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Esiste un sistema di voto ottimale, resistente a strategie di manipolazione, in grado di garantire la fedele espressione della volontà popolare? A queste domande cerca di rispondere questo articolo di Rémi Peyre, apparso sul sito di Images des Mathématiques, nella traduzione di Elena Toscano.

(link articolo originale: http://images.math.cnrs.fr/La-quete-du-Graal-electoral.html)

Matematica della democrazia, III

Il Santo Graal elettorale

Alla ricerca del metodo di voto ottimale

Rémi Peyre

Docente presso l’Ecole des Mines de Nancy

In due articoli precedenti (qui: http://images.math.cnrs.fr/La-democratie-objet-d-etude.html e qui: http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html, di seguito rispettivamente indicati con “La democrazia oggetto di studio” e “E il vincitore del secondo turno è…” NdT), ho presentato le domande matematiche sollevate dalla questione della democrazia, in particolare ci si chiede se sia possibile trovare un metodo elettorale che dia una rappresentazione fedele della preferenza collettiva a partire dalle preferenze individuali anche quando gli elettori sono pronti a elaborare delle strategie di voto non sincero per far trionfare ciascuno il proprio candidato preferito. Nel primo articolo abbiamo mostrato che non vi può essere alcun metodo che risulti ideale sotto tutti i punti di vista e nel secondo articolo si è cercato di fornire comunque un criterio per distinguere quali metodi risultano migliori di altri.

Tuttavia, non abbiamo ancora veramente risposto alla domanda fondamentale: qual è il metodo elettorale che, anche se non perfetto, è il migliore di tutti — almeno secondo determinati criteri —? A questa domanda ci proponiamo qui di rispondere, chiudendo la nostra serie di articoli.

Presenteremo tre metodi elettorali specifici inventati dai matematici nel corso degli ultimi decenni, ciascuno dei quali è stato concepito per essere ottimale sotto un certo punto di vista. Dopo un paragrafo introduttivo che ri-spiega la problematica generale di questa serie di articoli sulla “matematica della democrazia”, tre paragrafi indipendenti saranno dedicati rispettivamente ai diversi metodi che sono oggetto di questo articolo: il voto per approvazione (o voto per consenso), il giudizio maggioritario, e il veramente sorprendente voto «bipartiludico».

 

Introduzione

Problema: «La volontà del popolo», di che si tratta?

(Il presente paragrafo ritorna brevemente su alcune questioni discusse nel primo articolo della serie “La democrazia oggetto di studio”, al quale il lettore curioso può fare riferimento per ulteriori dettagli).

 

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Dagli «io» al «noi»

Allegoria della volontà del popolo.

Esponiamo ora la problematica in cui si inscrive questo articolo.

Il principio fondamentale della democrazia è che lo Stato deve seguire la volontà del popolo. Ma i diversi individui che compongono il popolo, ovviamente, non sono in genere d’accordo tra loro … Per conoscere la volontà popolare, si devono dunque consultare i cittadini “in modo indiretto” attraverso un processo elettorale, in cui ciascuno indica le proprie preferenze tra le diverse opzioni (o alternative) tra cui si tratta di scegliere (ad esempio, l’approvazione o meno di una legge, la scelta di un presidente, la pena inflitta a un imputato, etc.). Ma anche così, cosa significhi esattamente l’espressione «volontà del popolo» non è chiaro: qual è il modo “giusto” per aggregare le preferenze individuali di ciascun elettore in modo da farne emergere una preferenza collettiva? Spesso si sente dire che «è la maggioranza che deve prevalere», ma questa regola della maggioranza nasconde tre insidie:

  1. innanzitutto, non è chiaro se questa regola sia veramente equa: quando il 51% dei cittadini è “decisamente a favore” di una legge e il 49% è “decisamente contro”, la volontà del popolo è davvero a favore della legge? (vedi anche l’articolo “E il vincitore del secondo turno è…”);
  2. d’altra parte, questo principio della maggioranza non può funzionare bene che nel caso di un referendum, dal momento che vi sono almeno tre opzioni concorrenti, è evidentemente possibile che nessuno dei tre ha ottenga la preferenza dal 50% degli elettori;
  3. peggio ancora, questo principio a volte culmina in decisioni contraddittorie: può accadere che un’opzione X sia preferita a maggioranza rispetto ad un’altra opzione Y, a sua volta preferita a maggioranza rispetto ad un’altra opzione Z, e pertanto Z è preferita a maggioranza rispetto ad X! (questo si chiama «paradosso di Condorcet», vedi anche l’articolo “La democrazia oggetto di studio”).

