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I risultati di uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di San Diego dimostrano, grazie all’utilizzo di un modello matematico, che le batterie al litio potrebbero durare di più e caricarsi più in fretta.

 

La maggioranza dei dispositivi portatili oggi in commercio utilizza come fonte di energia le batterie al litio. In genere, un dispositivo con una batteria più grande è in grado di garantire una maggiore autonomia mentre uno dotato di batterie molto più piccole non è ugualmente capace di offrire la stessa efficacia. A livello mondiale molte ricerche si stanno occupando di questo tema, con lo scopo di implementare l’efficacia delle batterie e ridurne l’impatto ambientale. Ci sono vari scienziati che stanno provando ad immaginare le batterie del futuro, ma nonostante le loro numerose idee ancora per parecchi anni ci dovremo “accontentare” delle normali batterie al litio.

Un’importante ricerca condotta da un team di ricercatori dell’Università di San Diego sembra aver raggiunto almeno uno dei due scopi, migliorando infatti l’efficacia delle classiche batterie al litio. Secondo quanto annunciato nel comunicato ufficiale, questi studiosi hanno elaborato un nuovo algoritmo in grado di migliorare sensibilmente le prestazioni dell’attuale tecnologia. Con questa nuova idea, le batterie attuali sarebbero in grado di durare di più, di caricarsi due volte più velocemente rispetto alle tempistiche odierne e, per quanto concerne la produzione, costerebbero anche il 25% in meno.

A conferma della validità e dell’importanza di questa ricerca, vi è la notizia che Bosch e Cobasys, due colossi del settore, hanno già stretto rapporti con l’Università di San Diego e stanno provando a lavorare su questo nuovo algoritmo per realizzare al più presto i primi prodotti da mettere in commercio. Lo studio è stato possibile grazie allo stanziamento di 9.6 milioni di dollari del Dipartimento dell’Energia (USA) e dell’ARPA-E. Il Professor Miroslav Krstic e il suo team della Jacobs School of Engineering dell’Università di San Diego hanno beneficiato di “soli” 460.000 dollari, cifra senz’altro irrisoria se si pensa a tutti i benefici che potrà portare questa nuova “scoperta”.

 

A cura di Alice Sepe

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