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Un dettagliato studio pubblicato su Nature riguardante 4 coorti consecutive del primo anno delle scuole primarie francesi prova con dovizia di dettagli quello che già da anni la didattica della matematica afferma: il gender gap in matematica si origina all’inizio della scuola primaria. Chiara de Fabritiis, della nostra redazione, ce ne dà un primo resoconto, cui seguiranno poi interventi più approfonditi di esperti ed esperte in didattica della matematica.

Quando un ateneo, un ente di ricerca o un’associazione culturale vuole adoperarsi per combattere il gender gap in ambito STEM o più specificamente in matematica, qual è la strategia più comunemente utilizzata? Nella stragrande maggioranza dei casi, si sceglie di organizzare un evento più o meno articolato rivolto alle scuole secondarie di secondo grado (di solito alle classi del triennio) interpellando e coinvolgendo membri della comunità che si occupa di didattica della materia: a seconda dei mezzi finanziari e delle disponibilità di tempo, si può andare da un paio d’ore di intervento di una persona oppure un dibattito a più voci, magari preceduto dalla proiezione di un film, fino ad arrivare al corso, talvolta residenziale, di una o due  settimane, passando per molte gradazioni intermedie.

Si tratta di una risposta molto naturale alle statistiche che evidenziano una carenza di iscritte ai corsi di laurea STEM e punteggi peggiori riportati delle ragazze in test come l’INVALSI o il PISA, per non parlare della rarità delle olimpioniche di matematica e delle ammesse alle cosiddette scuole di eccellenza (Scuola Normale Superiore di Pisa, Scuola Normale Meridionale, SISSA, etc.).

Quasi sempre l’evento è un successo, perché è stato preparato con cura e passione, chi ha partecipato risponde entusiasticamente ai questionari, e quindi si decide di ripeterlo a cadenza annuale; dopo qualche tempo si prova a capire se la percentuale delle iscritte ai corsi STEM dell’ateneo è aumentata, se nella zona il gender gap dei punteggi INVALSI è calato e… sorpresa: niente o quasi è cambiato!

Per quanto un po’ deluso, a fronte di tanto impegno, il gruppo di persone non si scoraggia e propone di abbassare l’età del pubblico per cercare di prevenire l’instaurarsi di un pregiudizio. A tal fine sviluppa un’attività rivolta al biennio delle scuole secondarie di secondo grado e, di nuovo, i risultati sono all’incirca gli stessi: partecipanti e docenti apprezzano molto, ma le rilevazioni mostrano che i dati cambiano poco o nulla.

Anche i meno frequenti interventi con le secondarie di primo grado è difficile che riescano a incidere efficacemente sul problema; siamo quindi di fronte al paradosso di attività che hanno successo nell’immediato ma non modificano la realtà in maniera approfondita, tanto che, lo scoraggiamento si materializza talvolta nell’esclamazione “Dobbiamo andare in prima elementare a parlare di matematica alle bambine?!”

Ebbene sì, ci dice lo studio appena pubblicato su Nature e giudicato così interessante da essere oggetto anche dell’editoriale del numero in cui compare: il punto di svolta in cui le abilità matematiche prendono strade differenti è durante il primo anno della scuola primaria, le prime differenze cominciano a sorgere addirittura dopo 4 mesi dall’inizio della frequenza scolastica.

La spiegazione di questo fenomeno ha ovviamente motivazioni composite: non ho certo la presunzione di riassumere uno studio specialistico di 29 pagine in un pezzetto da leggere magari sul telefono, senza essere neppure un’esperta di didattica della matematica: lo scopo di questo breve articolo è attirare l’attenzione del pubblico di Maddmaths! e introdurre una serie di interventi più meditati da parte studiosi e studiose della disciplina.

Ci sono però alcuni punti che è possibile evidenziare fin da ora.

Il primo è che il divario fra bambine e bambini che vediamo sorgere fra i 5 e i 7 anni (tenendo conto di chi comincia la primaria in anticipo perché magari compie gli anni a gennaio e di chi invece a fine anno scolastico ha già compiuto 7 anni) è dovuto veramente alla frequenza scolastica e non all’età. Per provarlo, al gruppo di ricerca  basta considerare bambini e bambine con pochi giorni di differenza di età ma che iniziano la scuola un anno prima o un anno dopo perché nascono poco prima o poco dopo la fine dell’anno solare; dal punto di vista dell’età la differenza è irrilevante, mentre al livello di scolarizzazione lo scarto è di un intero anno scolastico: i risultati dell’indagine evidenziano che è proprio il fattore scuola a creare la discrepanza di punteggi fra maschi e femmine.

Il secondo è la necessità di svolgere ulteriori approfondimenti che permettano di capire quali siano le strategie più efficaci per migliorare le performance delle bambine, valutando ad esempio se sia utile intervenire sulla riduzione dell’ansia oppure sull’aumento dell’autostima e delle motivazioni. Anche l’interazione con i genitori è importante perché la famiglia può essere una fonte di pregiudizi molto radicati e l’inizio della scuola è un momento in cui i familiari pongono molta attenzione al rendimento scolastico, facendone un argomento importante nelle conversazioni a casa.

Senza dubbio uno studio di questo tipo non potrà essere portato avanti senza una stretta collaborazione fra ricercatori e ricercatrici da un lato e docenti della scuola primaria dall’altro: senza il quadro teorico fornito dai primi, i secondi non riuscirebbero a valutare l’efficacia di una serie di strategie da mettere in pratica, mentre senza l’applicazione in concreto da parte dei secondi delle attività progettate, i primi non avrebbero la possibilità di intraprendere le azioni per un’inversione di tendenza, per cui tali riflessioni rimarrebbero esclusivamente a livello teorico.

Per concludere di questa breve presentazione, l’incitamento paradossale ad andare a parlare di matematica alle bambine della prima primaria deve essere forse modificato in un più ragionato invito ad andare a parlare di gender gap in matematica nelle aule universitarie del corso di laurea in scienza della formazione in modo da instaurare un’efficace collaborazione fra coloro che diventeranno docenti della scuola primaria e chi si occupa di ricerca in didattica della matematica e in particolare delle problematiche di gender gap…

Chiara de Fabritiis

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