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Questo mese visitiamo il campus dell’americana Penn State University insieme a Carlotta Donatello, e scopriamo quante affinità abbia con Paperopoli…

 

L’11Aprile 2006 ho messo piede per la prima volta sul suolo americano. Lo scopo del viaggio era incontrare il mio relatore, che si era trasferito alla Penn State l’anno prima e che non vedevo da circa sei mesi. Non avevo raccolto informazioni dettagliate sul posto, sapevo solo che ero arrivata in una cittadina molto piccola che non compare in nessuna guida italiana dell’ east coast. In effettiState College (home della Penn State University) non ha interesse turistico se non come esempio perfetto dicollege town (ma proprio per questo vale la pena visitarla se si è nei paraggi).

 

A fronte di oltre 44.000 iscritti all’università, la popolazione residente di State College è di appena 35.000 unità. Da Googlemap è facile accorgersi della sproporzione tra l’area residenziale della città e il campus. Scoprire a 26 anni di essere ben oltre l’età media della popolazione è stato un po’ un trauma e capisco che molti dei miei amici che hanno fatto il dottorato lì si siano sentiti prigionieri di questo“paradiso per undergraduate”. Tuttavia, la qualità della ricerca scientifica, l’eccellente amministrazione e la tranquillità del luogo fanno di Penn State una meta perfetta per una visita di qualche mese. In fondo New York ePhiladelphia sono a poche ore di macchina!

 

Alcuni edifici nel campus, tra cui il dipartimento di matematica, sono stati costruiti poco dopo la fondazione dell’università (1855), mentre altri sono recentissimi, come la sede della nuova Scuola di Legge (2008). L’insieme tuttavia non è troppo disarmonico anche perché tra un edificio e l’altro vi sono grandi spazi verdi progettati e mantenuti con grandissima cura (la varietà di fiori e arbusti locali è molto interessante di per sé). Quasi tutte le case vicino al campus sono villette di legno circondate da un giardinetto e si vedono ovunque scoiattoli e chipmunk (puzzole e orsetti lavatori sono più rari). Il mio primo viaggio negli States non avrebbe potuto portarmi in un luogo più vicino a Paperopoli (almeno per come me la immagino io) e ne sono stata subito affascinata.

2 Il dipartimento di matematica si trova nel MacAllister Building, un edificio massiccio su quattro piani, costruito nel 1905 per ospitare una residenza universitaria. Nel seminterrato si trova il Pritchard Fluid Mechanics Laboratory, uno dei pochissimi laboratori sperimentali interamente gestiti da un dipartimento di matematica. Nel sito web del laboratorio sono disponibili alcune immagini interessanti sulla propagazione di wavepatterns in una e due dimensioni spaziali.

Al piano terra, al posto d’onore davanti all’ingresso principale, è esposta una grande scultura d’acciaio, l’octacube, ideata daAdrian Ocneanu. L’octacube è, per quanto ne so, l’unica scultura al mondo studiata per rappresentare un oggetto a quattro dimensioni spaziali. Il dipartimento conta una settantina di membri permanenti e c’è una grande varietà di temi di ricerca sia in matematica pura che matematica applicata. Ci sono sempre moltissimi visitatori e l’ambiente è molto aperto e vivace.

1 L’esperienza positiva alla Penn mi ha incoraggiato a cercare un post-doc negli Stati Uniti, e adesso ho un posizione di tre anni alla NorthwesternUniversity (Chicago). I miei colleghi americani coltivano un grande attaccamento per l’università in cui hanno studiato e visto che per loro Padova e Trieste erano posti lontani e poco familiari, hanno preferito che io venissi dalla Penn. Devo ammettere che nel tempo anch’io misono convinta di questa scelta, cosa provata anche dal fatto che nella mia ultima visita (dicembre 2009) ho comprato il copri-divano con i colori ufficiali della locale squadra di football.

Familiari e amici sono rimasti inorriditi, ma la squadra di football, i Nittany Lions, è veramente fortissima, conosciuta e amata in tutti gli Stati Uniti. Molti italiani che visitano Penn State tornano a casa dicendo che lo stadio dell’università è più grande di San Siro e poi, intimiditi dagli sguardi scettici degli amici, aggiungono che “così hanno sentito dire”. La verità è che il Beaver Stadium è il terzo stadio più grande del mondo, secondo solo a quelli di Pyonyang in Corea del Nord e di Kolkata in India, e ha 107.282 posti. Trovo questi numeri talmente sconcertanti da meritare un copri-divano e forse anche un posto in una guida turistica, dopo tutto.

 

 

di Carlotta Donatello

 

 

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