Pin It

Una riflessione di Domingo Paola, a partire da un’intervista rilasciata dal Ministro Giuseppe Valditara all’Avvenire in cui si parlava di cellulari in classe e uso dei social, sulla responsabilità educativa della scelta.

La circolare n.3392 del 16 giugno 2025 stabilisce il divieto assoluto di utilizzare i cellulari nelle classi di qualunque livello e ordine scolare, con poche eccezioni, legate ai bisogni educativi speciali o a istituti di indirizzo informatico e di telecomunicazioni[1 ]Si veda anche Stop agli smartphone nelle scuole superiori, istituti chiamati a fissare sanzioni, gestire emergenze e decidere se introdurre depositi sicuri – Orizzonte Scuola Notizie. In una recente intervista all’Avvenire il Ministro Valditara è tornato sull’argomento, allargando il discorso all’uso dei social, alla riforma sul voto in condotta e alle sue funzioni, alla riforma dell’esame di maturità e a qualche considerazione sulla necessità di riconoscere il lavoro svolto dal personale scolastico.

È difficile non concordare con gli obiettivi dichiarati nell’incipit dell’intervista rilasciata dal Ministro all’Avvenire: “Riportiamo al centro della società il rispetto e la gentilezza, a partire dalle scuole. Che possono essere il grande antidoto nei confronti della violenza, dell’odio, della maldicenza e della prevaricazione che spesso vengono alimentati dai social”.

In realtà, tutta l’intervista è caratterizzata da obiettivi, auspici, dichiarazioni d’intenti che difficilmente possono sembrare non condivisibili. Se, però, si riflette un po’ più approfonditamente su alcune affermazioni-considerazioni del Ministro, allora è difficile che non sorga qualche dubbio sull’efficacia e sull’efficienza di certe scelte. Soprattutto un’attenta lettura dell’intervista suggerisce una sorprendente incoerenza tra l’importanza fondante che il Ministro dà alla responsabilità individuale[2 ]Si veda la risposta del Ministro alla prima domanda sul voto in condotta: “Il voto in condotta non serve tanto per reprimere quanto per educare, per richiamare alla responsabilità individuale, un valore che è stato accantonato nella società e che invece è tempo di riscoprire e rivivere. Parliamo di quello che è uno dei più grandi portati, insieme all’amore universale e alla carità, del Cristianesimo. Che fa della responsabilità individuale il perno di tutto il messaggio di Cristo. Senza responsabilità individuale il Cristianesimo non avrebbe la portata che effettivamente ha. Amore e responsabilità: questo è un grande lascito alla società occidentale”. e la delega di responsabilità conseguente al divieto di utilizzare i cellulari a scuola (del resto ogni divieto comporta una delega di responsabilità).

Relativamente a questo divieto ho letto diversi interventi molto interessanti su quotidiani e riviste online. Mi limito a ricordarne due, di cui consiglio vivamente la lettura: il primo è quello di Vanessa Roghi, L’ipocrisia di vietare il cellulare a scuola, pubblicato l’11 settembre su la Repubblica[3 ]L’ipocrisia di vietare il cellulare a scuola – la Repubblica 11 settembre 2025 pagina 13; il secondo è quello di Gianmarco Proietti, Ambiente tossico o contenitore di relazioni? Perché lo smartphone a scuola non va proibito[4 ]Ambiente tossico o contenitore di relazioni? Perché lo smartphone a scuola non va proibito – Vita.it . Riporto il cappello iniziale dell’articolo di Proietti, che mi pare molto istruttivo per riflettere sugli intrecci tra divieto e responsabilità dell’educazione: “Si può scegliere la via del divieto che semplifica, ma non educa. Oppure si può accettare la sfida, più complessa, ma più necessaria: educare al digitale stando dentro al digitale. Non lasciando il campo ai social e agli algoritmi, ma riappropriandosi della tecnologia come spazio pedagogico”. .

Condivido pienamente le considerazioni riportate nei due articoli che ho citato e quindi qui mi limito a qualche puntuale considerazione su quanto affermato dal Ministro nell’intervista citata per sostenere le scelte in materia di utilizzazione delle tecnologie digitali e di divieto degli smartphone a scuola anche per attività didattiche.

