La (quasi) vera storia di Grigorij Perelman, l’uomo che ha dimostrato la congettura di Poincaré nutrendosi di sole rape.
Apparso originariamente il 29 Luglio 2010
Grigorij Jakovlevič Perel’man nacque a San Pietroburgo il 13 giugno del 1968. Proprio in quei giorni, in Russia non accadeva un bel niente. Il suo essere schivo lo induce a nascere di notte, lontano dai clamori, tagliarsi da solo il cordone ombelicale e tornare a casa alla chetichella per rinchiudersi nella sua stanza. La nascita della sorella Elena è per Grigorij il primo di una lunga serie di traumi: ancora bambino, le sue innate capacità matematiche lo condannano infatti a rendersi conto che ora i figli in famiglia sono due, gettandolo in una cupa depressione. Una frustrazione che supererà solo facendo ghiotte scorpacciate di cavolo nero e zuppa di rape.
Mentre è ancora studente di scuola superiore, nel 1982, vince una medaglia d’oro per il punteggio massimo alle Olimpiadi internazionali di matematica di Budapest. Ma P. la rifiuta pubblicamente con sdegno, creando un profondo sgomento in tutti i 12 spettatori presenti alla cerimonia. Il viaggio di ritorno verso San Pietroburgo, è per P. fonte di importanti riflessioni. Credendo che sia un altro premio per aver vinto il torneo, P. rifiuta infatti di imbarcarsi sul volo per la Russia, e preferisce fare l’autostop fino a casa. Su un camion che trasporta un carico di maiali astigmatici verso Novosibirsk, P. viene in contatto con la “Teoria delle foglie secche mulinanti” di Poincaré (v. Poincaré: prodigi e arance) di cui si parla su una rivista che uno dei maiali sta faticosamente leggendo. Per P. è l’illuminazione. Giunto a San Pietroburgo, comunica con gioia incontenibile alla madre la sua intenzione di approfondire gli studi sul grande scienziato francese e la madre, insegnante di matematica, risponde al suo entusiasmo chiedendogli quando fosse uscito di casa.
P. si laurea alla facoltà di Matematica e meccanica dell’Università di San Pietroburgo e inizia a lavorare nel dipartimento di San Pietroburgo dell’Istituto Steklov di Matematica. Fargli accettare la laurea è un bel grattacapo, perché P. si rifiuta categoricamente perfino di prendere parte alla cerimonia di conferimento della pergamena. Gli sarà consegnata durante una festa a sorpresa per il suo compleanno resa ancora più imprevedibile dal fatto che non fosse il suo compleanno. Alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, P. ha modo di accumulare esperienze internazionali lavorando presso varie università degli Stati Uniti, tra cui il Massachusetts Institute of Technology. Ritornato in Russia nel 1995, o forse nel 1996 (era molto schivo, nessuno riusciva a seguire i suoi spostamenti), da allora lavora senza far parlare di sé all’Istituto Steklov. L’unica cosa per cui lo ricordano i colleghi sono alcuni studi in geometria comparativa e il fatto che addestrasse scarafaggi a rispondere alle e-mail.
Intanto, P. continua anche gli studi sulla congettura di Poincaré, diventata ormai per lui un chiodo fisso paragonabile solo alla sua passione per il gioco del ping pong e le sonate con il violino (attività che amava condurre in contemporanea): può una forma senza buchi essere topologicamente equivalente alla sfera, in dimensione tre? E, se sì, questo vale anche di domenica? Oppure, come scritto nella memoria originale della prima formulazione Perelmaniana “Può una rapa essere equivalente al cavolo nero?”
Nel novembre 2002, P. pubblica sul sito web arXiv il primo di una serie di saggi con i quali intendeva dimostrare la Congettura di geometrizzazione di Thurston, risultato che comprende come caso particolare la Congettura di Poincaré. La strategia di attacco di P. consiste soprattutto nel modificare il programma di geometrizzazione di Richard Hamilton attraverso il flusso di Ricci e appare a tutti particolarmente promettente rispetto ai programmi più diretti di stampo topologico (in particolare gli approcci diversi di W.P. Thurston, J.W. Cannon e D. Gabai) che quasi nessuno era mai riuscito a capire. Nell’agosto del 2006 i matematici che hanno seguito il suo lavoro stendono una documentazione di sole 1000 pagine in cui si spiega passo per passo la dimostrazione completa della congettura di Poincaré con il metodo di P. La conclusione a cui arrivano gli scienziati è, testualmente, “è giusto, ora per favore ridateci alle nostre famiglie”.
Per P. si aprono le porte della fama e della ricchezza: prima Medaglia Fields e poi premio di un milione di dollari offerto dal Clay Institute. Ma P. sorprendendo tutti tranne la madre rifiuta questi riconoscimenti e, anzi, lascia il suo lavoro nell’Istituto di matematica e va a vivere da solo con la madre, ormai vedova e pensionata, in una casa popolare alla periferia della città. Attualmente, Grigorij rifiuta ogni contatto umano, veste come un barbone eremita, risponde alle e-mail in modo sconclusionato (sembra quasi che a scrivere sia uno scarafaggio), ha murato le sue finestre e si rifiuta di parlare con chiunque.
Secondo Veronica Klinovitskaya, portavoce del Kprf, che sarebbe il Gtrn del Tgyh russo, non si può “lasciare un milione di dollari in Occidente, dove il denaro potrebbe andare alla ricerca militare, per creare bombe”. Il governo russo quindi ha esercitato pressioni su P. per fargli cambiare idea, ma Grigorij ha sempre resistito, e l’avvelenamento da plutonio non lo ha fatto mai desistere dal proclamare che “il denaro porta solo violenza”. All’inizio di luglio è arrivato il no definitivo di P., che ha rifiutato con una telefonata proprio mentre una spia russa del KGB camuffata da barbone stava ritirando il milione di dollari al posto suo. Secondo la sua vicina Vera Petrovna, attualmente P. vive in condizioni incredibili. “Una volta sono stata nel suo appartamento, rimanendo shockata. C’è solo un tavolo, una sedia e un letto con un materasso sporco, lasciato dai precedenti proprietari alcolizzati, che gli hanno venduto l’appartamento . Stiamo cercando nel palazzo di sbarazzarci degli scarafaggi, ma non è possibile, perché sono nascosti tutti nel suo appartamento. La cosa peggiore è che non c’era nemmeno un dollaro!”. Qualcuno riferisce di aver visto spesso P. prendere la metropolitana. Vestito da barbone, con giacche sbrindellate, jeans sporchi, scarpe da basket sformate e barba alla Rasputin, P. cambia spesso vagone, fa su e giù per tutta la rete di Mosca: dipinta sul volto, l’inconfondibile beatitudine di un uomo che ha scoperto come sfuggire ai giornalisti (e alla madre).