Questo mese, un’intervista tripla. Perché sono tre i Rudi Mathematici, Alice, Piotr e Rudy, che la comunità degli amanti dei giochi matematici ben conosce, grazie al loro sito http://www.rudimathematici.com/ e grazie allo spazio che si sono conquistati su una rivista importante come Le Scienze.
Apparso originariamente il 20/10/2010
Perché mai, se vi piace tanto la matematica, non avete fatto i matematici e anzi non siete nemmeno laureati in matematica? Una passione tardiva o un voluto distacco (del tipo, mi avvicino, ma non troppo per mantenere una mia identità)?
R) Perchè da piccolo mi piaceva la fisica e vedevo la matematica solo come strumento; successivamente, ho continuato a vederla come strumento (per divertirmi).
P) E chi ce l’avrebbe fatta a laurearsi in matematica? Con la fatica fatta per prendere una laureetta in fisica… Okay, more seriously: la fisica, a suo tempo, aveva un fascino particolare, da “ultima frontiera”. Come tale, era buona sola per gli eroi veri, e non per le mezze calzette come me. La matematica ha quasi lo stesso difetto, ma in compenso ha il vantaggio che ci si può giocare, cosa che con la fisica è più difficile fare: non impossibile, no; ma più difficile sì.
A) Effettivamente la facoltà di matematica era la mia prima scelta alla fine del liceo, ma mia madre (che ha una laurea in matematica e ha fatto la prof di matematica e fisica tutta la vita), ha provato a convincermi a seguire la sua strada, così sono diventata un’ingegnere. Un po’ di matematica la si studia lo stesso, ma l’idea era di trovare un lavoro, cosa non facilissima per la mia generazione…
Com’è nata l’idea di mettere su questo gruppo di… appassionati? Quali erano i vostri obiettivi, inizialmente? Vi sareste mai immaginati il successo
che avete avuto?
R) Nasce dal “Problema senza parole”: tutta la storia sul sito. Inizialmente, i nostri (di Rudy, che faceva tutto) obiettivi erano di divulgare un po’ di matematica ricreativa. I primi numeri sono sostanzialmente scopiazzature dei problemi di Martin Gardner. Mi aspettavo che la rivista durasse a lungo (sono un tizio testardo), ma mi aspettavo al più un centesimo dei lettori attuali.
P) Chiedere a Rudy, l’idea è stata sua, anche se inoculata da un dialogo con Alice. Obiettivi iniziali: nessuno, e credo che la cosa valga anche per lo stesso padre fondatore e per Alice. Prefigurazione del successo? Neanche lontanamente. A dirla tutta, non lo prefiguro neanche adesso che non fa più parte dell’insieme “previsioni”.
A) Mah, è tutta colpa di Rudy. E non gli credete quando dice che ho contribuito, è veramente solo colpa sua. E il successo forse lui se lo immaginava, io mi stupisco ancora adesso…
R) Ringrazio per il volermi attribuire merito e colpe, ma senza questi due loschi figuri RM sarebbe restato un paio di paginette con una ventina di lettori e, probabilmente, una periodicità descrivibile solo come “saltuaria”.
Sappiamo che per vivere fate altri mestieri. Avete mai pensato di mollare tutto e fare i Rudi a tempo pieno (indipendentemente dal fatto che sia o meno possibile)?
R) Se è un’offerta di lavoro, consideratela già firmata.
P) Facciamo già i Rudi a tempo pieno. Gli altri mestieri sono furti continuativi perpetrati ai danni dei nostri datori di lavoro. La risposta è meno scherzosa di quel che potrebbe sembrare: del resto, la domanda non è proprio proponibile, perché è disinnescata dal contenuto delle parentesi.
A) Per carità, non lo dite ai nostri datori di lavoro. Se ce ne andiamo potrebbero accorgersi che non abbiamo mai fatto veramente altro…
OK, terremo il segreto. Forse lo abbiamo letto da qualche parte, ma lo abbiamo dimenticato, ma perché “Rudi”?
