Siamo proprio sicuri che, prendere la tangenziale o la superstrada, ci farà arrivare prima a destinazione? Il traffico veicolare è un “sistema complesso” e, come tale, non obbedisce necessariamente alle leggi dell’intuizione e del senso comune…
Tangenziale di Torino, ore 7:30: traffico completamente bloccato, si avanza a passo d’uomo. Anzi, a ben guardare, gli operai impegnati in qualche servizio di manutenzione a bordo strada camminano anche un po’ più svelti della mia auto. Accade così che, pur essendo partito di casa ragionevolmente per tempo (almeno pensavo…), parcheggio all’aeroporto di Torino Caselle giusto giusto per le 9, proprio mentre sta atterrando l’aereo del mio amico che sono venuto a prendere, non un minuto prima. Inevitabilmente penso: mamma mia, chissà quando sarei arrivato se non avessi preso la tangenziale!
La 42esima strada a New York.
A Stoccarda, in Germania, nel 1969 si fecero grandi lavori di ammodernamento della rete stradale, che previdero tra l’altro la costruzione di nuove arterie di collegamento tra vari punti della città. “Finalmente!”, avranno pensato i cittadini, “Era ora che si facesse qualcosa per alleviare tutti quegli ingorghi”. Salvo poi ritrovarsi imbottigliati come e più di prima non appena i lavori furono terminati, tant’è che solo richiudendo intere strade di nuova costruzione si riuscì a riportare la situazione a livelli accettabili.
A New York, nel 1990, si dovette chiudere per un po’ al traffico la 42esima strada a causa di un incidente. Circostanza almeno apparentemente terribile, visto che non stiamo parlando di un vicoletto di pochi metri ma di un tratto di circa 3 km. Eppure in quell’occasione si osservò, sorprendentemente, un miglioramento complessivo della fluidità del traffico nell’area circostante.
Un’idea un po’ paradossale mi fa capolino nella testa: vuoi vedere che se non avessi preso la tangenziale forse sarei riuscito ad arrivare all’aeroporto prima delle 9? Indubbiamente ci vuole un certo coraggio per rinunciare alla comoda e diretta tangenziale e infilarsi in un dedalo di stradine di periferia. D’altra parte, il traffico veicolare è un “sistema complesso” e, come tale, non obbedisce necessariamente alle leggi dell’intuizione e del senso comune.
I matematici applicati hanno scientificamente battezzato “complessi” quei sistemi del mondo reale (tra cui, appunto, il traffico veicolare) in cui alcuni soggetti (i veicoli), interagendo tra di loro, danno vita a comportamenti di gruppo (il flusso di traffico sulla rete stradale) anche molto diversi dal comportamento che ognuno di loro esibirebbe in assenza degli altri. A parte eventualmente alcune regole convenzionali (ad esempio, la precedenza a destra), di solito il comportamento collettivo non è il frutto di una cooperazione tra gli individui (non ditemi che normalmente vi mettete d’accordo con gli altri guidatori per sorpassare o cambiare corsia), ma emerge spontaneamente in base alle scelte strategiche operate indipendentemente dai singoli. I quali, al limite, non si rendono neppure conto di far parte di un gruppo (“Da dove sbucano tutti questi?!”, si chiese l’automobilista trovandosi improvvisamente intrappolato in un ingorgo). Nella maggior parte dei casi, la natura stessa del sistema rende impossibile forzare dall’esterno una coordinazione tra gli individui per ottenere il comportamento collettivo voluto (le famose partenze “intelligenti”). D’altra parte, proprio la mancanza di coordinazione può generare effetti paradossali come quelli di Stoccarda, New York e, più modestamente, anche Torino.
Il paradosso di cui sono stato protagonista è famoso, si chiama paradosso di Braess. Esso è noto almeno dal 1969, quando il matematico tedesco Dietrich Braess pubblicò sull’argomento un articolo con tanto di teoremi e dimostrazioni[1], ma è stato riscoperto solo di recente[2] con l’avvento della teoria dei giochi di Nash e lo sviluppo dell’interesse verso i sistemi complessi. Vale la pena provare a capire più in dettaglio come stanno le cose.
Una semplice rete stradale tra una partenza P e un arrivo A.
