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Una mini-serie a cura di Marco Trombetti, in cui si esploreranno la tumultuosa storia e le incredibili vette raggiunte dalla matematica delle simmetrie: la teoria dei gruppi. In questo primo episodio, tra mito e realtà, scopriremo come nasce questa branca della matematica. Trovate tutte le puntate qui.

Nel leggere il titolo di questa mini-serie (“Non ho tempo”), il lettore potrebbe avere avuto l’impressione che l’autore voglia in qualche modo giustificarsi preventivamente per eventuali errori che andrà a commettere e per eventuali omissioni che andrà a fare, ma non è del tutto così. Sebbene difatti all’autore questa interpretazione non dispiaccia, quelle parole nascondono molto di più: sono tratte da una lettera che Évariste Galois scrisse al suo amico Guillaume-Auguste Chevalier (insegnante e politico francese) due giorni prima di morire all’età di soli 20 anni.

Nella lettera, Galois scrive: “Mais je n’ai pas le temps et mes idées ne sont pas encore bien développèes sur ce terrain qui est immense” (“Ma non ho il tempo e le mie idee non sono ancora ben sviluppate su questo immenso terreno”). Infatti, a differenza di Fermat, che non ha avuto spazio sufficiente sul margine di una pagina per la dimostrazione del suo famoso ultimo teorema, Évariste non ha avuto spazio sufficiente nel margine di quel che sapeva gli mancasse da vivere per riuscire ad esporre con sufficiente chiarezza le sue “troppo” innovative idee (la leggenda vuole che scrisse il tutto nella sola notte prima del fatidico duello che gli costò la vita).

“II y a quelque chose a completer dans cette demonstration. Je n’ai pas Ie temps (Note de I’A.).”

Ma andiamo per ordine.

 

Chi è Évariste Galois?

Siamo nei primi anni nel diciannovesimo secolo. Circa una ventina d’anni prima c’è stata la presa della Bastiglia. Al momento della nascita di Évariste (25 ottobre 1811), Napoleone è all’apice del potere. Come però la storia ci insegna, poco dopo ci sarà Waterloo e poi il ritorno della monarchia con Luigi XVIII e successivamente (all’epoca in cui Galois cominciò a frequentare il Lycée di Louis-le-Grand) Carlo X di Borbone. La famiglia in cui nasce Galois è però fortemente repubblicana, e lui non sarà da meno.

Febbraio del 1827 è un punto di svolta per Galois, poiché è allora che inizia a frequentare il suo primo corso di matematica. A tal riguardo il suo docente di allora nota: ‘‘Penso che sia meglio per lui che i suoi genitori gli consentissero di studiare nient’altro che matematica, sta sprecando il suo tempo qui’’, sebbene osservi anche che non abbia abbastanza rigore metodologico. In questo periodo Galois comincia ad essere etichettato come ‘‘originale’’ e ‘‘bizzarro’’, ed è sorprendente che uno tra i matematici più originali al mondo sia stato criticato per la sua troppa originalità. Probabilmente a questa troppa originalità può anche essere imputato il fatto che nel 1828 Galois fallì ad entrare nella più prestigiosa università francese dell’epoca, l’École Polytechnique. Riprovò l’esame di ammissione l’anno seguente, fallendo nuovamente, sebbene questa volta il tutto fosse aggravato dal recente suicidio del padre (un evento che lo segnò senza dubbio in maniera indelebile). Ripiegò così sull’École Normale.

Nel 1830, ci fu una nuova rivoluzione. C’erano rivolte in tutte le strade di Parigi e l’allora direttore dell’École Normale decise di rinchiudere gli studenti nell’edificio per evitare prendessero parte agli scontri. Galois provò in ogni modo a svincolarsi per poter partecipare agli scontri, ma fallì. In seguito scrisse una lettera in cui criticava aspramente le azioni del direttore e fu così espulso. Nel 1831, lui ed altri 200 repubblicani si radunarono una sera per un festeggiamento. In quella occasione, Galois avrebbe sollevato il bicchiere con una mano (in segno di brindisi) mentre nell’altra avrebbe brandito un piccolo pugnale. Questo gesto fu interpretato come una minaccia al re attuale, e per tale motivo Évariste fu arrestato e processato. Venne però sorprendentemente rilasciato sulla base del fatto che avesse apparentemente brindato pronunciando la frase seguente: “A Luigi Filippo, se dovesse tradire”.

