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La quadratura del cerchio. Un problema che solo una adeguata quadratura del cerchio poteva risolvere.

 

La quadratura del cerchio, assieme al problema della trisezione dell’angolo, a quello della duplicazione del cubo e a quello di quanti tipi di triangoli Euclide era in grado di disegnare bendato, costituisce un problema classico della geometria greca. Nell’antica Grecia, infatti, quando la geometria era agli albori, la figura di base era considerata il cerchio (che si trovava molto spesso in natura, soprattutto nelle cose rotonde) e si tentava di ottenere le varie figure geometriche a partire da esso, distorcendolo fino a trasformarlo, per esempio, in un quadrato. Questo tipo di impostazione del problema – la costruzione di un quadrato che avesse la stessa area di un dato cerchio – comportò sin da subito una serie di problemi, principalmente perché i matematici dell’epoca effettuavano i loro tentativi sulle ruote dei carri, spesso deformandole irrimediabilmente. I proprietari dei carri, infuriati, solevano usare poi le ruote, ormai inservibili, per percuotere i matematici che le avevano rovinate, che quindi aggiungevano alla frustrazione della mancata risoluzione dell’enigma il dolore derivante dalle numerose e variegate tumefazioni. E fu proprio uno dei matematici più malmenati a proporre ai suoi colleghi di tentare di costruire più prudentemente questo quadrato sulla pergamena ed esclusivamente con riga e compasso. Tutti i presenti annuirono e decisero di ritrovarsi quando il compasso fosse stato inventato. Il problema ha comunque tenuto occupati i matematici per secoli. Nel 1643 il matematico belga Martin Differdange annunciò trionfalmente di averlo risolto. Mentre già la notizia serpeggiava in tutta la comunità formata dai 37 interessati, si scoprì che però non aveva adoperato riga e compasso, ma un machete laser di sua invenzione (anche se, nel tentativo di occultare le prove della sua scorrettezza distrusse il prototipo e ne mangiò il progetto originale). Un anno dopo, suo fratello tentò di riscattare l’onore della famiglia usando un autentico compasso, ma non ottenne mai a un quadrato e si spinse solo poco oltre il profilo della sua mucca frisona. Si moltiplicavano intanto i tentativi falliti e sempre più matematici tentavano di ottenere il quadrato percorrendo vie più semplici, come la cancellazione di otto lati di un dodecagono. Fu solo nel 1882 che l’impossibilità di quadrare il cerchio venne dimostrata rigorosamente, quando Ferdinand von Lindemann pubblicò la dimostrazione della trascendenza di pi greco con lo scopo esclusivo di far parlare di sé. In precedenza, von Lindemann aveva dimostrato che se pi greco fosse stato trascendente, l’antico problema della quadratura del cerchio con riga e compasso sarebbe stato irrisolvibile (anche per i più muscolosi). Trascorsi cinque minuti, dopo aver controllato che il risultato dimostrato fosse ancora quello, von Lindemann lo diffuse in tutto il mondo, non riuscendo comunque mai a uscire con una ragazza. È questo quello che succede quando hai a che fare con un numero che ha un nome e una nazionalità: finisce per oscurarti. Ricordiamo, per esempio, l’esaurimento nervoso a cui andò incontro Eulero quando scoprì il numero trascendente 2,71828182845904523… e da cui fu guarito solo attribuendo a questo numero l’iniziale del suo nome (e). Anche in questo momento scienziati di tutto il mondo stanno progredendo nello stabilire le cifre conosciute di pi greco, perché pare che un grande matematico burlone abbia nascosto un tesoro inestimabile sotto l’ultima cifra.

 

Stefano Pisani

 

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