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La luna, i due satelliti di Marte, i satelliti galileiani di Giove, i maggiori satelliti di Saturno, Urano, Nettuno e Plutone ruotano attorno al loro corpo celeste di riferimento in modo simile. Solo Mercurio ha un comportamento strano col Sole. Come mai? La matematica aiuta a cercare una risposta

The dark side of the Moon” è il titolo di un album dei Pink Floyd, la famosa rock band britannica che dagli anni ’60 agli anni ‘90 ha prodotto celebri brani musicali. Tuttavia il titolo, astronomicamente parlando, può generare confusione, perché non esiste un lato oscuro della Luna (Figura 1); un titolo più appropriato sarebbe stato “The hidden side of the Moon” (“Il lato nascosto della Luna”). Infatti la Luna orbita attorno alla Terra, la quale, a sua volta, si muove attorno al Sole. Così come ogni parte della Terra viene illuminata dal Sole, anche tutta la superficie della Luna viene irraggiata dalla nostra stella. Dunque non esiste un lato oscuro della Luna, semmai ne esiste uno nascosto alla nostra vista. In effetti dalla Terra possiamo vedere solamente una metà della Luna, a causa di un effetto combinato tra i movimenti di rotazione e di rivoluzione del nostro satellite: la Luna ruota attorno a se stessa e allo stesso tempo il suo baricentro si muove attorno alla Terra. Il periodo di rotazione della Luna attorno a se stessa coincide con il periodo di rivoluzione della Luna attorno alla Terra e di conseguenza il nostro satellite ci rivolge sempre lo stesso emisfero. Si tratta di un fenomeno noto in Meccanica Celeste con il nome di risonanza mareale sincrona. In generale si parla di risonanza mareale [2] quando il rapporto tra il periodo di rivoluzione e quello di rotazione è pari ad un numero razionale di grado basso, cioè con numeratore e denominatore inferiori alla decina. Ben lungi dall’essere un fenomeno isolato, la risonanza sincrona rappresenta la norma piuttosto che l’eccezione tra i principali satelliti del sistema solare. Gli esempi sono tantissimi: i due satelliti di Marte, i satelliti galileiani di Giove, i maggiori satelliti di Saturno, Urano, Nettuno e Plutone (Figura 2). L’unico corpo celeste che si trova in risonanza mareale, ma non sincrona, è Mercurio (Figura 1): il doppio del suo periodo di rivoluzione attorno al Sole è pari al triplo del periodo di rotazione attorno a se stesso. Si parla in tal caso di risonanza mareale di ordine 3:2 e vuol dire che dopo 2 rivoluzioni attorno al Sole, Mercurio ha compiuto esattamente 3 rotazioni attorno a se stesso.

Alla luce di ciò che accade agli altri oggetti celesti viene spontaneo domandarsi come mai Mercurio si comporti diversamente. Quali sono i fattori che lo rendono differente dagli altri? Di sicuro una delle caratteristiche di Mercurio è l’eccentricità della sua orbita: mentre tutti gli altri pianeti ruotano su orbite quasi circolari, Mercurio si muove su un’ellisse piuttosto allungata. Tra i satelliti che si trovano in risonanza sincrona, non se ne osserva nessuno con un’eccentricità  paragonabile a quella di Mercurio. Anche le forze mareali giocano un ruolo importante nella selezione delle risonanze; infatti gli oggetti celesti non sono perfettamente rigidi e quindi sono soggetti ad una deformazione mareale. Sulla Terra si tratta di un fenomeno ben visibile, grazie al periodico cambiamento di livello degli oceani, che arriva a una ventina di metri a causa dall’attrazione combinata di Luna e Sole. Seppure di entità inferiore, anche la crosta terrestre si deforma per effetto della sollecitazione causata dall’attrazione lunisolare. Per i nostri scopi  è importante sottolineare che le maree provocano un attrito interno, che determina una dissipazione dell’energia meccanica del corpo celeste.

Abbiamo quindi trovato alcuni indizi, l’eccentricità o le maree, che possono contribuire a spiegare come mai Mercurio sia sfuggito alla risonanza mareale sincrona. Adesso bisogna intervenire con una teoria matematica che metta insieme tutti gli ingredienti per spiegare il comportamento anomalo di Mercurio. A questo scopo dobbiamo introdurre un modello matematico che descriva una buona approssimazione della realtà fisica. Cominciamo dall’orbita di Mercurio e supponiamo che sia un’ellisse perfetta – approssimazione usata da Keplero, valida nel modello semplificato in cui si considera solamente l’attrazione gravitazionale esercitata dal Sole. Per quanto riguarda la rotazione, assumiamo che Mercurio sia schematizzato come un ellissoide triassiale che ruota attorno ad un asse esattamente perpendicolare al piano dell’orbita. Infine, ipotizziamo che la dissipazione coincida con una forza che dipende linearmente dalla velocità di rotazione.

Questo sistema dinamico è descritto da un’equazione differenziale del secondo ordine relativamente semplice. Nel caso di Mercurio il contributo della dissipazione è molto piccolo. Inoltre, il pianeta si discosta leggermente da una forma esattamente sferica e questo significa che il corrispondente modello matematico rientra nella classe dei sistemi dinamiciquasi-integrabili con debole dissipazione. Infatti, l’attrito mareale causato dalla non completa rigidità del pianeta è molto debole; se lo trascuriamo otteniamo un sistema in cui si conserva l’energia meccanica. Se poi il pianeta fosse esattamente sferico, allora le equazioni differenziali che governano la sua dinamica sarebbero risolubili esattamente e si direbbe che il sistema dinamico è integrabile. Se invece consideriamo che Mercurio si discosta poco da una sfera, allora otteniamo un sistema quasi-integrabile, cioè non risolubile esattamente, ma molto vicino ad un sistema integrabile.