Arrestato nuovamente il 14 luglio seguente, Galois provò a suicidarsi in prigione, fallendo. Nel 1832, sì innamorò di Stephanie-Felice du Motel, ma i suoi sentimenti sembrano non essere ricambiati. Il 30 maggio dello stesso anno, Galois affronta a duello Perscheux d’Herbinville per motivi legati a Stephanie. La leggenda vuole che Évariste sia stato incastrato in questo duello per ragioni politiche, e per questo sapesse che il giorno del duello sarebbe arrivata la sua fine.

Il fratello e il suo amico Chevalier spedirono i manoscritti di Galois a molti matematici importanti dell’epoca, tra cui Gauss e Jacobi. Nessun commento però è noto di costoro al riguardo. Bisogna anche ricordare che Galois mandò alcuni tra i suoi manoscritti ad altri importantissimi matematici dell’epoca, come Cauchy, Fourier e Poisson. Quest’ultimo in particolare scrisse: “I suoi argomenti non sono né sufficientemente chiari né sufficientemente sviluppati perché ne si giudichi il rigore…” E non c’è da stupirsi su quest’ultima affermazione. Difatti, sebbene Galois abbia estensivamente usato il concetto di gruppo nei suoi manoscritti, non ne ha mai dato una definizione esplicita. Un po’ come un albero che cade in una foresta in cui non ci sia nessuno a poter sentire il tonfo: l’albero è caduto o no? La Teoria dei Gruppi è nata o no?

Dobbiamo aspettare il 1843, quando i manoscritti entrano in possesso di Liouville, affinché il lavoro di Galois venga riconosciuto. E così, nel 1846, Liouville comunica che i manoscritti in suo possesso risolvono uno tra i problemi più importanti della matematica del tempo: la risoluzione per radicali delle equazioni in una incognita. Nasce la Teoria di Galois, nasce la Teoria dei Gruppi.

 

Che problema ha risolto?

Tutti conosciamo le equazioni in singola incognita. Esempi banali sono i seguenti: \(3x+2=0\) e \(2x^2+3x+1=0\). Per queste tipologie di equazioni ci viene insegnato molto presto come trovarne le soluzioni (reali, almeno). Così ad esempio la prima equazione ha come soluzione \(x=-2/3\), mentre le soluzioni della seconda sono \(x=\frac{-3\pm\sqrt{9-8}}{4}\). Ora, a guardarle bene, queste soluzioni sembrano dirci qualcosa in più. Infatti, non sarà senz’altro passato inosservato il fatto che possano essere ‘‘costruite’’ solo ed esclusivamente a partire dai coefficienti delle equazioni di partenza mediante applicazione di operazioni del tipo: somme (e differenze), prodotti (e divisioni), estrazioni di radice. Ed è questo un fatto generale. L’equazione \(ax+b=0\) si risolve con la classica formula \(x=-b/a\), mentre l’equazione \(ax^2+bx+c=0\) si risolve con la formula \(x=\frac{-b\pm\sqrt{b^2-4ac}}{2a}\). In gergo tecnico, si dice che le equazioni di primo e secondo grado sono risolubili per radicali.

Che succede però se il grado aumenta? Che succede per le equazioni di terzo e quarto grado ad esempio? Tanto per cominciare, iniziano un po’ di dispute matematiche e non. Ci vorrebbe un’altra mini-serie solo per raccontare della grande disputa tra Cardano e Tartaglia (Niccolò Fontana) per la formula risolutiva della cubica. Vi do’ giusto un assaggio. Dopo aver vinto un contest per la risoluzione dell’equazioni cubiche, Tartaglia viene approcciato da Cardano per cercare di farsi rivelare la formula risolutiva. Tartaglia cede, ma gli fa giurare di non pubblicare la formula fino a quando non la avesse pubblicata prima lui. Ovviamente, il giuramento viene infranto, ma con la giustifica che Tartaglia non fosse stato effettivamente il primo a venire a capo della formula risolutiva, bensì tale fosse Scipione del Ferro. Lascio al lettore il piacere di informarsi ulteriormente sulla vicenda, ma vi dico solo una cosa: anche le equazioni di terzo e quarto grado sono risolubili per radicali!