 

In verità, solidi argomenti filosofici e matematici suggeriscono che la migliore definizione della volontà del popolo sarebbe senza dubbio scegliere l’opzione che massimizza la “felicità totale” apportata alla popolazione. Ciò corrisponderebbe ad un sistema elettorale in cui ogni elettore assegna alle diverse opzioni dei “punteggi” indicanti “quantità di felicità” che le varie opzioni gli apporterebbero rispettivamente, e in tal caso viene dichiarata vincitrice l’opzione che ottiene il miglior punteggio totale (vedi anche l’articolo “La democrazia oggetto di studio”) . Chiameremo questo sistema elettorale metodo utilitaristico [1].

 

Tuttavia il grosso neo del sistema elettorale utilitaristico risiede nel fatto che è facile per gli elettori barare dichiarando dei punteggi che non corrispondono alla loro reale opinione per amplificare l’impatto del loro voto personale.

Immaginiamo per esempio una situazione molto semplice in cui due elettori A e B devono entrambi dare un punteggio tra 0 e 20 a due opzioni X e Y. L’elettrice A, che ama X ma non del tutto Y, dà un punteggio di 15 a X e di 2 a Y. L’elettore B, dal canto suo, preferisce Y a X ma tollererebbe questa ultima opzione: se mettesse i suoi punteggi con sincerità, darebbe 11 a X e 17 a Y. «Tuttavia» – si dice B (che conosce le preferenze di A) – «in questo modo sarà l’opzione X ad essere scelta con 26 a 19 … mi conviene barare esagerando le mie preferenze: se do 0 a X e 20 a Y, il punteggio totale diventerà di 15 a 22, ed è la mia scelta Y che vincerà!». Questo è il cosiddetto problema della manipolabilità (vedi anche l’articolo “La democrazia oggetto di studio”) ed è un problema serio perché non vi è dubbio che un buon numero di elettori non esiterebbe a trarre in inganno il sistema a suo favore se può farlo!

 

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Una falla nel sistema…

Allegoria della manipolazione di un sistema elettorale.

 

Scopo di questo articolo

Un buon metodo elettorale non deve solo dare un quadro preciso della preferenza collettiva, ma anche essere fatto in modo che sia difficile da manipolare. Nell’articolo “La democrazia oggetto di studio” è stato dimostrato che è matematicamente impossibile trovare un metodo che è perfetto sotto entrambi i punti di vista contemporaneamente (vedi qui: http://images.math.cnrs.fr/La-democratie-objet-d-etude.html#TheoremeDeGibbardSatterthwaite).

Tuttavia, esiste un compromesso ottimale, un metodo che sarebbe l’unico a soddisfare un certo elenco di proprietà desiderabili?

Numerosi esempi di metodi elettorali sono già stati presentati nei due articoli precedenti; e alcuni di essi sembrano particolarmente “ragionevoli”, come il metodo Schulze (vedi qui: http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html#MethodeSchulze). Il nostro scopo non è quello di criticare questi metodi ma, semplicemente, di presentarne di nuovi ai quali non si sarebbe necessariamente pensato a prima vista ma che comunque hanno notevoli vantaggi matematici. Divideremo questo articolo in tre parti indipendenti, ciascuna dedicata a un determinato metodo: rispettivamente il voto per approvazione, il giudizio maggioritario, e il voto «bipartiludico». Notate che questi metodi sono tutti e tre d’invenzione  recente, dal momento che nessuno di essi ha più di quaranta anni!

Il voto per approvazione

Preambolo: manipolazione del voto utilitaristico

Abbiamo detto nell’introduzione che, se tutti gli elettori fossero perfettamente onesti, il metodo elettorale ideale sarebbe quello utilitaristico, in cui ogni elettore dà un punteggio alle diverse opzioni (per esempio tra 0 e 20) e in cui l’opzione vincitrice è quindi quella che ottiene il totale più alto. Ma abbiamo anche detto che sarebbe facile per un elettore disonesto manipolare tali elezioni, amplificando le sue reali preferenze… L’idea che seguiremo in questo paragrafo è quella di esaminare, con precisione, cosa accadrebbe col voto utilitaristico se tutti votassero strategicamente!

Per massimizzare l’impatto del suo voto alle elezioni, un elettore manipolatore ha interesse a distanziare il più possibile i suoi voti dando solo i punteggi di 0 e di 20 alle diverse opzioni. Ciò è evidente quando non vi sono che due opzioni concorrenti; e se vi sono più di due opzioni, ci si può sempre ricondurre più o meno caso binario: perché se il numero dei votanti è molto grande, la voce di un singolo elettore non può in generale per nulla cambiare il risultato delle elezioni; a limite, se entrambe le opzioni arrivate in testa hanno punteggi molto ravvicinati, la voce di un elettore può fare oscillare il risultato dall’una all’altra — nel qual caso ci si è ridotti al caso di due opzioni —; ma per avere in realtà tre o più opzioni da considerare, sarebbe addirittura necessario che fossero le tre opzioni arrivate in testa ad avere punteggi molto ravvicinati, cosa che è così improbabile da poter ritenere che non accada mai! L’argomento di cui sopra non è del tutto rigoroso, ma è comunque possibile dimostrare il seguente teorema:

Teorema

Se tutti gli elettori hanno votato e resta solo l’ultimo elettore a dover dare i suoi punteggi, allora il miglior risultato (ai suoi occhi) che questo elettore possa sperare può ancora essere raggiunto dando solo punteggi di 0 e di 20.

