Che cosa vogliamo che gli italiani, entrando nella vita adulta, sappiano fare con la matematica? Quali capacità matematiche deve avere una persona per vivere una vita consapevole? Per fare acquisti? Per prendere decisioni, ad esempio mediche? Per votare e prendere parte alla vita politica? Per informarsi e capire i numeri e i fatti che dovremmo conoscere? In questo articolo, apparso su Archimede 4/2017, Daniele Gouthier prova a rispondere, anche solo parzialmente, a queste domande. Tutti siete invitati a commentare e discutere su questi temi che crediamo importanti. Trovate la versione pdf scaricabile a questo link.
Un delicato equilibrio
Che cosa vogliamo che gli italiani, entrando nella vita adulta, sappiano fare con la matematica? Quali capacità matematiche deve avere una persona per vivere una vita consapevole? Per fare acquisti? Per prendere decisioni, ad esempio mediche? Per votare e prendere parte alla vita politica? Per informarsi e capire i numeri e i fatti che dovremmo conoscere? Sono domande che ho posto ad alcuni insegnanti e colleghi, specificando che non mi interessa enucleare cosa deve sapere uno studente orientato verso una facoltà scientifica, o addirittura matematica. Mi interessa capire cosa vogliamo che sappia fare e comprendere una persona quando finisce di andare a scuola. Mi interessa (provare a) individuare le capacità minime di un giovane che finita la scuola smette di studiare e cerca lavoro1.
Detto con uno slogan: cosa deve saper fare il più debole degli ex-studenti?
Una didattica che faccia sviluppare a tutti gli studenti alcune capacità minime, è una didattica che cerca di essere leggera, rapida, esatta, visibile e molteplice: «La leggerezza, la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità dovrebbero in realtà informare non soltanto l’attività degli scrittori ma ogni gesto della nostra sciatta, svagata esistenza», scriveva Gian Carlo Roscioni presentando le Lezioni americane di Italo Calvino2. Per cercare risposta alle nostre domande, possiamo farci guidare da due stelle polari: la definizione a priori di ciò che gli studenti dovrebbero maturare nel corso degli studi; e l’osservazione nei fatti di ciò che gli studenti maturano realmente nel corso degli studi.
Se seguiamo una definizione a priori, ci dotiamo di punti di riferimento ai quali guardare; è la cornice nella quale ci collocano i documenti UMI-CIIM Matematica 2001 (e seguenti) e il progetto “coinvolgente” M@t.abel, ed è quanto, ad esempio, fanno i ministeriali Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo grado.
- L’alunno si muove con sicurezza nel calcolo anche con i numeri razionali, ne padroneggia le diverse rappresentazioni e stima la grandezza di un numero e il risultato di operazioni.
- Riconosce e denomina le forme del piano e dello spazio, le loro rappresentazioni e ne coglie le relazioni tra gli elementi.
- Analizza e interpreta rappresentazioni di dati per ricavarne misure di variabilità e prendere decisioni.
- Riconosce e risolve problemi in contesti diversi valutando le informazioni e la loro coerenza.
- Spiega il procedimento seguito, anche in forma scritta, mantenendo il controllo sia sul processo risolutivo, sia sui risultati.
- Confronta procedimenti diversi e produce formalizzazioni che gli consentono di passare da un problema specifico a una classe di problemi.
- Produce argomentazioni in base alle conoscenze teoriche acquisite.
- Sostiene le proprie convinzioni, portando esempi e controesempi adeguati e utilizzando concatenazioni di affermazioni; accetta di cambiare opinione riconoscendo le conseguenze logiche di una argomentazione corretta.
- Utilizza e interpreta il linguaggio matematico (piano cartesiano, formule, equazioni, …) e ne coglie il rapporto col linguaggio naturale.
- Nelle situazioni di incertezza (vita quotidiana, giochi, …) si orienta con valutazioni di probabilità.
- Ha rafforzato un atteggiamento positivo rispetto alla matematica attraverso esperienze significative e ha capito come gli strumenti matematici appresi siano utili in molte situazioni per operare nella realtà.
