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Come MaddMaths! abbiamo aperto uno spazio di discussione – FOCUS MADDMATHS!: Le Nuove Indicazioni Nazionali per la scuola del primo ciclo: reazioni e commenti – sugli aspetti che riguardano la matematica nella bozza di Nuove Indicazioni per la Scuola dell’infanzia e il Primo ciclo di istruzione recentemente pubblicata sul sito del MIM-Ministero dell’Istruzione e del Merito. Questo spazio serve a raccogliere e rendere disponibili a un pubblico ampio un po’ di pareri di associazioni del settore e di persone che hanno avuto in passato rilevanti responsabilità istituzionali. Di seguito trovate alcune considerazioni di Gabriele Anzellotti, che ha coordinato il gruppo di lavoro per l’area STEM che nel 2007 ha prodotto la prima versione delle Indicazioni per il primo ciclo, è stato presidente della UMI-CIIM dal 2007 al 2009 e coordinatore del progetto nazionale Lauree Scientifiche – orientamento e formazione degli insegnanti – area matematica e statistica dal 2005 al 2015.

Ho letto la bozza delle Nuove Indicazioni per la Scuola dell’infanzia e il Primo ciclo di istruzione, pubblicata sul sito del MIM l’undici marzo 2025, e dico subito che apprezzo che questo documento sia dichiaratamente inteso come “materiali per il dibattito pubblico”. Osservo però che un dibattito richiede un po’ di tempo di lettura e approfondimento, e un confronto tra molti diversi soggetti, nonché una disposizione sostanziale al confronto da parte della Commissione ministeriale incaricata; tutto questo non sembra esserci nei fatti, visto che nel giro di un paio di settimane si intende concludere le audizioni e l’acquisizione di pareri scritti da parte di associazioni e scuole; spero peraltro di sbagliarmi e penso comunque che sia utile sviluppare il dibattito, se non altro al fine di condividere nella comunità scientifica e didattica elementi per la pratica attuazione delle Indicazioni che verranno. Cerco quindi di contribuire con qualche considerazione sulle parti della bozza che riguardano la Matematica e il collegamento di questa con altre aree del sapere. Scelgo di non fare osservazioni su punti specifici, per le quali rimando alla raccolta analitica che hanno fatto Federica Ferretti, Sofia Sabatti e Luigi Tomasi nel documento di MathNews e affronto invece alcune questioni generali che ritengo cruciali.

Dal punto di vista degli obiettivi specifici di apprendimento, che sono l’aspetto più concreto delle Indicazioni, si osserva che i nuclei tematici tradizionali della Matematica sono rimasti pressoché immutati rispetto alle precedenti Indicazioni del 2012 e l’unica effettiva novità è il nucleo “Informatica”, che riguarda i tipi di dati, gli algoritmi e il coding. Una situazione simile si ha per l’area Tecnologia, nella quale un analogo nucleo riguarda l’architettura dei sistemi, le reti e i dispositivi digitali. A mio parere è giusto e importante che l’Informatica abbia questo spazio e condivido sostanzialmente le indicazioni generali sulle competenze da raggiungere, e anche le motivazioni che ne vengono date. Ritengo però che ci sia un problema che è necessario risolvere, se si vuole che le Indicazioni non restino soltanto sulla carta e si trasformino in una pratica didattica condivisa ed efficace. Il problema è che il modo in cui sono formulati gli obiettivi e le conoscenze per l’Informatica, è molto generale e astratto; non è adeguato per descrivere l’apprendimento di un allievo dei livelli scolari interessati e risulta difficile da comprendere e interpretare per gli insegnanti del primo ciclo. Questo è soprattutto evidente per l’elenco delle “Conoscenze” relative all’Informatica, che può forse essere adatto come programma di un corso universitario, ma male si presta ad essere collegato nella pratica didattica con la finalità generale enunciata nelle Indicazioni, che è invece condivisibile, di “esplorare e sperimentare come questa disciplina consenta di modellare problemi, raccogliere, rappresentare e organizzare i dati, utilizzare linguaggi artificiali per descrivere problemi e dati, nonché per elaborazioni automatiche degli stessi”. Osservo anche che un po’ per tutta l’area STEM, gli elenchi di “conoscenze” sono spesso troppo astratti e tecnici, e, quando non lo sono, risultano essere sostanzialmente una ripetizione di concetti che già sono evidenti dalle competenze e dagli obiettivi specifici; dunque, a mio parere gli elenchi delle “Conoscenze” sarebbero da eliminare in tutta l’area STEM.

