Il Club Segreto dei Triangoli Diversi è un laboratorio di teatro e matematica. In questo articolo racconteremo come abbiamo provato ad affrontare il problema dell’area.
di Fabrizio Calimera, Alessia Cristofanilli e Giulio Codogni
Il Club Segreto dei Triangoli Diversi è un laboratorio di teatro e matematica rivolto agli studenti delle scuole primarie. Per ora si sono tenuti due cicli di sei incontri l’uno, entrambi presso la scuola primaria “G. Garibaldi” di Roma. Il primo ciclo di incontri si è svolto durante l’anno scolastico 2014/15, ed è stato tenuto in orario extra-curriculare da Fabrizio Calimera, professore di matematica presso le scuole superiori “Cor Jesu” e “Santa Maria” e membro della compagna teatrale “Malacoda”, e Giulio Codogni, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre. Abbiamo raccontato la nostra esperienza su Plus Magazine; nello stesso articolo potete anche trovare l’origine del nome “Il Club Segreto dei Triangoli Diversi”. Il secondo ciclo si è svolto in orario curriculare, nella classe 4D, durante l’anno accademico seguente; è stato tenuto da Fabrizio Calimera, Alessia Cristofanilli, educatrice professionale e formatrice teatrale, e Giulio Codogni.
Per quanto riguarda la matematica, il programma dei due cicli era legato prevalentemente alla geometria piana, alcuni degli argomenti trattati sono stati: i poligoni, l’area, il perimetro e le trasformazioni. Per quanto riguarda l’aspetto teatrale, abbiamo proposto alcuni esercizi di teatro fisico, improvvisazione, e propedeutica teatrale.
Perché teatro e matematica? Innanzitutto ci stimola l’idea di far interagire nella stessa aula scolastica, anche se per poche ore, due mondi e due discipline così lontane tra loro; secondo poi pensiamo che questi due linguaggi diversi possono trovare un’armonia e degli inaspettati punti di contatto.
Dal punto di vista didattico ci interessa sperimentare una modalità integrata e multidisciplinare di insegnamento e apprendimento della matematica. Il nostro obiettivo è quello di sperimentare l’insegnamento di alcuni concetti matematici attraverso l’uso del teatro, cercando di far leva su qualità che vengono naturalmente messe in gioco durante i laboratori teatrali, come il pensiero laterale, la consapevolezza della propria corporeità e la gestione dello spazio.
Fatte queste premesse necessarie, vorremmo raccontare più in dettaglio una parte del secondo ciclo. I sei incontri da un ora ciascuno seguivano tutti una struttura simile: partendo da un breve riscaldamento attraverso giochi teatrali, si passava ad affrontare il tema matematico attraverso giochi ed esercizi, per poi chiudere con una discussione e teorizzazione dei concetti matematici salienti.
Tra i vari concetti affrontati, quello dell’area e della sua misurazione ha stimolato il nostro interesse già dal primo ciclo di incontri: in quell’occasione abbiamo notato una difficoltà dei bambini nel confrontare due figure piane e nello stabilire quale fosse la più grande. Nel secondo ciclo abbiamo perciò deciso di approfondire l’argomento.
Da un punto di vista matematico, abbiamo individuato almeno due ragioni fondamentali per questa difficoltà, vorremmo provare a discuterle in parallelo. La prima è che la domanda è di per sé ambigua. Esistono vari criteri per confrontare la grandezza: ad esempio una figura A può avere un’area maggiore di B, ma allo stesso tempo il perimetro di B può essere maggiore di quello di A. Questo significa che la risposta non è univoca: dipende da quale accezione del concetto di “grandezza” si prende in considerazione. Davanti alla parola grandezza ogni bambino darà la propria interpretazione.
