa che, in effetti, in una delle lezioni successive gli indici di avvolgimento faranno la loro comparsa. Non è da meno Giorgia nell’osservare con curiosità che: Una cosa che mi ha colpito è stato notare l’analogia forte tra la sigma-algebra e la topologia, così come tra il concetto di misurabilità di una funzione e quello di continuità. Già si era parlato di sigma-algebre nel corso di probabilità e statistica 1 ma una tale interpretazione non era stata data e quindi anche scoprire un collegamento tra la topologia e la probabilità è stato affascinante}. Si tratta di due direzioni sulle quali a lezioni non sono stati fatti commenti, si è trattato quindi di approfondimenti personali e spontanei.

Nel seguito ancora Alberto scopre su di un blog di divulgazione che la stella a cinque punte può essere ottenuta come curva parallela della parabola quartica; averlo scoperto subito dopo aver risolto un esercizio sulle curve parallele gli è stato sicuramente di aiuto. Poi Azzurra, in una lunga digressione corredata di foto, mi parla del legame tra lemniscata (o meglio di una sua versione 3d) e analemma lunare. Prima di leggere non ne avrei saputo dire nulla e mi appunto la cosa come curiosità che potrebbe essere tema di divagazione in una futura versione del corso.

Stefania e Rossella, che faranno in seguito il progetto assieme e sono probabilmente amiche, mi raccontano entrambe di essere state incuriosite dalle cupole geodetiche e dal cercare di capire se queste avessero nulla a che fare con le geodetiche sulle superfici. Più in generale mi dicono che trovano affascinante l’idea di studiare una superficie studiando il comportamento delle curve sulla superficie e io non saprei essere più d’accordo con loro.

Le cupole geodetiche sono, da un punto di vista matematico, superfici lineari a tratti che approssimano superfici differenziali. I punti di non differenziabilità si dispongono lungo geodetiche.

Alberto si interroga: Comunque mi chiedevo se il concetto di parametrizzazione isoterma avesse qualcosa a che fare con la fisica. Questa domanda sorge dal fatto che molte teorie matematiche nascono proprio per poter produrre degli avanzamenti nella fisica; quindi magari la termodinamica in qualche modo potrebbe essere collegata alle superfici differenziabili. Mi dispiace essermi perso questa osservazione tra i tanti diari di bordo nel momento in cui mi è arrivata, sarebbe stata certamente meritevole di approfondimento, anche a lezione.

In generale è noto quante difficoltà e ostilità nei confronti della Fisica si trovi tra gli studenti di Matematica, mentre in queste osservazioni leggo soprattutto curiosità. Forse ci sarebbe molto lavoro da fare per farli crescere colmando questa distanza, invece che amplificandola.

Le superficie minime, come facilmente intuibile, generano un certo entusiasmo. Marcella carica una bella foto di Frank Morgan che soffia bolle di sapone e Irene scova il legame con le architetture di Otto Frei. Che queste cose vengano spontaneamente da loro e non stimolate da me è la cosa migliore. Certo, non tutti questi studenti sarebbero pronti veramente ad affrontare la matematica (difficile, peraltro) sottostante questi legami, ma trovo utilissima questa ricerca di possibilità.

Infine non posso non concludere con questa (lunga) discussione e le conseguenze che ha avuto. Leggendo il diario di Valeria trovo queste parole: Un argomento che invece mi ha incuriosito è stato quello del funzionale detto energia. Io quest’anno come materia a scelta ho messo “Fisica dell’energia” del dipartimento di Fisica e quindi a forza di parlare di energia adesso quando ne sento parlare in altri ambiti mi piace di trovare dei collegamenti se possibile. In questo caso, considerando che l’energia interna di un sistema tende a raggiungere un minimo quando va all’equilibrio, il fatto che le geodetiche rappresentino un minimo dell’energia mi fa pensare che allora queste geodetiche rappresentino anche in un certo senso delle posizioni di equilibrio. Inoltre in questo corso si è parlato anche che il fatto che in una posizione di equilibrio l’entropia raggiunge il massimo e quindi mi chiedevo se magari non fosse possibile definire un funzionale di “entropia”[…] Per quanto riguarda le geodetiche poi, già ne avevo sentito parlare, più che altro su internet, e devo dire che per adesso mi piacciono, soprattutto il fatto che in una stessa superficie ce ne possano essere di tante tipologie anche molto diverse fra di loro, e mi sembrano molto ricche di proprietà, mi danno proprio l’idea di essere qualcosa di molto importante e non solo nella geometria. Tra l’altro anche a mio padre sono piaciute, dato che nel bel mezzo della lezione è passato in sala dove stavo seguendo e si è fermato a vedere quando si parlava delle varie geodetiche sul toro. Son molto colpito da queste parole, lette in una Domenica tre giorni prima della fine del corso, e per questo decido di dedicare una mezz’ora della prima lezione del Lunedì alla domanda della studentessa: è possibile definire per le curve un funzionale di entropia?

Domanda alla quale, in tutta onestà nel momento in cui l’ho letta non avrei saputo rispondere. Per fortuna subito dopo la lettura dovevo guidare per quaranta minuti, in una fredda e assolata mattina di Dicembre, in totale solitudine. L’ideale per riflettere prima ancora di mettere mano a Internet, farmi qualche idea, qualche domanda, abbozzare qualche esempio e qualche risposta. Poi, arrivato a casa, computer e libri alla mano ho approfondito con qualche ricerca. E il giorno dopo ho raccontato ai miei studenti di quella domanda, dei pensieri che avevo fatto e del modo in cui avevo cercato ciò che si sapeva dell’argomento. Mi sembrava molto importante che vedessero in diretta che è normale non conoscere tutte le risposte [forse qualcuno di chi legge penserà che sia imperdonabile fare un corso su curve e superfici senza aver mai sentito parlare della entropia di una curva. Me ne farò una ragione], che è utile pensare prima di cercare, che è importante sapere come selezionare le informazioni che si trovano, compreso qualche consiglio su come valutare l’attendibilità delle informazioni, che cercare guidati da una domanda è più facile che farlo ad ampio spettro. Finisce per essere una lezione non banale e non prevista, ma soprattutto una lezione interamente loro, del corso di Geometria IV 20/21, personalizzata dalla loro stessa curiosità.

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