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Sto spiegando il concetto di superficie regolare, ma interrompo la lezione con dieci minuti di anticipo. Io e alcuni miei studenti dobbiamo andare a un seminario. Dopo qualche istante stiamo camminando di buon passo verso l’Aula Magna, ciascuno con il suo biglietto in mano. Bisogna affrettarsi se vogliamo essere sicuri di trovare posto. In effetti, quando entriamo nell’Aula Magna le file sono quasi completamente occupate. Buon per noi che qualche collega e amico compiacente ci abbia riservato qualche sedia.

Quando, con la Commissione Ricerca, avevamo deciso di organizzare questo incontro non ci eravamo aspettati niente del genere. Il seminario si sarebbe svolto, come sempre, in un aula del Dipartimento e ci saremmo dati da fare per garantire un numero adeguato di partecipanti. Invece siamo stati travolti dalle richieste, è stato necessario spostarsi nell’Aula Magna e mettere in piedi un sistema di prenotazioni online che garantisse un affluenza non superiore alla capienza. Siamo certamente più di 600, giudicando dal numero di posti occupati: studenti, professori del Dipartimento e soprattutto tantissimi docenti delle scuole.

L’aula Magna gremita

La speaker d’eccezione, responsabile di un tale afflusso di pubblico, è Daniela Lucangeli, ordinario di Psicologia dello Sviluppo all’Università di Padova e da anni esperta di psicologia della didattica con particolare riguardo alle difficoltà in Matematica. Le sue grandi doti di comunicatrice ne hanno fatto il punto di riferimento di molti maestri e professori, spesso quasi una star mediatica. Ora ne abbiamo la prova pratica.

Quindi eccoci, l’Aula Magna dell’Università di Perugia stracolma, come e più di una laurea honoris causa. Un pubblico attento e disposto a seguire un seminario di 90 minuti senza attimi di tregua. In effetti già dalle prime parole l’aula è catturata e da lì in poi sarà una lunga corsa attraverso concetti di neurologia e psicologia, inframezzati da risate, scambi con il pubblico, e tante, tante teste che annuiscono “proprio così”.

La difficoltà in matematica viene affrontata soprattutto dal punto di vista dei vari aspetti cognitivi, diversi tra loro, che coinvolgono lo sviluppo delle competenze numeriche di base. Gli errori come un segnale, spesso, dell’attivazione di una dinamica cognitiva non adeguata. Grande attenzione viene data ai cosiddetti cortocircuiti emozionali: le reazioni emotive all’apprendimento, positive e negative, con le loro differenze, che finiscono per condizionare il nostro atteggiamento nei confronti di ciò che impariamo. Quella paura della matematica che ognuno di noi si è abituato a riconoscere così bene negli occhi dei suoi interlocutori quando parla del nostro lavoro.

Accento sulla sopravvalutazione dei disturbi di apprendimento: troppo spesso una etichetta con cui classifichiamo situazioni che dipendono solamente dal non aver saputo trovare la strategia cognitiva adatta a quell’alunno in quel momento. Perché un alunno che ha appreso una strategia cognitiva errata non può far altro che replicarla e ricadere nell’errore, situazione nella quale il rinforzo emotivo diventa, in breve, un tetto che impedisce ogni miglioramento.

Difficoltà del nostro sistema educativo che troppo spesso non riesce a conciliare l’attenzione allo studente problematico e quella al ragazzo di talento, che spesso replica modelli formativi inadeguati per semplice mancanza di conoscenze, che resta drammaticamente al di sotto del suo grande potenziale.

Il giorno dopo il seminario ho di nuovo lezione, con gli stessi studenti con cui correvo per le scale, biglietto in mano. Bene, dico loro all’inizio della lezione, parliamo un po’ del seminario di ieri. È piaciuto molto. Cosa è rimasto, di cosa abbiamo parlato. Le idee sono discordi. Qualcuno è rimasto molto colpito dalla inefficacia del nostro sistema educativo: “non è possibile, bisognerebbe fare meglio!”. Qualcuno si interroga: “bisognerebbe capire qual è il metodo didattico migliore e poi applicare dappertutto quello” . Ci ragioniamo e cerchiamo di capire assieme le difficoltà di individuare tra due metodi didattici quello che funziona meglio. Altri parlano delle loro difficoltà con la matematica. Sia quando cercano di capirla, sia quando cercano di spiegarla.

Mi rincuora questa disponibilità tra i miei studenti a ragionare su come si capisce e su come si insegna. Qualcuno di loro diventerà professore. Spero gli resti, di ieri, questa voglia di migliorare, questa disponibilità a dedicarsi a ciò che la Lucangeli ha definito “scienza servizievole”,  questo ottimismo semplice e determinato.

Poi mi rimetto a spiegare la definizione di superficie regolare.

Nicola Ciccoli

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