R) Perchè i primi numeri erano scritti tutti da Rudy, che scimmiottava nel titolo i “Ludi Mathematici”. All’inizio era “Rudy Mathematici”, poi visto che la componente Rudy rappresentava solo un terzo della Redazione, si è optato per “Rudi Mathematici”. Il che aggiunge un gioco di parole a quello già presente.
P) Ragione numero uno: perché Rudy si chiama davvero Rudy, e ha chiamato la rivista egocentricamente Rudy Mathematici. Ragione numero due: perché Leon Battista Alberti ha scritto “Ludi Mathematici”, e Rudy ha voluto dottamente fare un omaggio al grande saggio. Ragione numero tre: perché quando Rudy non è stato più solo, il cambio”Rudy-Rudi” ha palesato il passaggio da singolare a plurale. Ragione numero quattro: perché la nostra maniera di trattare la matematica è decisamente un po’ “rude”. Ragione numero cinque: no, basta, proseguite da soli…
A) Che rispondo a fare? Lo faranno già con dovizia di particolari gli altri due…
In effetti. E (una domanda facile, ma ci piace insistere su questi dettagliucci) da dove vengono i vostri soprannomi? Ma perché dei soprannomi?
R) Il mio nasce dal fatto che mi hanno sempre chiamato Rudy (mi chiamo Rodolfo); la seconda parte nasce dal fatto che la mia risposta al “Problema senza parole”, normalmente liquidata nella frase “non è un triangolo”, andava avanti per tre pagine scritte fitte, peggio di un articolo di enciclopedia. E siccome d’Alembert mi era più simpatico di Diderot, la scelta era obbligata.
P) Se è facile, quasi quasi non rispondo… Ok, Rudy d’Alembert si fa chiamare così da prima della nascita di RM; Alice Riddle richiama la Alice Liddell di Lewis Carroll e il gioco di parole riddle=indovinello; Silverbrahms è costruito a tavolino come gioco per i lettori: la domanda era “A quale matematico si è ispirato Piotr per la scelta del suo nome?” e la risposta era Goldbach (per modestia, l’oro di Gold era declassato in Silver, e il genio di Bach declassato a quello di Brahms). Soprannomi? Quali soprannomi? I nostri sono allonimi (e solo i migliori dizionari riportano il termine). C’era un periodo in cui ogni cosa scritta per Internet veniva scritta tramite nickname, e noi non potevamo essere fuori regola. E poi ci vergognavamo: eravamo certi che prima o poi qualcuno si sarebbe accorto di quanta poca matematica sapevamo, e temevamo che saremmo stati sepolti dalle risate di scherno. Quindi, meglio proteggersi, no?
A) Anche qui, prefiguro fiumi di parole dai due ciarlieri. Quindi taccio.
Plaudo alla saggezza di Alice, che mi dà il tempo di cercare ‘allonimi’ sui migliori dizionari. Chi è il vostro pubblico? Che tipi sono? Che tipi curiosi ci sono?
R) Colleghi di lavoro “dall’altra parte della realtà”, amici di Piero, amici di amici, gente che ci ha trovato in rete… non abbiamo mai stampato manifesti pubblicitari (se si esclude una comparsa alla Sagra del Pesce Algebrico con tre magliette a tema… ma questa è un’altra storia).
P) Professori, studenti, cuochi, pensionati, normalisti, casalinghe, matti. Tanto per dire, siamo stati presentati al nostro editore – cheè il libraio più vicino alla nostra ex-facoltà – da un poeta pugliese che abita a milleduecento chilometri sia da noi che dall’editore. E salvo poche eccezioni, sono tutti più bravi di noi in matematica.
