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Un matematico spiega perché la sua scienza serve a vivere. A prendere decisioni 
utili. A non cadere in trappola ed evitare le cantonate. Nonostante Roosevelt. Di Pietro Greco. 

La matematica è una parte della storia dell’arte, diceva Nobert Wiener, padre della cibernetica e tra i più grandi matematici del XX secolo. E, infatti, c’è un insopprimibile principio estetico che pervade anche le 580 pagine de “I numeri non sbagliano mai. Il potere del pensiero matematico”, il libro che Jordan Ellenberg – classe 1971, John D. MacArthur Professor of Mathematics alla University of Wisconsin di Madison, Usa – pubblica in questi giorni in Italia con l’editore Ponte alle Grazie.  Che non ci propone la dimensione contemplativa, cui si riferiva Wiener, ma quella strumentale della matematica, estendendo la definizione cara allo storico Eric Temple Bell di «regina e serva di tutte le scienze» a tutte le attività umane. La matematica, questo è il messaggio di Ellenberg, è regina e serva delle vite di noi tutti, comuni mortali, che i numeri e i teoremi li mastichiamo a fatica.

Non a caso il primo esempio di potenza del pensiero matematico riguarda la storia di Abraham Wald, che si occupa di matematica pura ma risolve il praticissimo “problema dei fori mancanti” che arrovella i comandanti dell’aviazione americana nel corso della Seconda guerra mondiale. Il problema era questo: durante le loro incursioni sulle terre occupate dai tedeschi, gli aerei alleati erano colpiti dalla contraerea. Molti venivano abbattuti. Dunque, occorreva corazzarli. Ma dove inspessire la struttura? Non su tutto l’aereo, che sarebbe diventato lento e pesante. L’idea è: corazziamolo nelle parti più esposte. I generali presentano a Wald una serie di studi statistici sulla dispersione dei fori dei proiettili sugli aerei tornati alla base dopo una missione. Il maggior numero di fori si registra sulle ali e sulla fusoliera. Il minor numero sui motori. Corazziamo le ali e la fusoliera, ne deducono i generali. Eh no, risponde Wald. Corazziamo le parti che ospitano i motori. Perché i colpi si distribuiscono su tutto l’aereo in maniera più o meno analoga. Voi avete rivelato una maggiore presenza di fori sulla fusoliera e sulle ali negli aerei tornati alla base. Non avete considerato gli aerei colpiti al motore che, per questo, non sono più tornati. I colpi sulla fusoliera sono meno letali di quelli sul motore. Dunque, corazziamo il motore.

Certo questo primo esempio offertoci da Ellenberg indica che la matematica è (oggi più che mai) regina e serva anche dei militari. Ma poi l’autore si prende una rivincita: su Theodore Roosevelt, presidente Usa dal 1901 al 1909. Ebbene, in un famoso discorso, “Cittadinanza in una repubblica”, tenuto a Parigi del 1910 l’ormai ex presidente, parla con disprezzo delle anime fredde e timorose (come i matematici nelle loro accademie) che se ne restano in disparte e giudicano i guerrieri col senno di poi. «A me viene in mente Abraham Wald», scrive Ellenberg: «Che per quanto ne so trascorse l’intera vita senza mai sollevare un’arma e che tuttavia ebbe un ruolo importante nello sforzo bellico americano proprio consigliando a coloro che agivano come agire meglio. Non era coperto di sudore, di polvere e di sangue, ma aveva ragione».

Come Theodore Roosevelt sono molti, ancora oggi, a ritenere che la matematica pura e tutta la ricerca di base sia uno spreco di soldi a opera di fannulloni che perdono tempo camminando sulle nuvole. Non tengono conto, come dimostrato da molti economisti, non ultima l’italiana Mariana Mazzucato, che la quasi totalità della ricchezza prodotta negli Stati Uniti e nel mondo nell’ultimo secolo deriva dalla ricerca di base. Si dirà, ma la soluzione di Abraham Wald al problema dei generali non è matematica avanzata: è soprattutto buon senso. Ebbene sì, parafrasiamo proprio un generale, Carl von Clausewitz, e diciamo pure che la matematica altro non è che l’estensione del buonsenso con altri mezzi. Il che ha una duplice implicazione: una riguarda noi tutti, perché se assumiamo un approccio matematico riusciremo ad applicare con naturale sistematicità il buon senso. Ma l’altra riguarda gli scienziati che fanno uso dei più sofisticati problemi matematici. Senza buon senso formalismi e algoritmi ci possono portare fuori strada.

Come nel caso del «salmone morto capace di leggere le emozioni umane» scoppiato a San Francisco nel 2009 . Nel corso della conferenza della Organization for Human Brain Mapping, Craig Bennett neuroscienziato della University of California di Santa Barbara mostrò i risultati di un’indagine condotta con un salmone morto sottoposto a risonanza magnetica funzionale (fMRI) cui vennero mostrate fotografie di esseri umani che esprimono diverse emozioni; e il pesce morto, con impulsi neurologici registrati dalla macchina, sembrò riconoscerli con estrema precisione. L’algoritmo utilizzato propone con rigorosa precisione l’inverosimile. Il buon senso ci dice che nell’uso di quell’algoritmo c’era qualcosa di sbagliato (per gli esperti diciamo che non si sono adottate quelle misure di sicurezza statistiche note con il nome di “correzioni per confronti multipli”). Il vero guaio è che Craig Bennett ha pubblicato il suo articolo sul “salmone morto che legge le emozioni umane” su una rivista scientifica seria. Perché troppo spesso si rinuncia al buon senso e si applica la matematica in maniera acritica, finendo fuori strada. [Finisci di leggere sul sito dell’Espresso]

I numeri non sbagliano mai. Il potere del pensiero matematico
Autore Ellenberg John
Prezzo € 20,00
Dati 2015, 578 p., brossura
Traduttore Capararo C.
Editore Ponte alle Grazie  (collana Saggi)

Roberto Natalini [coordinatore del sito] Matematico applicato. Dirigo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Cnr e faccio comunicazione con MaddMaths!, Archimede e Comics&Science.

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