Collegato al problema sopra indicato, c’è il fatto che, pur essendo più volte richiamata la necessità di promuovere una “visione integrata delle discipline scientifiche” e il collegamento di queste con la Lingua, la Storia, le Arti e il Mondo, questa finalità non si riconosce abbastanza nella formulazione dei singoli obiettivi specifici, né nella loro ripartizione in temi e materie. Capisco bene che non è una cosa facile, ma occorre uno sforzo molto maggiore per indicare connessioni tra gli obiettivi specifici, in particolare di Informatica, Matematica e Tecnologia – si pensi ad esempio al tema del Disegno tecnico e rappresentazione grafica oppure al tema della raccolta e rappresentazione di dati. A questo fine non sono sufficienti gli esempi che nelle Indicazioni vengono forniti di “moduli interdisciplinari di apprendimento”: prima di tutto, non è opportuno dare singoli esempi specifici in testi normativi; inoltre, i moduli presentati sono, a parere mio e di molte persone che ho sentito, inadatti al livello scolare; infine, ritengo che tali moduli siano artificiosi e concepiti male, in particolare quello di Matematica, ma anche quello per Scienze (sulla Musica) e quello per Tecnologia (sulla Statistica).

Infine, è necessario sottolineare che l’effettiva traduzione delle future Indicazioni in una prassi didattica diffusa e utile, dipende dall’organizzazione della didattica negli istituti scolastici, dalla struttura delle cattedre, dal quadro orario, dalla formazione degli insegnanti, iniziale e in servizio, dalla disponibilità di buoni materiali di lavoro per allievi e docenti. Si può comprendere che questi aspetti non siano tecnicamente compresi in un documento normativo sulle Indicazioni, ma dovrebbero essere presenti nella riflessione del Ministero e messi in evidenza nei modi opportuni.

Il Laboratorio

Un’altra questione, pure molto importante, è quella che riguarda la modalità didattica del Laboratorio, che viene raccomandata ripetutamente in tutta l’area STEM e non solo. Si legge ad esempio che “La scuola ha il compito di adottare un metodo laboratoriale che parta da un’esperienza diretta e concreta, legata alla realtà quotidiana, per poi sviluppare riflessioni più astratte. Questo modello didattico è fondamentale per far acquisire agli studenti competenze sia pratiche e sia culturali.” Sembra quindi, qui e ancora di più in altri luoghi, che l’idea di laboratorio che viene proposta sia soprattutto quella di luogo fisico e di ambiente in cui si compiono esperienze dirette e concrete, e si sviluppano competenze pratiche e culturali. Senza negare l’importanza di questa idea, storicamente specifica delle scienze sperimentali, bisogna ricordare con forza che nella comunità dei matematici e degli insegnanti di matematica si è affermata ormai da qualche decennio (con radici almeno all’inizio del secolo XX) un’idea più ampia e significativa di “Laboratorio di Matematica”, che è da intendersi piuttosto come un modo di concepire e realizzare la situazione di apprendimento e insegnamento: un insieme strutturato di attività, volte alla costruzione di significati degli oggetti matematici, vedi https://umi.dm.unibo.it/wp-content/uploads/2020/04/Matematica2003.pdf; p.28. Tale costruzione deve essere necessariamente fatta nella mente di ciascun allievo, che nel Laboratorio affronta in modo attivo e critico situazioni – problema e discute con i compagni e i docenti. Dunque, la modalità laboratoriale non si usa soltanto per sviluppare competenze pratiche, ma proprio per costruire i concetti, e il senso e l’idea dell’argomentare e del dimostrare. Questa idea di attività laboratoriale, che certamente è ben nota ai matematici della Commissione, deve assolutamente essere indicata con chiarezza e precisione nelle nuove indicazioni, come lo era nelle precedenti, e mi pare ovvio che debba essere raccomandata per tutte le discipline (non solo scientifiche! si pensi alla Lingua, si pensi alla Storia).

Concludo con due osservazioni. La prima è che il testo delle Indicazioni è lungo e ripetitivo. L’eliminazione degli elenchi di conoscenze, che ho suggerito all’inizio, sarebbe già un passo in avanti. Auspico che si faccia un lavoro redazionale unitario, che potrebbe ridurre le ridondanze e migliorare la forma, aumentando molto l’efficacia della comunicazione. La seconda osservazione riguarda la parte “Perché si studia la Matematica”, nella quale si cerca di rispondere a questa domanda tramite citazioni di illustri Matematici e Fisici, e molti rimandi alle Scienze e alle Arti. Il tentativo però non funziona. Che la Matematica sia importante da imparare, anche, ma non solo, perché è strettamente collegata con la realtà, si può sostenere con argomenti semplici e senza ricorrere a pillole un po’ superficiali di Meccanica quantistica o di Neuroscienze cognitive. E anche gli esempi che vengono indicati di connessioni con l’arte figurativa, con la Musica e con la Letteratura, a mio parere, sono poco centrati, un po’ approssimativi e riduttivi. Comunque, ciascuno può leggere e farsi la propria idea, e non occorre che io ne parli ulteriormente.

Se ne ha il tempo, e mi auguro che ce l’abbia, la Commissione, che ha un compito pubblico di grande responsabilità, dovrebbe possedere tutti gli strumenti necessari per dedicare un supplemento di riflessione alle Indicazioni, anche tenendo presente il dibattito in corso, e cambiare, se vuole.

Gabriele Anzellotti

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