I sistemi dinamici quasi-integrabili con debole dissipazione mostrano diversi tipi di traiettorie; anzi, è più appropriato parlare di attrattori, ovvero di insiemi verso i quali evolvono alcune soluzioni del sistema dinamico dopo un tempo sufficientemente lungo. Nel nostro modello gli attrattori possono essere periodiciquasi-periodici o strani. Gli attrattori periodici si ripetono uguali a se stessi dopo un fissato intervallo di tempo, detto periodo. Invece, sulle traiettorie quasi-periodiche si ritorna indefinitamente vicino alla posizione di partenza ad intervalli regolari di tempo, sebbene non si torni mai esattamente sulla posizione iniziale. Infine, gli attrattori strani sono caratterizzati da una dinamica caotica e da una struttura frattale [5]. Nel caso delle risonanze mareali, un modo semplice per visualizzare la dinamica consiste nel disegnare la sezione di Poincaré. Si tratta di calcolare la soluzione del sistema di equazioni che governa il modello e di prendere le intersezioni con un piano fissato arbitrariamente. In questo modo possiamo visualizzare le traiettorie su un piano, che chiameremo sezione di Poincaré. Vediamo così che le traiettorie periodiche sono costituite da un numero finito di punti, gli attrattori quasi-periodici sono delle curve e gli attrattori strani sono degli oggetti piuttosto irregolari (Figura 3). Gli attrattori quasi-periodici sono molto utili, perché forniscono una fondamentale proprietà di stabilità, giacché dividono la sezione di Poincaré in due parti che non possono comunicare tra loro. Infatti, non è possibile attraversare un attrattore quasi-periodico, perché si tratta di un insieme invariante attrattivo e se ci capitiamo sopra, ci rimaniamo per sempre.

L’esistenza degli attrattori quasi-periodici può essere dimostrata tramite un importante risultato matematico, noto cometeorema KAM [1], laddove l’acronimo proviene dal nome dei tre matematici (Figura 4) che hanno dimostrato il teorema: A.N. Kolmogorov (1903-1987), V.I. Arnold (1937-) e J. Moser (1928-1999). Il teorema venne enunciato originariamente per il caso in cui non si considera l’effetto della dissipazione, ma il risultato è stato esteso in [3] al problema delle risonanze mareali con dissipazione. Il teorema afferma che esiste un attrattore quasi-periodico per opportuni valori dei parametri, in particolare dell’eccentricità orbitale, dello schiacciamento dell’ellissoide e della taglia della dissipazione.

Cosa c’entra Mercurio con gli attrattori quasi-periodici? Variando l’eccentricità si ottengono diversi attrattori; l’eccentricità attuale di Mercurio, e=0.2, è compatibile con l’esistenza di un attrattore al quale corrisponde un rapporto tra i periodi di rivoluzione e di rotazione pari a 1.26. In altre parole, la versione dissipativa del teorema KAM consente di dimostrare matematicamente l’esistenza di attrattore quasi-periodico con rapporto tra i periodi pari a 1.26. Siccome abbiamo imparato che l’attrattore quasi-periodico non si può attraversare, nel nostro modello Mercurio non potrà evolvere verso la risonanza sincrona, la quale corrisponde ad un rapporto tra i periodi di rivoluzione e di rotazione uguale ad 1. La risonanza mareale di ordine 3:2 corrisponde invece ad un’eccentricità più elevata, precisamente pari a e=0.28. Questo valore è compatibile con la storia evolutiva di Mercurio [4], che ha portato a notevoli escursioni dell’eccentricità orbitale a causa delle perturbazioni gravitazionali generate dagli altri pianeti.

In conclusione, grazie al teorema KAM e agli attrattori quasi-periodici abbiamo una valida spiegazione del motivo per cui Mercurio non sia evoluto verso la risonanza sincrona, ma rimane ancora un lato oscuro della faccenda, vale a dire come mai Mercurio è rimasto intrappolato proprio nella risonanza 3:2. Forse un titolo veramente appropriato sarebbe stato: “The dark side of Mercury”.

 

di Alessandra Celletti

Alessandra Celletti è professore associato di Fisica Matematica – Meccanica celeste al Dipartimento di Matematica dell’Università di Roma Tor Vergata. Uno dei suoi campi di ricerca è quello della Dinamica dei sistemi e loro applicazioni.

 

 

 

 

 

[1] Vladimir I. Arnold (editor), “Encyclopaedia of Mathematical Sciences”, Dynamical Systems III, Springer-Verlag 3 (1988)

[2] Alessandra Celletti, “Stability and Chaos in Celestial Mechanics”, Springer-Praxis XVI (2010)

[3] Alessandra Celletti, Luigi Chierchia, “Quasi-periodic attractors in Celestial Mechanics”, Arch. Rat. Mech. Anal. 191: 311-345 (2009)

[4] Alexander C.M. Correia, Jacques Laskar, “Mercury’s capture into the 3/2 spin-orbit resonance as a result of its chaotic dynamics”, Nature 429: 848-850 (2004)

[5] David RuelleFloris Takens, “On the nature of turbulence”, Comm. Math. Phys. 23: 343-344(1971)
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FIGURA 1: Luna (cortesia NASA) e Mercurio (cortesia NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington).

 

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FIGURA 2: Phobos, satellite di Marte, Giove e i satelliti galileiani, Saturno e alcuni suoi satelliti (cortesia NASA).

 

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FIGURA 3: Attrattori periodici, quasi-periodici e strani.

 

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FIGURA 4: A.N. Kolmogorov, V.I. Arnold, J. Moser.

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