Alla domanda di come si possa introdurre l’intelligenza artificiale a scuola senza l’uso degli smartphone, il Ministro risponde, citando genericamente studi dell’OCSE e del’ISS, che “gli apprendimenti attraverso gli smartphone sono peggiori rispetto agli apprendimenti tradizionali”. In realtà ciò non è così scontato: diversi studi, per esempio nella ricerca in educazione matematica, testimoniano, invece, che l’uso di tecnologie digitali (anche degli smartphone) possa contribuire in modo significativo non solo a un maggiore coinvolgimento delle studentesse e degli studenti nelle attività didattiche, ma a un vero e proprio miglioramento degli apprendimenti (favoriscono, se usati adeguatamente, comprensione, metacognizione e anche un approccio più consapevole e critico agli strumenti stessi). Studi citati da Gallese, Moriggi e Rivoltella[5 ]Gallese, V., Moriggi, S., Rivoltella, P., Oltre la tecnofobia, Raffaello Cortina Editore, 2025. Si vedano, in particolare, le pagine 65-66 e 94-95. evidenziano che l’impatto dell’uso stesso dei social media sul benessere dei giovani è assai diversificato e può avere effetti sia positivi sia negativi a seconda di vari fattori contestuali e individuali. In particolare, la tendenza a spiegare il fenomeno hikikomori come la sindrome da ritiro conseguente a un abuso del digitale e dei videogiochi, sembra un abbaglio: è invece più plausibile, come affermano certi studi, che l’isolamento di questi giovani avvenga a causa di fattori di contesto che nulla hanno a che vedere con i social o con i videogiochi, ma che, anzi, “Internet rappresenta l’ambiente all’interno del quale si rifugiano, mantenendo nel contempo attiva la mente, il contatto con quanto accade nel mondo, usufruendo di occasioni di socializzazione con i coetanei altrimenti precluse[6 ]Lancini, L’età tradita. Oltre i luoghi comuni sugli adolescenti, Raffaello Cortina, 2021.. Il problema, quindi, non è tanto vietare l’uso dei cellulari tout court, semmai è quello di individuare usi scorretti e inadeguati (da vietare) e usi adeguati a favorire apprendimento e comprensione (da incentivare). Naturalmente ogni tecnologia comporta, inevitabilmente, rischi e opportunità, ma un appropriato uso può minimizzare i rischi e massimizzare le opportunità. Nessuno si è mai sognato di proibire l’uso del compasso, perché potrebbe essere utilizzato per piantarlo nella gamba della compagna o del compagno di banco: semplicemente si sanziona quest’uso e si impone di utilizzare il compasso per tracciare, per esempio, circonferenze. Tra l’altro, vietare non aiuta a far crescere consapevolezza della responsabilità dei propri comportamenti.

Il Ministro fa più volte riferimento, nell’intervista, all’importanza che le studentesse e gli studenti crescano a scuola come persone responsabili: il divieto dell’uso a scuola di strumenti, come gli smartphone, che verranno poi utilizzati intensamente al di fuori del contesto scolastico, comporta il rischio di una duplice perdita di responsabilità: da parte della scuola, che delega il problema alle famiglie, rifiutandosi di prendersene carico; da parte della studentessa o dello studente, che non trova, nella scuola, alcun aiuto per un approccio consapevole e critico (e quindi responsabile) allo strumento. Se è vero che molte forme di dipendenza (innegabili, per quel che riguarda gli smartphone, soprattutto nei casi più estremi) si combattono talvolta con l’astinenza (che però deve essere totale e non limitata a una parte della giornata), è anche vero che si prevengono parlando delle conseguenze dell’abuso o dell’uso improprio, il che comporta necessariamente una conoscenza dell’oggetto che può creare dipendenza.

Il Ministro cita anche il fatto che il divieto dello smartphone ha registrato un gradimento dell’80% dell’opinione pubblica e che ciò comporta che sia necessariamente un bene stare lontani dal cellulare. A me sembra che pensare che sia sufficiente un sondaggio per determinare le scelte migliori faccia parte di una cultura che forse proprio la scuola dovrebbe contribuire a modificare e far evolvere. Inoltre, sarebbe importante sapere quale domanda sia stata posta alle persone che hanno risposto al sondaggio. Per esempio, proviamo a riflettere su quali sarebbero le nostre risposte alle due seguenti domande:

  1.  “Volete che nelle scuole si aiutino le studentesse e gli studenti a usare in modo critico e consapevole gli smartphone e i social?”
  2. “Volete che gli smartphone, che sono occasione di distrazione e peggiorano gli apprendimenti, vengano vietati a scuola?”

Risponderemmo allo stesso modo alle due domande? Se si optasse per proporre la prima domanda, siamo sicuri che l’80% dei rispondenti continuerebbe a pensare che sia bene vietare l’uso degli smartphone a scuola? Inoltre, sarebbe importante sapere anche quale preparazione sul problema e quale consapevolezza dello stesso avevano le persone che hanno partecipato. E magari, e qui ritorniamo al tema fondamentale indicato dal Ministro, sarebbe anche importante sapere quali responsabilità avevano e avvertivano le persone che hanno risposto.