Supponiamo che 4000 veicoli debbano andare da P (partenza) ad A (arrivo) sulla rete stradale disegnata qui a fianco. Per farlo possono scegliere il percorso che passa per 1 oppure quello che passa per 2, entrambi formati da due strade di cui una si percorre in un tempo fisso pari a 50 (ore, minuti, secondi, fate voi) e l’altra in un tempo variabile n/100 in base al numero n di veicoli che la attraversano. Per il singolo guidatore è abbastanza indifferente scegliere l’uno o l’altro percorso, perché in ogni caso il tempo individuale stimato è 50 + 1/100 ˜ 50. Mediamente possiamo perciò aspettarci che 2000 guidatori scelgano il percorso P-1-A e, parallelamente, gli altri 2000 il percorso P-2-A, cosicché il tempo necessario affinché il traffico fluisca interamente attraverso la rete è 50 + 2000/100 = 70.
Supponiamo ora che tra i punti 1 e 2 venga costruita una strada a scorrimento così veloce da richiedere solo tempo 5 per essere percorsa. Il singolo guidatore, nel pianificare il proprio viaggio, non esita a ritenere più conveniente per sé il percorso P-1-2-A, che richiede tempo 1/100 + 5 + 1/100 ˜ 5 anziché il circa 50 dei percorsi P-1-A o P-2-A. Il problema è che, a causa della mancanza di cooperazione, praticamente tutti i 4000 viaggiatori decideranno di seguire il percorso P-1-2-A, col risultato che, complessivamente, il tempo necessario per smaltire il flusso di veicoli sulla rete sarà 4000/100 + 5 + 4000/100 = 85, maggiore del 70 di quando la strada 1-2 non c’era! Insomma, un rinverdimento del concetto che non sempre ciò che conviene al singolo conviene anche alla collettività. Con la differenza che, in questo caso, il singolo è particolarmente sensibile al problema in quanto risente immediatamente su di sé dell’effetto negativo subìto dalla collettività.
Il paradosso di Braess ha avuto un certo successo presso gli studiosi di sistemi complessi, tanto che è stato riadattato a casi diversi dal traffico veicolare. Ad esempio, lo sapevate che un ostacolo di fronte all’uscita può, in caso di panico, rendere più rapido il deflusso di una folla da una stanza? In questo caso il paradosso è, per così dire, “rovesciato”. Mentre per il traffico una condizione intuitivamente migliorativa (la costruzione di nuove strade) può rivelarsi peggiorativa (il tempo di viaggio complessivo aumenta), qui una condizione intuitivamente peggiorativa (l’ostacolo) può rivelarsi migliorativa (il tempo di deflusso dalla stanza diminuisce). L’idea di fondo, però, è simile al caso dei veicoli: anche una folla è un sistema complesso, i cui individui si comportano prevalentemente in modo non cooperativo (difficile immaginare, soprattutto in caso di panico, scene del tipo “Prego, passi pure”). Di conseguenza, il comportamento collettivo emerge spontaneamente senza che i singoli si rendano neppure conto di far parte di un gruppo. Non potendo forzare dall’esterno una coordinazione tra i pedoni, bisogna piuttosto agire sulle strategie comportamentali che ciascuno di essi mette in atto. La funzione dell’ostacolo è proprio questa: esso è un elemento di disturbo, che obbliga i pedoni a scegliere localmente percorsi alternativi per aggirarlo e induce il flusso della folla a separarsi in prossimità dell’uscita. In questo modo si evita che tutti si buttino sull’uscita per vie centrali, creando di fatto un ingorgo umano che rallenta la fuga.
E per il traffico? Beh, lì la questione è strutturalmente più complicata: un ostacolo all’ingresso della tangenziale per indurre alcuni viaggiatori a cercare strade alternative non è proponibile. D’altra parte, tentare di risolvere il problema semplicemente consigliando, in maniera generalizzata, in quali orari mettersi in viaggio può funzionare solo se una certa percentuale di viaggiatori non dà retta al consiglio. Altrimenti ci ritroveremmo tutti imbottigliati in mega ingorghi proprio negli orari consigliati. Tuttavia ciascuno di noi, nel suo piccolo, può fare un esperimento: se la sera, rientrando dal lavoro in macchina, siete soliti prendere la tangenziale in un orario di punta, provate una volta a supporre per assurdo che la tangenziale non esista…
di Andrea Tosin
1) L’articolo originale (in tedesco) è disponibile qui .
2) La versione inglese dell’articolo di Braess è del 2005, pubblicata sulla rivista Transportation Science link.
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