Dimostrazione

Non dimostrerò questo teorema qui, dal momento che la prova è la stessa di quella del Teorema di robustezza alla falsità del voto per approvazione che vedremo un po’ più avanti: bisognerebbe dimostrare che quando i punteggi sono liberi tra 0 e 20, la strategia ottimale dell’ultimo elettore consiste nel dare il punteggio di 20 all’opzione preferita tra quelle che hanno ancora una possibilità di vincere, di dare anche 20 a tutte le opzioni che gli piacciono ancora di più, e dare 0 a tutte le altre opzioni.

Il sistema di voto per approvazione

L’idea alla base del metodo di voto per approvazione è semplicissima: per evitare lo sviluppo di strategie ingannevoli tra gli elettori, sono permessi a tutti solo i punteggi di 0 e di 20, cosa che taglierebbe le gambe ai manipolatori! Dato che non ci sono che due punteggi, ha più senso di rinominarli «contro» e «per/a favore», dando il seguente sistema elettorale:

Definizione (Voto per approvazione)

Nel metodo del voto per approvazione, ogni elettore vota «per» o «contro» ciascuna opzione, in modo indipendente per ciascuna opzione (vale a dire che l’elettore può anche votare «per» una sola opzione e «contro» a tutte le altre, votare «contro» una sola opzione e «per» tutte le altre, votare metà «per» e metà «contro» e così via. [2]). È dichiarata vincitrice l’opzione che ha ricevuto il maggior numero di «per».

Il metodo di voto per approvazione è apparso in modo indipendente nel lavoro di vari ricercatori intorno al 1977 [3].

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Scheda di voto per approvazione

Una scheda di voto per approvazione con 5 opzioni in lizza, compilata (in blu) da un elettore.

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Spoglio di una votazione per approvazione

Tabella di conteggio dei voti di una votazione per approvazione per cui sopra si è mostrata la scheda elettorale (le astine blu sono quelle della scheda in questione).

Con il sistema di voto per approvazione, la nozione di «voto strategico» è ambigua, perché è l’elettore a decidere se un’opinione “moderata” deve essere tradotta in «per» o «contro», cosa che fa sì che ci siano maggiori possibilità di voto sincero! Per esempio, un elettore mettendo tre opzioni X, Y e Z in questo ordine può scegliere di votare «per X, contro Y, contro Z» piuttosto che «per X, per Y, contro Z» senza che nessuno dei suoi voti possa essere qualificato come non sincero. In questo contesto, è necessario distinguere tra «manipolazione del voto» e «voto strategico»: anche quando votiamo onestamente, ci può essere un po’ di strategia per scegliere tra i differenti voti sinceri possibili.

Definizione (voto sincero)

Nel sistema di voto per approvazione, si dirà che il voto di un elettore è sincero quando questo elettore non preferisce nessuna delle opzioni alle quali ha votato «contro» ad alcuna delle opzioni alle quali ha votato «per», vale a dire quando i suoi voti «per» e «contro» corrispondono rispettivamente alle opzioni che egli classifica al di qua e al di là di una certa soglia nella sua lista di preferenze. Un voto non sincero sarà chiamato menzognero.

 

Data questa definizione, enunciamo adesso una notevole proprietà del voto per approvazione, vale a dire che esso essenzialmente non permette lo sviluppo di alcuna strategia di voto menzognero! Inoltre, è in un certo senso l’unico metodo che presenta tale vantaggio poiché abbiamo visto in un precedente articolo (http://images.math.cnrs.fr/La-democratie-objet-d-etude.html#TheoremeDeGibbardSatterthwaite) che non è possibile evitare le manipolazioni poiché le opzioni possono essere classificate in tre o più livelli. L’enunciato preciso di questa proprietà è il seguente:

Teorema (Robustezza alla menzogna del voto per approvazione)

In un sistema di voto per approvazione nessun elettore può mai essere interessato a votare in modo menzognero, nel senso seguente: quali che siano i voti degli altri elettori, la migliore strategia per il nostro elettore consiste in un voto sincero.

Dimostrazione (al seguente link: http://images.math.cnrs.fr/La-quete-du-Graal-electoral.html).