A) Per fortuna i nostri lettori sono veramente di ogni tipo, e ne andiamo orgogliosi, anche se quelli che amiamo di più sono giovani, giovanissimi, studenti liceali che – semplicemente e malgrado il sistema scolastico – amano la matematica. Alcuni, mentre RM cresceva, sono andati in posti che noi nemmeno ci sogniamo, come la Normale, e hanno addirittura detto in giro che li abbiamo ispirati noi. Niente male, per dei non matematici, no?
Come mai, in un momento in cui la scrittura e la divulgazione tendono a un notevole minimalismo (ok, la scrittura forse non sempre), il messaggio deve essere veloce, immediato, non c’è mai tempo per approfondire, voi fate la scelta contraria di scrivere senza nessuna economia di mezzi? (e qui non potete rispondere “perché appunto la scrittura e la divulgazione tendono a un notevole minimalismo, allora noi facciamo diverso”. Ci piacerebbe insomma sapere qualche cosa sulla vostra filosofia di scrittura, anche se lo so che sembra come quando uno spiega una barzelletta).
R) Contesto il “senza nessuna economia di mezzi”: a me basta un laptop, la mia libreria e una connessione in rete (pipa e birra, OK…). A meno che con questo si intenda che quello che scriviamo non è immediato come un blog, nel qual caso sono d’accordo. Ma quando siamo nati, “blog” non significava nulla. La scelta di fare una “rivista” (elettronica, OK, ma sempre rivista) nasce dal fatto che inviandola via e-mail (tutta la rivista, non il link!) contavamo come “lettori” tutti i destinatari, senza dover consultare frustranti statistiche di download.
P) Questa è davvero una bella domanda. Probabilmente la risposta non sarà altrettanto bella, ma innanzitutto meritate i complimenti per averla fatta. La verità, probabilmente, è che la scelta non è stata consapevole: gli articoli lunghi, lenti e divaganti che aprono e chiudono la rivista – per non parlare della parte più estesa di RM, le Soluzioni & Note – nascono così perché così sono fatti gli autori, probabilmente, senza alcuna decisione editoriale dietro. Quello che è stato consapevole fin dall’inizio, e che probabilmente è stata la vera scelta vincente e originale (e che forse è almeno in parte in grado di rispondere indirettamente alla domanda) è stata la volontà di scrivere una “rivista”. Non una mailing-list, non un newsgroup, non un forum, non un sito, e neanche un blog, anche perché nel 1999 ancora non esistevano. E anche questa è stata una decisione fortemente voluta dal padre fondatore, Rudy.
A) Quello a cui tende il resto del mondo non ci riguarda veramente, noi scriviamo quello che ci piace e ci diverte, e visto che piace e diverte anche qualcun altro, va bene così. Siamo fuori moda? Va bene lo stesso. Siamo in controtendenza? Non l’abbiamo fatto apposta, veramente!
R) Giusto per essere in controtendenza anche al nostro interno: non è vero, l’abbiamo fatto apposta. Una rivista ti costringe a scrivere qualcosa entro una certa data, con il blog (checché ne dica Alice, che cerca di inoculare in noi una parvenza di puntualità in merito) rimandi sempre a domani…
Avete velleità narrative
? E’ in cantiere qualche romanzo Rude
?
R) Ha-Hehm… E fare qualche ricerca, prima di fare certe domande? 🙂 P) Se avete bisogno di domandarlo, significa che non siamo stati ancora abbastanza bravi a palesarlo. Sì, certo, narrare ci interessa e ci piace. Tutti i nostri articoli hanno una componente narrativa, in fondo, anche quelli più tecnici: e il nostro secondo libro “Rudi Ludi”, è almeno per metà un romanzo.
A) Vergogna, non avete letto i nostri libri. Adesso ci tocca mandarvene una copia gratuita per farvela recensire… Tutti e tre abbiamo cominciato da bambini a sognare di diventare scrittori, per cui perdonateci se abbiamo avuto delle manie di grandezza. Il primo libro (Rudi Simmetrie) era quasi un gioco, ed ha vinto il Premio Peano per i giovani (?!?!), il secondo parlava di teoria dei giochi e ci ha fatto sudare talmente tanto che probabilmente non ne scriveremo mai un altro. Ma con noi non si può mai sapere, noi stessi non sappiamo quello che facciamo finché non l’abbiamo fatto.