La seconda ragione è legata all’intrinseca difficoltà del concetto di area di una figura piana. Anche per un adulto è difficile valutare ad occhio quale tra due oggetti occupa una superficie maggiore; al contrario, è molto più semplice dare una stima ragionevole delle lunghezze. Se si volesse affrontare questa problematica attraverso esperienze materiali, ci si renderebbe subito conto che è molto semplice misurare il perimetro di un oggetto più o meno qualunque con una buona precisione: è sufficiente dotarsi di un metro da sarta. Al contrario è estremamente difficile trovare un modo semplice, versatile e relativamente preciso per misurare le aree. Gli adulti tendono automaticamente a calcolare le aree, piuttosto che a misurarle. Il calcolo può funzionare bene con figure elementari, come un rettangolo o un triangolo, per cui abbiamo formule ben note, ma ci lascia senza punti di riferimento nel momento in cui ci troviamo davanti a figure piane irregolari.
Questa seconda difficoltà può essere aggirata dando più centralità al confronto tra le aree rispetto alla loro misurazione. È chiaro che se siamo in grado di misurare allora siamo in grado di confrontare: misurando, attribuiamo ad ogni figura un numero – la sua area – e poi confrontiamo i numeri. La magia è che se siamo in grado di individuare, date due figure qualunque, quale delle due ha l’area maggiore, allora è come se avessimo un modo di misurare. Per formulare, e dimostrare con rigore, queste affermazioni, serve sostanzialmente la teoria della misura moderna, perciò, colpevolmente, le lasciamo come spunti di riflessione e rimandiamo il lettore curioso a [1].
In virtù di queste considerazioni teoriche, durante il secondo ciclo abbiamo affrontato il tema della grandezza in senso lato, chiedendo ai bambini di riprodurre delle figure e poi trasformale rendendole più grandi o più piccole. Abbiamo iniziato proponendo delle forme ritagliate da dei cataloghi pubblicitari, ed abbiamo chiesto ai bambini di riprodurle con il corpo. Successivamente abbiamo chiesto loro di renderle via via più grandi o più piccole. Non hanno avuto nessuno problema a mettersi in gioco ed hanno risposto in maniera molto intuitiva e creativa. Abbiamo continuato a proporre questo tema, si è trattato di trasformare degli oggetti, o delle espressioni, agendo esclusivamente sulla loro dimensione. Un esercizio teatralmente molto significativo è stato il lavoro sui gesti: disposti in cerchio, un bambino proponeva un gesto e gli altri lo riproducevano ingrandendolo, fino a che il gesto non tornava, ormai enorme, al bambino che lo aveva creato. Successivamente abbiamo rifatto lo stesso lavoro rimpicciolendo il gesto. Un esercizio coinvolgente è stato quello dei palloncini: diventare un palloncino, volare per la stanza, e poi improvvisamente sgonfiarsi diventando piccoli piccoli, e poi gonfiarsi di nuovo e tornare a volare.
A questo punto il terreno era pronto per introdurre i concetti matematici: i bambini erano allo stesso tempo stanchi e concentrati, ed era il momento di focalizzarci in maniera analitica su alcuni concetti chiave. Abbiamo continuato a lavorare con il corpo: abbiamo chiesto loro di fare in gruppo dei triangoli, e poi di renderli via via più piccoli e poi di nuovo più grandi. Può sembrare che ci sia molta più rigidità in questo esercizio che nei precedenti. Tuttavia, aiutati anche dalle energie e dalle idee che si sono liberate durante la prima parte del laboratorio, i bambini hanno potuto avviare una prima riflessione sui molteplici modi in cui un poligono, pur nella sua rigidità, è libero di modificarsi. Alla fine abbiamo dedicato uno spazio alla discussione collettiva: è stato il momento di una breve lezione frontale con gesso e lavagna seguita da un piccolo dibattito. Abbiamo messo in luce con ulteriori esempi questi due criteri fondamentali, e in un certo senso alternativi, per lo studio della grandezza di una figura: il confronto delle aree e quello dei perimetri.
