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Su una pista di atletica perfettamente circolare con raggio lungo 100 metri, ci saranno sempre tanti punti della pista che il corridore non toccherà mai. Ad esempio, quello opposto alla partenza (che dista da questa esattamente 100 volte pi-greco metri) non sarà mai calpestato dal suo piede, perché questo è in grado di raggiungere solo distanze che sono multipli di numeri interi e non di numeri irrazionali.

Su una pista di atletica perfettamente circolare con raggio lungo 100 metri (e, di conseguenza, di lunghezza pari a 200 volte pi-greco, cioè 628 metri abbondanti) si allena con tenacia, un piccolo corridore che, ad ogni passo, copre esattamente la distanza di un metro. Partito dalla linea di partenza supera di nuovo la stessa linea dopo 629 passi e poi dopo 1257 (che è uno in meno di due volte 629) e così via. Il fatto curioso è che, in conseguenza al fatto che il numero pi-greco è irrazionale, cioè non è rapporto di numeri interi, l’atleta, giusto in prossimità del “Via!” non si troverà mai esattamente al punto di partenza, ma sempre un po’ più in quà, o un po’ più in là. Nonostante si affanni e proceda con pervicacia nel suo allenamento senza tregua fatto di passi di lunghezza di un metro, sempre per via dell’irrazionalità di pi-greco, ci saranno sempre tanti punti della pista che il corridore non toccherà mai. Ad esempio, quello opposto alla partenza (che dista da questa esattamente 100 volte pi-greco metri) non sarà mai calpestato dal suo piede, perché questo è in grado di raggiungere solo distanze che sono multipli di numeri interi e non di numeri irrazionali.

Per via del mescolamento inestricabile tra numeri razionali ed irrazionali, alla lunga, la pista diventerà un miscuglio di punti calpestati e punti non calpestati. Perciò, vale la pena considerare invece di singoli punti, interi tratti di pista, cioè archi di circonferenza, con l’auspicio di riuscire a prevedere l’usura prodotta dall’inarrestabile corsa dell’insistente e minuto corridore. Ebbene, come recita il Teorema di equidistribuzione di Weyl, comunque si scelga un tratto di pista, questo verrà calpestato infinite volte dall’atleta. Non solo: se si fissa un intervallo temporale di osservazione sufficientemente lungo e si considera la frazione di tempo passata dall’atleta nell’arco di pista considerato, questa sarà sostanzialmente pari alla lunghezza dell’arco stesso (dove il “sostanzialmente” nasconde un procedimento di limite). Ad esempio, il quarto di circonferenza in prossimità della tribuna est sarà frequentato dall’omino per un quarto della durata totale del tempo di osservazione, assunto, come detto, che il tempo di osservazione sia sufficientemente lungo. Lo stesso dicasi per le tribune ovest, nord e sud, a garanzia di una completa par condicio tra i vari spettatori.

Un quarto di circonferenza sarà usato per un quarto del tempo, un terzo di circonferenza per un terzo del tempo, e così via. In pratica, in base a quanto spazio si occupa, si riceve, in proporzione, una equivalente durata temporale di percorrenza. Questa forma di democrazia viene chiamata ergodicità ed esprime l’identità (al limite) delle medie temporali e delle medie spaziali. Si tratta di una proprietà che ha numerose varianti e generalizzazioni e il cui ambito naturale è la meccanica statistica, la cui idea di base è fornire una descrizione macroscopica dei comportamenti microscopici di un grande numero di individui che agiscono in base a regole comuni a tutti. Immaginiamo che ad allenarsi sulla pista arrivino un gran numero di nuovi atleti ciascuno con un passo di lunghezza un metro ed ognuno con un punto di partenza scelto casualmente. Determinare la posizione dell’atleta con pettorale 314 dopo 27’18” è impresa ardua in assenza dell’informazione relativa al suo punto di partenza. Al contrario, determinare quale proporzione degli atleti si trovi a percorrere gli ultimi cinquanta metri prima del traguardo è possibile proprio grazie al principio di equidistribuzione: si tratta circa dell’8% del totale. In qualche modo, l’ergodicità fornisce la garanzia dell’esistenza di strutture macroscopiche (la lunghezza degli archi nel caso precedente) che permettono una descrizione statistica della dinamica, cioè valida non per il singolo individuo, ma per l’intera comunità.Una conseguenza affascinante è la risoluzione del paradosso della ricorrenza che prevede, in conseguenza ad un risultato teorico di Henri Poincaré, che ogni distribuzione di particelle torni prima o poi alla sua configurazione di partenza, alla faccia dell’irreversibilità e dell’entropia.

Supponendo che valga un principio di ergodicità, la probabilità del verificarsi di un tale evento (da considerarsi l’equivalente di un media temporale) è pari alla probabilità di tale regime specifico all’interno della classe di tutte le configurazioni possibili (da considerarsi l’equivalente di una media spaziale). Di conseguenza, regimi particolarmente esotici necessitano di un tempo d’attesa molto lungo, praticamente infinito. Perciò, avendo pazienza, non ci resta che seguire il consiglio del famoso proverbio cinese: sediamoci sulla riva del fiume, ed aspettiamo.

 

Corrado Mascia

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