Se osserviamo lo status quo, andiamo alla ricerca di risposte possibili nella realtà fattuale che viviamo, tenendo conto che quest’ultima oggi è particolarmente in divenire, visto il tumultuoso mutamento dovuto a spinte sociologiche, demografiche, culturali…
I Traguardi paiono ambiziosi e lo sarebbero anche spostandoli al completamento dell’obbligo, alla fine del decimo anno di studi (seconda superiore). Sono improntati in gran parte alla valorizzazione della dimensione teorica della matematica, essenziale nella costruzione di persone orientate a una formazione scientifica, o comunque intellettuale in senso lato, ma ostica per chi non ha fatto passi avanti nella propria educazione all’astrazione.
Ci sono tre chiavi di lettura per la matematica: teoria, valore culturale e astrazione. Comprenderne l’impianto teorico è importante, ma richiede un grosso sforzo nel tempo e ha senso nella prospettiva di una formazione specifica. Apprezzarne il valore culturale (ad esempio, cogliendo la distinzione tra una dimostrazione e un esempio e una congettura) è arricchente, ma possibile per studenti che abbiano in senso ampio un’attenzione alla cultura: questa affermazione sembra tautologica ma vuole mettere in guardia dal considerare importante il valore culturale della nostra disciplina senza considerare che molte persone sono poco educate a vedere il valore culturale di una qualsiasi disciplina.
Manipolare l’astrazione significa riconoscere le regolarità matematiche, riconoscerle nella realtà – qualsiasi cosa intendiamo con questo termine – e usarle per decidere e agire nella nostra vita. L’astrazione è l’interfaccia tra la matematica e la sua utilità. Confrontare probabilità elementari, riconoscere percentuali, misurare un rischio, leggere e interpretare una statistica o un grafico, stimare l’ordine di grandezza di oggetti quotidiani, sono alcuni esempi astratti di strumenti che interfacciano matematica e utilità.
Imparare a gestire l’astrazione è uno degli obiettivi di un corso di studi in matematica. Un cittadino che sa astrarre riconosce regolarità (anche elementari) in contesti e situazioni differenti. Ha gli strumenti per leggere la realtà che lo circonda. Riesce a porre domande agli esperti. Impara a fare scelte motivate, distinguendo il vero dal falso. Sa distinguere il necessario dal sufficiente.
L’impressione è che oggi la propensione diffusa e condivisa all’astrazione sia molto bassa: “noi partiamo da un punto di vista teorico con allievi che già dovrebbero ben conoscere, finita la scuola primaria, le quattro operazioni, invece la realtà è che lottiamo per riuscire a far eseguire loro semplici calcoli a mente”.
Alcune situazioni interfaccia
Se vogliamo individuare delle “abilità necessarie per…”, prima dobbiamo partire dalle situazioni reali, spicciole o rilevanti, quotidiane o sporadiche che possono essere dipanate da una certa dose di astrazione, non sempre strettamente matematica ma spesso a essa collegata. Eccone alcune sulle quali non tutti i cittadini adulti hanno acquisito dimestichezza e agilità sufficienti3.
- Memorizzare i prezzi della benzina in modo da confrontarli “al volo” per entrare o meno da un distributore.
- Percepire quanto denaro dobbiamo dare sotto forma di interessi per un mutuo; o quanto è “conveniente” un’altra offerta della banca.
- Capire quale appartamento sia più conveniente da affittare in funzione della superficie e del numero di membri della famiglia.
- Confrontare gli euro al chilo (€/kg) di un prodotto mentre fai la spesa (o le tariffe telefoniche).
- Cucinare con proporzioni corrette.
- Stimare a mente gli sconti una volta che sei entrato in un negozio.
- Capire gli orari dei mezzi pubblici e calcolare i tempi di percorrenza.
- Stimare i consumi reali della propria auto (o quelli elettrici della propria casa ecc.)
- Scegliere se comprare un’automobile a benzina, gpl, metano o diesel.