Verrebbe allora da pensare che anche tutte le equazioni in una sola incognita siano effettivamente risolubili per radicali. Il primo a tentare di dare una trattazione generale della teoria delle equazioni fu Lagrange, nel 1770. Sfortunatamente il metodo da lui concepito non si applicava alle equazioni di quinto grado e superiore. Data la generalità del metodo, si iniziò a pensare che in realtà tali equazioni non fossero risolubili per radicali, ed il primo a congetturare esplicitamente ciò fu Gauss, che ad esempio nel suo trattato Disquisitiones Arithmeticae del 1798 scrive: ’’non c’è molto dubbio sul fatto che questo problema sfugga ai più moderni approcci perché impossibile da risolvere’’.

Il primo a tentare un approccio dimostrativo dell’impossibilità di risoluzione per radicali della quintica fu Paolo Ruffini nel 1799. Sebbene persino Cauchy considerasse la dimostrazione di Ruffini corretta, Niels Abel notò che l’argomento usato non era completamente soddisfacente (ed in effetti, come osservato a posteriori, la dimostrazione di Ruffini era tutt’altro che completa). Nel 1826, Abel riuscì finalmente a dare una dimostrazione completa dell’impossibilità di risoluzione della quintica per radicali. Tale risultato è oggi noto come teorema di Abel-Ruffini.

Torniamo ora a Évariste Galois. Come osservato da Nathan Jacobson, le dimostrazioni di Ruffini e Abel vennero presto rese obsolete dai risultati del giovane repubblicano. Galois aveva fornito un metodo generale per decidere se ogni equazione fosse o meno risolubile per radicali. In particolare, il metodo di Galois mostra ad esempio che l’equazione \(x^5-x-1=0\) non è risolubile per radicali.

 

L’idea di Galois

Ciò che Galois fece per risolvere il succitato problema fu andare a considerare le ‘‘simmetrie’’ di cui godono le soluzioni dell’equazione scelta. Sicché ad ogni equazione si può associare un certo insieme di simmetrie, quello che oggi chiameremmo gruppo (da notare che Galois fu il primo ad usare il termine gruppo in relazione a tali oggetti matematici), ed in base alle proprietà di questo gruppo si può determinare se l’equazione sia o meno risolubile per radicali. In particolare, se i blocchi minimali di cui è formato questo gruppo sono di ordine primo (diremmo oggi, se il gruppo è risolubile), allora l’equazione è risolubile per radicali, altrimenti no. Ad esempio, non è difficile provare che il gruppo associato all’equazione \(x^5-x-1=0\) è il cosiddetto gruppo simmetrico su cinque oggetti. Tale gruppo finito non può essere ricostruito a partire da blocchi di ordine primo, e ciò implica che tale equazione non sia risolubile per radicali.

 

Conclusione

Siamo così giunti alla fine di questo episodio. Dunque, i gruppi hanno a che fare con le simmetrie, e anzi sono probabilmente il modo migliore ad oggi di formalizzare il concetto di simmetria. Nel prossimo episodio cercheremo di capire cosa sia veramente un gruppo dal punto di vista matematico e qual è la stata la sua evoluzione nel corso del tempo.

 

 

Referenze

1) J.J. O’Connor – E.F. Robertson: ‘‘Évariste Galois’’, MacTutor History of Mathematics;  url: https://mathshistory.st-andrews.ac.uk/Biographies/Galois/

 

 

Marco Trombetti

Professore Associato di Algebra presso il Dipartimento di Matematica e Applicazioni “Renato Caccioppoli” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. È vicepresidente dell’associazione no-profit “AGTA – Advances in Group Theory and Applications” ed Editor-in-Chief della rivista “Advances in Group Theory and Applications”. Il 30 gennaio 2020, ha ricevuto (ex aequo con E. Giannelli) il Premio Nazionale “Mario Curzio” per il miglior giovane ricercatore in algebra (non professore), assegnato dall’Accademia Pontaniana.

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