R) Comunque i due letterati qui sono Alice e Piotr. Hanno scritto un romanzo breve per conto loro, qualche anno fa.
Ehm. Ma no, cosa avete capito. Li abbiamo letti, li abbiamo letti. Volevamo solo scoprire se eravate permalosi, ehm. Cambiando discorso: qual è la cosa che vi piace di più nella matematica? E di meno?
R) Il meglio: “La formula di Taylor è stata creata da Dio il settimo giorno” (Prof. Sciuto, Istituto Fisico di Torino); la Teoria dei Numeri, se me la spiega Manfred Schroeder; le equazioni differenziali sono lì come la Divina Commedia: uno dice sempre che vuole rileggerla, ma non lo fa mai.- Il peggio: La trigonometria, ma solo perché me l’hanno spiegata male.
P) La sua capacità di stupire. Meglio, la sua capacità di mostrare che cose apparentemente diversissime sono descrivibili dallo stesso pattern strutturale. Probabilmente questo significa che la maniera ultima, definitiva che abbiamo per capire le cose – il mondo, tutto – è matematica. La cosa che mi piace di meno della matematica è che non sono bravo in matematica. E non è falsa modestia.
A) Il meglio: la matematica è bella. Non c’è molto altro da dire, è semplicemente bella, anche quando non si capisce. – Il peggio: il modo in cui è insegnata e percepita, mi fa venire veramente il nervoso.
R) Questi due, piuttosto che esprimere un’opinione circostanziata, si fanno chiudere nella scatola col gatto di Schroedinger.
Timothy Gowers (Fields medal) ha scritto recentemente che i matematici si dividono in due categorie: quelli che fanno teorie (Gromov) e quelli che risolvono problemi (Erdos). Anzi ha detto che ogni matematico fa l’una e l’altra cosa, ma spesso una delle due domina. Voi sembrate appartenere alla seconda categoria. Ma, secondo voi, è vera questa cosa che dice Gowers, o ci sono altri tipi di matematici? R) È una bella teoria, ma anche rispondere è un bel problema…:-). Ma costruire una teoria, non equivale a risolvere una serie di problemi uno dietro l’altro? Quindi, forse è solo una frase che non significa niente.
P) E’ possibile che Gowers abbia ragione, ma solo limitatamente ai matematici professionisti. Se si allarga la definizione anche a chi si limita ad apprezzare la matematica, ogni suddivisione si frantuma. E’ un po’ come dire che i calciatori si dividono in difensori, centrocampisti e attaccanti, il che può andar bene, specialmente se si accetta anche la possibilità che un giocatore può essere un po’ tutte e tre le cose assieme: ma se si cambia il termine “calciatori” con “appassionati di calcio”, tutta la costruzione esplode: lì si trovano attaccanti, difensori, centrocampisti, allenatori, giornalisti, ultras, tifosi, simpatizzanti, strilloni, critici, barbieri, baristi… tutto.
A) Noi non siamo matematici, per cui non apparteniamo a nessuna delle due categorie. Però diciamocelo, le categorie per le persone non esistono. La maggior parte dei matematici sono anche artisti, poeti, sognatori, e tante altre cose, oltre a semplicemente persone. E far rientrare una persona in una categoria è proprio difficile.
Qual è il vostro problema preferito? E il più sorprendente? Credete che la proposizione di problemi, magari intricati, ma risolvibili senza grosse competenze matematiche, aiuti le persone ad avvicinarsi alla matematica? R) Il mio problema preferito è quello degli aeroplanini: facilissimo da statuire, ma risolverlo… Il più sorprendente (se si escludono i Q&D) quello del momento d’inerzia del Triangolo di Sierpinsky. Come fa, un coso di quel genere, ad avere un MdI????
