di Nicola Ciccoli
\(\)Ritorna l’estate, finalmente, dopo una lunga e piovosa primavera. Ritornano le cene in terrazza, all’aperto, magari sotto una pergola a cui sono appese traballanti lampadine. Meno benvenuti ritornano gli insetti: zanzare, mosche e moscerini di ogni tipo che attratti da quelle lampadine ci ronzano attorno. Già. Ma se sono attratti dalla luce delle lampadina perché non ci volano diretti, invece che avvitarcisi attorno? Quale percorso segue un insetto attratto dalla luce e perché? Per capirlo bisogna capire in che modo gli insetti sono attratti dalla luce. I loro occhi sono composti di molti settori, chiamati ommatidia, ciascuno dei quali è una cella esagonale di fotorecettori orientati in maniera leggermente dissimile dalla cella adiacente. Poiché la luce stimola al massimo solo quegli ommatidia su cui cade perpendicolarmente, il sistema visivo degli insetti permette loro di determinare con grande precisione l’angolo tra la loro direzione di movimento e quello di una sorgente luminosa. Più che essere attratti dalla luce, gli insetti si muovono mantenendo un angolo costante con la direzione dei raggi luminosi.
Quando i raggi sono tutti paralleli, quando cioè la sorgente è talmente lontana da poter essere considerata all’infinito, come per il sole e la luna, la traiettoria che mantiene un angolo costante con la luce è una linea retta. Il sistema visivo degli insetti garantisce loro pertanto un volo diritto e lineare molto preciso. La natura non aveva probabilmente previsto le lampadine. Nelle afose serate estive la sorgente luminosa è molto vicina e i raggi luminosi irradiano tutti da una sorgente centrale. Un insetto che voli mantenendo un angolo costante rispetto ai raggi di una sorgente luminosa centrale non segue più una linea retta. Calcolarne il percorso è un semplice esercizio di teoria delle curve. Imponendo che l’angolo tra un raggio vettore fissato e la tangente alla traiettoria del volo sia costante e con l’ipotesi semplificatrice che anche la velocità di volo sia costante (in termini matematici, che la traiettoria di volo sia parametrizzata d’arco) si ottiene una equazione differenziale facilmente integrabile le cui soluzioni sono spirali. Con più precisione se l’angolo costante è 0° o 180° la traiettoria è una retta che si avvicina o allontana dalla sorgente luminosa. Se l’angolo è di 90° la traiettoria è una circonferenza con centro la sorgente luminosa, ma per tutti gli altri angoli si ottiene un percorso a spirale, una spirale logaritmica per la precisione, che si avvicina sempre più alla nostra lampadina.
Questo calcolo presuppone che la traiettoria di volo sia piana. La questione si fa più complicata se consideriamo il moto in tre dimensioni. In tal caso conviene scegliere un sistema di coordinate cilindriche e aggiungere l’ipotesi che anche l’angolo di salita (o discesa) verso la sorgente luminosa sia costante. Ipotesi credibile perché permette all’insetto di non modificare la posizione della testa mentre vola verso la luce. In questo modo la traiettoria continua ad avvicinarsi alla sorgente di luce, la nostra lampadina, ma si mantiene sulla superficie di un cono. Le equazioni differenziali che permettono di determinare la traiettoria diventano di facile soluzione e si ottiene come percorso del volo dell’insetto una curva dello spazio detta concospirale[1].
Le concospirali, curve tridimensionali la cui proiezione piana è una spirale logaritmica, sono curve che appaiono, in virtù delle loro proprietà in molte applicazioni della matematica alla biologia. Devono il loro nome alla forme di alcune conchiglie, appaiono ad esempio in maniera assai naturale nella descrizione dell’accrescimento del telescoptum. In particolare superfici analoghe a quelle di molte conchiglie si possono ottenere muovendo una curva generatrice chiusa lungo una concospirale [2]. Da un punto di vista leggermente diverso, in virtù del fatto che la loro proiezione piana è una spirale logaritmica, le concospirali possono essere considerate la versione conica di un’altra famiglia di curve molto conosciute, le lossodromiche. Quest’ultime sono le curve che si ottengono quando si richiede a una curva che giace sulla superficie di una sfera di formare un angolo costante con tutti i meridiani. Le curve lossodromiche hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia della navigazione marittima; già dall’inizio del ‘500 era noto che non fossero le linee di minima distanza sulla sfera, ma erano insostituibili per una navigazione fatta con l’uso della bussola o dei riferimenti astronomici. Il fatto che nella proiezione di Mercatore, su di una carta geografica, vengano trasformate in retta è spiegazione sufficiente al successo del planisfero di Mercatore [3]. Curve di questo tipo hanno attirato, per la loro simmetria, anche l’attenzione di artisti. La “Superficie sferica con pesci” di Escher ne è forse una delle più belle (e conosciute) rappresentazioni.
Nicola Ciccoli
[1] K. N. Boyadzhiev, Spirals and conchospirals in the flight of insects, The College Mathematics Journal 30, pp. 23-31 (1999).
[2] H. Meinhardt, The algorithmic beauty of sea-shells, Springer-Verlag (2003).
[3] J. Alexander, Loxodromes: a rhumb way to go, Mathematics Magazine 77, pp. 349-356 (2004).
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