- Stimare quanto ė un metro cubo di acqua, da quanti litri è formato (e se sapessimo che tutta questa acqua costa meno di un euro, compreremmo ancora le bottiglie?).
- Capire l’impatto di una tragedia (strage, disastro aereo, terremoto, uragano), sapere quante sono le vittime, capire come memorizzarne il numeroal di là dell’impatto emotivo.
- Quantificare le persone presenti in una piazza (a un concerto, a una manifestazione ecc.)
Quale matematica serve? Quali competenze dobbiamo mettere in gioco? Come possiamo essere ragionevolmente sicuri di cavarcela anche “senza essere degli esperti”?
Un atteggiamento verso i problemi
Se a queste domande deve rispondere chi professionalmente e culturalmente è e sarà lontano dalla matematica per tutta la vita, quello che dobbiamo trasmettere loro è un approccio, che faccia sviluppare atteggiamenti consapevoli verso i problemi che la vita porrà4. La matematica può aiutare ad acquisire una consapevolezza che si declina in alcuni atteggiamenti.
- Guardare le cose da diversi punti di vista. Immaginiamo di dover calcolare l’area di un triangolo isoscele del quale conosciamo le misure della base e degli altri lati. In una prima fase individuiamo un segmento che sia altezza del triangolo isoscele, che poi in una seconda fase vediamo come cateto di un certo triangolo rettangolo. È un atteggiamento non banale, importantissimo da sviluppare per poterlo applicare a molti problemi della nostra vita, non ultimi quelli relazionali.
- Sapere che non tutti i problemi ammettono una soluzione. Se cerchiamo di formare un triangolo con tre segmenti, non sempre ci riusciamo. Dobbiamo sperimentare che non tutto è possibile. Ci sono vincoli che rendono possibili alcune cose e impossibili altre.
- Non tutti i problemi che ammettono soluzione ne ammettono una sola. Se cerchiamo un triangolo che abbia un certo segmento come lato e una certa area, non ne individuiamo uno solo ma infiniti. Sapere che ci sono problemi che hanno una pluralità (spesso più limitata che nell’esempio) di soluzioni, è un atteggiamento essenziale da conquistare.
- Se un problema ammette soluzione non è detto che quella soluzione si trovi in pochi minuti. I risultati spesso si raggiungono con tempo e fatica. E con attenzione costante. Tutto e subito non è quasi mai la via da percorrere.
- Se non trovi una soluzione in pochi minuti, non è detto che il problema non ammetta soluzione, né che tu non sia capace di trovarla. Vedi sopra… ma magari per un po’ più di tempo che “in pochi minuti”.
- Se due persone, lavorando da sole, non trovano una soluzione, non è detto che non la trovino lavorando insieme. Purtroppo, la “matematica da banco” è spesso un’occupazione solitaria, fatta scrivendo. Gran parte della matematica invece è discussione, confronto, dialogo. La matematica è intrinsecamente un’occupazione cooperativa. Imparare a cooperare è un atteggiamento che possiamo far fruttare nell’affrontare molti dei nostri problemi.
- Non tutto ciò che si dice o si scrive è ugualmente attendibile. Se è vero, ed è vero, che la dimensione teorica è molto lontana dalla sensibilità di tanti studenti (e genitori), però c’è un minimo di dimensione teorica senza il quale salta tutto, anche il calcolo a mente. Ed è quella cosa che magari non mi rende capace di dimostrare teoremi o di argomentare come farebbe un matematico, ma almeno mi rende consapevole che non tutte le affermazioni possono essere sempre messe sullo stesso piano.
Due liste terra terra
E allora, cosa deve saper fare il più debole degli ex-studenti? Le risposte che emergono dal confronto con insegnanti e colleghi, mi portano a elencare queste due liste.
Capacità matematiche di base alla fine della scuola
- Fare calcoli a mente con i numeri naturali, anche usando le proprietà elementari delle operazioni.
- Fare calcoli con i numeri interi.
- Capire quando ricorrere alle frazioni e farlo, sapendo come ridurle a denominatore comune.