P) Le due qualità, nel mio caso, coincidono; nel senso che un problema mi piace soprattutto se mi sorprende. Ma è difficile capire perché uno trovi “sorprendente” un problema; in molti casi, ciò che sorprende alcuni non sorprende affatto altri. Da questo punto di vista, sono sorprendenti molti problemi di probabilità, come quello di Monty Hall. Ma anche dei “non-problemi”, come il calcolare pi-greco con l’ausilio di una giornata di pioggia e di un quadrato di cartone su cui è disegnato un quarto di cerchio, non sono male. Sull’avvicinamento alla matematica tramite problemi attraenti, direi di sì, ma sotto la condizione della giovane età dei destinatari: credo che quasi tutti i matematici contemporanei siano cresciuti con Martin Gardner, ma credo anche che chi incontra per la prima volta la “matematica divertente” dopo i trenta non andrà oltre un sorriso temporaneo.
A) I problemi che mi piacciono di più sono quelli che so risolvere 🙂 – Va beh, più seriamente, i problemi migliori sono quelli che hanno a che fare con la nostra vita di tutti i giorni (cioè praticamente tutti). Trovo particolarmente incredibile il fatto che imparare ad analizzare un problema o una situazione possa essere applicato a quasi tutte le attività che svolgiamo ogni giorno, dal fare la spesa al leggere i giornali, insomma, dal momento in cui ci svegliamo al mattino finché non torniamo a letto.
R) Per quanto riguarda i problemi risolvibili “senza grosse competenze matematiche”, credo di no Sembra che l’idea stessa di “pensare matematico” sia rifiutata dalle persone che vanno avvicinate alla matematica.
Cosa pensate del sistema
divulgazione della matematica attraverso le sue applicazioni (ossia quello che stiamo seguendo noi di Maddmaths!)? (N.B.: potete anche rispondere che non vi piace, alla peggio cassiamo la risposta… 😉 ) R) Cercando di diffondere la matematica attraverso la sua applicazione alla ricreazione, tutto il bene possibile. A parte alcune scontate battute sulla concorrenza…
P) Tutto il meglio possibile. Dovrebbe servire a mostrare la natura multiforme della matematica, la sua capacità di descrivere il mondo a prescindere dalla sottosezione del mondo preso in considerazione. E poi, diamine, visto che il maggior numero di applicazioni sono fisiche, si riesce anche a veicolare il fascino della nostra amata fisica. C’è solo un rischio: quello di intendere la matematica esclusivamente come strumento a disposizione delle altre scienze; invece io credo che la matematica abbia diritto all’esistenza anche senza il resto del mondo. Ma è un rischio assai piccolo, ampiamente compensato dai vantaggi che una simile divulgazione può portare.
A) Ogni sistema di divulgazione della matematica è buono, far capire che la matematica serva a qualcosa è probabilmente utile. Anche se bisogna saperlo, che quando la si scopre la prima volta non serve proprio a niente.
R) Per rifarmi a quello che dicevo alla fine della domanda precedente, credo che fornire a chi non piace la matematica delle soluzioni (trovate da altri) sia decisamente meglio che crear loro dei problemi (che devono risolversi). Per restare nel nostro orticello, credo avvicinino molto di più alla matematica rubriche come i compleanni dei matematici o le spiegazioni (in modo “rude”) di concetti, che i problemi proposti.
Cosa avete in serbo per il futuro? Qualche nuovo progetto dei Rudi Mathematici?
R) Nuovi progetti: solo se ci accettano la domanda per le giornate di 48 ore.
P) Il progetto principale è quello di rimanere vivi, nonostante gli impegni.
A) Progetti? Ma siete matti? Li scrivete voi tutti gli articoli per RM e LeScienze, raccogliete le soluzioni, rispondete alle mail, impaginate gli articoli? Per il momento, il progetto più grande è di non smettere di fare quello che già facciamo…