Il filo conduttore di questo percorso è stato la trasformazione della realtà all’interno di regole ben precise scelte all’inizio degli esercizi. Nel nostro caso, la regola principale era che l’unica caratteristica dell’oggetto da trasformare dovesse essere la grandezza, mentre le altre caratteristiche dovevano restare sostanzialmente inalterate.
Questa strategia cerca di rispondere ad entrambe le difficoltà evidenziate più sopra. Da una parte, incanalando le energie creative dei bambini in questo compito preciso, li spingiamo a sperimentare ed esplorare i diversi modi in cui la grandezza di un oggetto può cambiare, e quindi le diverse accezioni del concetto di grandezza. Questo li aiuta a prendere consapevolezza dell’ambiguità della domanda “Qual’è la figura più grande?” e delle diverse strategie possibili per confrontare la grandezza di due oggetti.
In secondo luogo, il cercare di ingrandire un qualche cosa, porta naturalmente ad un confronto tra le grandezze: la nuova creazione è più grande della precedente. Questo favorisce un punto di vista sul concetto di grandezza legato al confronto piuttosto che alla misurazione.
Questo approccio è in linea con le indicazioni nazionali del ministero [2], dove si prevede esplicitamente che “nella scuola primaria si potrà utilizzare il gioco, che ha un ruolo cruciale nella comunicazione, nell’educazione al rispetto di regole condivise, nell’elaborazione di strategie adatte a contesti diversi.” Nello specifico, tra gli obiettivi di apprendimento c’è quello di “percepire la propria posizione nello spazio e stimare distanze e volumi a partire dal proprio corpo.”
Il teatro è stato utilizzato nella sua accezione più ampia di arte espressiva che stimola la creatività e richiedere l’utilizzo consapevole del corpo e la gestione dello spazio. Il teatro, o meglio le attività teatrali, sono state utilizzate come strumento per far entrare concretamente i bambini in concetti matematici a volte percepiti come astratti, ostici e lontani da sé. Utilizzare il corpo e lo spazio per interpretare alcuni temi dà la possibilità di capire e comprendere attraverso altri sensi, altri riferimenti, altri punti di vista. Le attività teatrali hanno inoltre permesso di creare un clima in cui le energie creative dei bambini possono essere liberate senza automatismi e costrizioni. Il corpo del bambino è estremamente disponibile alla trasformazione, e l’ immaginazione ancora intatta gli consente di creare connessioni, associazioni e parallelismi essenziali per avviare un processo di apprendimento fruttuoso.
In futuro ci proponiamo di organizzare nuovi laboratori, tentando di sviluppare ulteriormente il legame tra teatro e matematica. Vorremmo raccogliere e raccontare in maniera sistematica le reazioni dei bambini e la ricaduta che questi laboratori hanno sull’apprendimento della matematica. Durante le nostre attività, come in questo breve articolo, alcuni concetti matematici sono stati presentati in maniera ambigua o imprecisa, con l’idea che le attività teatrali possano aiutare i bambini ad esplorare autonomamente questi nuovi territori; con i laboratori futuri vorremmo riuscire a raccogliere delle prove a sostegno di questa nostra aspettativa.
Ci auguriamo che gli stessi bambini che si sono trovati a costruire triangoli e poligoni con il loro stesso corpo, ne abbiano fatto un esperienza significativa e che ricorderanno fino all’esame di analisi all’università “Quella volta che feci il triangolo con tutto il corpo”.
RINGRAZIAMENTI
Vorremmo ringraziare la maestra Romina Ruisi e l’associazione ANITA (Associazione Nuove Idee per un Territorio Aperto alla scuola Garibaldi, http://associazioneanita-it.webnode.it) per il supporto organizzativo, senza di loro questo progetto non sarebbe stato possibile. Ringraziamo inoltre Giuliano Spirito e Paola Supino per molte stimolanti conversazioni.
BIBLIOGRAFIA
[1] C. Marchini, Il problema dell’area, L’Educazione Matematica, 1/1999
[2] Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, Settembre 2012