Penso sia anche importante tenere conto che lo smartphone è lo strumento digitale attraverso il quale ogni studentessa e ogni studente interagisce con il mondo digitale che, ormai, fa parte della vita reale (Luciano Floridi, a questo scopo, ha coniato l’espressione di “vita onlife”[7 ]Si veda, per esempio, Onlife – Wikipedia o Floridi. L., Etica dell’intelligenza artificiale, Raffaello Cortina Editore, 2022.). Vietare l’uso di questo strumento a scuola non farebbe altro che acuire la sensazione che la scuola sia un contesto del tutto dissociato dalla vita reale e concreta e, pertanto, ben poco attraente per le studentesse e per gli studenti. Inoltre, soprattutto in certe situazioni, rischierebbe di aumentare il digital divide tra chi può permettersi di utilizzare altri strumenti digitali diversi dallo smartphone e chi non può permetterselo. Pressoché tutte le studentesse e tutti gli studenti sono invece in grado di utilizzare il proprio smartphone per interrogare, per esempio, un modello linguistico di grandi dimensioni e imparare (ma se lo fanno a scuola, non certo da sole/soli a casa) che le risposte che fornisce sono il risultato di una particolare codifica dei testi introdotti e di successive elaborazioni statistiche e che non c’è alcuna intenzionalità od orizzonte di senso in quello che producono (il senso lo può dare l’essere umano: è una sua competenza e una sua responsabilità)[8 ]Si vedano, a questo proposito, molti interessanti e puntuali interventi sulla pagina Facebook di Walter Quattrociocchi, professore di computer science all’Università “La Sapienza” di Roma..

Concludo osservando che, se desideriamo costruire una scuola della responsabilità, forse il primo passo è riconoscere la competenza delle insegnanti e degli insegnanti e lasciare quindi proprio a loro la responsabilità (che andrà condivisa con la dirigenza, con la componente genitori, ma anche con le studentesse e gli studenti) di come, quando e dove usare tecnologie che fanno ormai parte della nostra vita … poi, ci mancherebbe, pianificare e organizzare momenti di completa (non solo a scuola!) sospensione dell’uso dei cellulari potrebbe essere un’esperienza assai positiva … ma si tratta di questione ben diversa da quella posta dal Ministro.

Domingo Paola

Immagine di copertina generata con Intelligenza artificiale Ideogram 3.0 (March 26)

Pin It

Note e riferimenti

Note e riferimenti
1 Si veda anche Stop agli smartphone nelle scuole superiori, istituti chiamati a fissare sanzioni, gestire emergenze e decidere se introdurre depositi sicuri – Orizzonte Scuola Notizie
2 Si veda la risposta del Ministro alla prima domanda sul voto in condotta: “Il voto in condotta non serve tanto per reprimere quanto per educare, per richiamare alla responsabilità individuale, un valore che è stato accantonato nella società e che invece è tempo di riscoprire e rivivere. Parliamo di quello che è uno dei più grandi portati, insieme all’amore universale e alla carità, del Cristianesimo. Che fa della responsabilità individuale il perno di tutto il messaggio di Cristo. Senza responsabilità individuale il Cristianesimo non avrebbe la portata che effettivamente ha. Amore e responsabilità: questo è un grande lascito alla società occidentale”.
3 L’ipocrisia di vietare il cellulare a scuola – la Repubblica 11 settembre 2025 pagina 13
4 Ambiente tossico o contenitore di relazioni? Perché lo smartphone a scuola non va proibito – Vita.it . Riporto il cappello iniziale dell’articolo di Proietti, che mi pare molto istruttivo per riflettere sugli intrecci tra divieto e responsabilità dell’educazione: “Si può scegliere la via del divieto che semplifica, ma non educa. Oppure si può accettare la sfida, più complessa, ma più necessaria: educare al digitale stando dentro al digitale. Non lasciando il campo ai social e agli algoritmi, ma riappropriandosi della tecnologia come spazio pedagogico”.
5 Gallese, V., Moriggi, S., Rivoltella, P., Oltre la tecnofobia, Raffaello Cortina Editore, 2025. Si vedano, in particolare, le pagine 65-66 e 94-95.
6 Lancini, L’età tradita. Oltre i luoghi comuni sugli adolescenti, Raffaello Cortina, 2021.
7 Si veda, per esempio, Onlife – Wikipedia o Floridi. L., Etica dell’intelligenza artificiale, Raffaello Cortina Editore, 2022.
8 Si vedano, a questo proposito, molti interessanti e puntuali interventi sulla pagina Facebook di Walter Quattrociocchi, professore di computer science all’Università “La Sapienza” di Roma.
This website uses the awesome plugin.