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Nel nostro ragionare di matematici, ci capita spesso di far leva su disuguaglianze. Non per scelta politica quanto per realismo.  Nel seguire e analizzare quantità incognite, talvolta con significato fisico e talaltra con puro sapore matematico, ci troviamo ad aver bisogno di individuare dove tali quantità si trovino. Positive? Negative? Limitate da uno, da mille, da un miliardo? Stimare a priori la collocazione di un valore sconosciuto (presente anche se invisibile) è spesso la chiave di volta per risolvere l’intero problema. E lo stimare si traduce in maniera diretta o indiretta nell’utilizzare disuguaglianze.

Il catalogo dei fornitori è talmente ampio, che nessuna persona, per enciclopedica che sia, può ritenere di avere una padronanza completa del campionario. Ulteriori disuguaglianze possono emergere nella risoluzione di nuovi problemi e risultare utili, tempo dopo, in contesti del tutto estranei all’ambito originale. C’è la disuguaglianza triangolare e la disuguaglianza isoperimetrica. Ci sono disuguaglianze associate ad un nome: disuguaglianza di Young, di Sobolev, di Poincaré, di Korn… O anche associate a due nomi: disuguaglianze di Hausdorff-Young, di Brunn-Minkowski, di Hardy-Littlewood, di Gagliardo-Nirenberg (si, proprio lo stesso Nirenberg che ha ricevuto il premio Abel  poco tempo fa). Ognuno ha le sue disuguaglianze preferite, che risultano meglio adattate a ciò di cui si occupa. Qualche volta, sbirciare nel kit del vicino, permette di trovare una soluzione inaspettata a un problema che pareva irrisolubile.

Un esempio di base è quello che fornisce la relazione tra due diverse maniere di determinare il valore medio di due numeri assegnati: la media aritmetica e la media geometrica. La media aritmetica non è nient’altro che la somma dei due valori divisa per due. Proprio come la storia del pollo di Trilussa (si legga il sonetto “La Statistica”). La media geometrica considera i due numeri come lunghezze dei lati di un rettangolo e fornisce la lunghezza del lato di un quadrato di area uguale a quella del suddetto rettangolo. Con dimostrazione facile (ad esempio, calcolando il quadrato della differenza dei due numeri), ci si convince del fatto che la media geometrica è sempre minore o uguale della media aritmetica. In più, non è proibitivo realizzare che le due medie coincidono se e solo se i due numeri sono uguali (e il rettangolo della media geometrica è dunque un quadrato).

Una semplice relazione, innocua quanto una scintilla. E, proprio come questa, capace di innescare una reazione a catena di proporzioni notevoli. Dati n numeri positivi, la media aritmetica è la somma di tutti i numeri divisa per n e la media geometrica è la radice n-esima del loro prodotto. Quest’ultima corrisponde alla lunghezza del lato del ipercubo n-dimensionale con volume pari a quello del iper-parallelepipedo che ha per lati i valori prescelti (l’aggiunta del prefisso iper- sottolinea che si tratta della versione a dimensione n degli usuali cubi e parallelepipedi dello spazio). Ebbene, con una tecnologia superiore alla precedente, si mostra che la prima resta sempre minore o uguale della seconda, con l’uguaglianza valida se e solo se i numeri prescelti sono tutti copie dello stesso numero (e il parallelepipedo è un ipercubo). Si possono poi introdurre pesi a ciascuno degli n numeri prescelti, cioè quantità positive con somma pari a uno, e generalizzare ulteriormente la relazione alle medie pesate. Tornando alla versione di partenza, media geometrica minore o uguale della media aritmetica, si può osservare che, se riscritta in termini di logaritmi o esponenziali, altro non è che un caso particolare del tipo di convessità di queste funzioni. In effetti, la convessità, interpretabile come una relazione tra il grafico di una funzione e le sue rette (o piani e iperpiani, in dimensione più alta) tangenti, non è altro che una disuguaglianza verificata dalla funzione di turno. Per questa strada, si arriva alla rinomata disuguaglianza di Jensen, una relazione d’ordine tra il valore di una funzione convessa di una media integrale e la media integrale della funzione convessa.

Il mondo delle disuguaglianze potrebbe dare la sensazione di un universo del pressappoco. Volgare rispetto alla raffinata eleganza delle uguaglianze matematiche (chi può negare la paradisiaca bellezza dell’identità di Eulero?). Si tratterebbe, però, di un giudizio affrettato. Al di là del loro ruolo cruciale nelle costruzioni di teorie e teoremi, esiste un’arte sopraffina della ricerca delle costanti ottimali nelle disuguaglianze, in grado di fornire informazioni precise ed affilate, con fascino uguale a quello di una identità. Anzi, maggiore o uguale.

Corrado Mascia

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