- Usare le equivalenze metriche.
- Calcolare sconti, aumenti e percentuali in generale (sapendo che “per cento” significa “diviso cento”).
- Calcolare una media aritmetica.
- Approssimare risultati, stimare grandezze e numeri.
- Confrontare probabilità elementari e misurare rischi.
- Usare le coordinate cartesiane.
- Usare i cambiamenti di scala.
- Leggere dati: etichette, scontrini, orari, tariffe e offerte, informazioni elementari relative a un’indagine statistica.
- Leggere un grafico.
- Riconoscere unione e intersezione di insiemi.
- Operare correttamente con le implicazioni, distinguendo il necessario dal sufficiente.
- Risolvere problemi.
Capacità matematiche avanzate alla fine della scuola
- Misurare lunghezze, aree e volumi, scomponendo figure “articolate” in figure elementari.
- Riconoscere ordini di grandezza delle cose quotidiane (quanto pesa una mela? chili, etti o grammi?).
- Calcolare lunghezza della circonferenza e area del cerchio.
- Stimare l’ampiezza di angoli.
- Riconoscere che due figure sono simili.
- Distinguere proporzionalità diretta, inversa e quadratica.
- Disegnare grafici elementari (ortogrammi, areogrammi, istogrammi, diagrammi cartesiani).
- Capire l’importanza dei rapporti tra grandezze omogenee e saperli confrontare.
- Imparare a fare scelte motivate, distinguendo il vero dal falso.
- Distinguere una dimostrazione, da un esempio o da una congettura.
Senza voler concludere
Non ho l’ambizione con queste pagine di porre la parola fine alla discussione che anzi deve rimanere aperta perché la situazione muta dinamicamente nel tempo e nei contesti. Ci sono però alcune linee d’attenzione che possono orientarci. È bene insistere su come si affronta l’incertezza; su come stimare l’ordine di grandezza; su come pensare in modo “dimostrativo” (ovvero sul “se… allora…”). Serve esercitare continuamente la razionalità discorsiva, per cercare di rendere inoffensiva la retorica ammaliante che ci circonda mediaticamente, spesso del tutto vuota di ogni contenuto.
Ma soprattutto dobbiamo aiutare ciascun ex-studente a capire, caso per caso, “di che cosa si sta parlando”, prima di quantificarlo e formalizzarlo. Altrimenti rischiamo di avere persone che calcolano medie senza un’idea di che cosa queste medie rappresentino, perché ne abbiamo bisogno, dove ci danno informazione e dove non ce ne danno. Ed è esattamente questa consapevolezza che manca nella formazione di molti, e che, paradossalmente, serve più di tutto il resto. L’unica piccola convinzione che personalmente ho è che per perseguirla dobbiamo rendere l’insegnamento della matematica più leggero, più rapido, più esatto… perché, forse non sappiamo esattamente cosa insegnare, ma in definitiva “meglio meno, ma meglio”.
Daniele Gouthier
2 Per Calvino la leggerezza è la “capacità di togliere peso [ai concetti ma anche] alla struttura del racconto e al linguaggio”. La rapidità risponde a “criteri di funzionalità” dell’esposizione, “trascura i dettagli che non servono ma insiste sulle ripetizioni”. L’esattezza dovrebbe portare con sé “un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione”. La visibilità è dare immagini alle idee: per definirla Calvino si appoggia alle parole di Douglas Hofstadter che in Gödel, Escher, Bach la tratteggia come il tentativo di “esprimere certe idee […] sotto forma di immagini mentali”. La molteplicità, infine, è quella che oggi chiamiamo complessità ovvero la comprensione che fenomeni nuovi emergono dalla “rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo”.
3 Carolina Jimenez è un’insegnante di sostegno. Con lei siamo arrivati a questa lista di situazioni nelle quali anche molti adulti trovano difficoltà.
4 Questa riflessione sull’atteggiamento mi vede in particolare sintonia con Sofia Sabatti verso la quale sono debitore per la formulazione che qui propongo.