 

 

 

 

Il giudizio maggioritario

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Gli inventori del giudizio maggioritario

Fotografie odierne di Michel Balinski (a sx) e Rida Laraki (a dx) che hanno concepito il sistema elettorale del giudizio maggioritario

Il metodo elettorale che presentiamo in questa sezione deriva anch’esso dal metodo utilitaristico ma questa volta, invece di assumere che tutti votino strategicamente e trarne le dovute conseguenze, supponiamo piuttosto che alcune persone votino strategicamente e cerchiamo come “correggere” la votazione utilitaristica in modo che il risultato sia influenzato il meno possibile da questi elettori manipolatori.

Immaginiamo una elezione col metodo utilitaristico a cui abbiano partecipato 9 elettori, e che gli elettori abbiano messo i seguenti voti per le opzione X: 14, 14, 14, 14, 14, 14, 0, 14 e 14. Ecco, ci siamo detti: «Però! C’è consenso quasi unanime per dire che X varrebbe 14, probabilmente X vale veramente 14 e il voto del settimo elettore è un voto “manipolatorio”, pertanto non merita di essere preso in considerazione!», quindi vogliamo dichiarare che il valore medio “autentico” di X è 14 [4]. È possibile far compiere a questo principio un ulteriore passo avanti, dicendo che se c’è una maggioranza stretta di elettori che hanno messo esattamente lo stesso voto, tale voto dovrebbe corrispondere al punteggio complessivo. Inoltre, sembra ovvio richiedere che, se uno degli elettori modifica il voto che ha dato a un’opzione X per sostituirlo con un punteggio più alto, ciò potrà solo aumentare il punteggio complessivo di X (eventualmente il punteggio complessivo rimarrà lo stesso, se pensiamo che il nostro elettore stia ora facendo uso di una strategia, ma in nessun caso esso potrà abbassarlo!).

Ciò che si nota, considerando questi due principi, è che vi è di fatto un solo modo possibile per determinare il punteggio complessivo sulla base dei voti individuali! Per esempio, supponiamo che i voti messi dai nostri nove elettori per un’opzione Y siano, in ordine decrescente, 20, 11, 8, 8, 6, 5, 3, 0 e 0; e proviamo a vedere quale potrebbe essere il corrispondente voto complessivo N. Se i primi quattro elettori diminuissero il loro voto per sostituirlo tutti con «6», la distribuzione dei voti diventerebbe «6, 6, 6, 6, 6, 5, 3, 0, 0», ed il punteggio complessivo sarebbe allora 6 visto che ci sarebbe una maggioranza stretta per tale voto. Ma come durante questa modifica dei voti non ci sono state che diminuzioni, il punteggio complessivo non potrà che risultare diminuito, così che N sarà necessariamente maggiore o uguale a 6. Viceversa, se gli ultimi quattro elettori aumentassero il loro voro a «6», la distribuzione diverrebbe allora «20, 11, 8, 8, 6, 6, 6, 6, 6» con una maggioranza di «6», il nuovo punteggio complessivo sarebbe 6, il che implica che N era originariamente inferiore o uguale a 6. In definitiva, c’è solo una possibilità: N è necessariamente uguale a «6». Si può immediatamente generalizzare questo ragionamento per ottenere il

Teorema (Robustezza alla manipolazione e voto mediano)

Quando si vuole aggregare un numero dispari di voti in un unico voto, l’unico metodo che soddisfa le seguenti condizioni:

  • maggioranza: se una maggioranza stretta di elettori sono d’accordo a mettere uno stesso voto, allora tale voto corrisponde al punteggio complessivo;
  • crescita: se uno o più elettori cambiano il loro voto individuale aumentandolo (rispettivamente diminuendolo), ciò non può fare che aumentare (rispettivamente diminuire) il punteggio complessivo;

è la «regola della mediana» consistente nell’ordinare i voti dei diversi elettori in ordine decrescente e prendere il voto al centro.

 

Ciò ci conduce al metodo elettorale oggetto di questo paragrafo:

Definizione (il giudizio maggioritario)

Il sistema elettorale del giudizio maggioritario è il metodo consistente nel richiedere a ogni votante di votare le differenti opzioni e di considerare per ogni opzione il punteggio mediano. Si noti che in questo metodo, i «voti» non devono necessariamente essere numeri: potrebbero benissimo essere dei giudizi (come «eccellente», «ottimo», «buono», etc.), l’unica cosa che conta è che questi giudizi siano ordinati secondo una rigida gerarchia.

Il sistema elettorale del giudizio maggioritario è stato sviluppato nel 1996 da due ricercatori del CNRS: l’americano Michel Balinski e il marocchino Laraki Rika.

 

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Scheda di voto per giudizio maggioritario

Una scheda di voto per giudizio maggioritario con 5 opzioni in lizza, compilata (in blu) da un elettore.

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Spoglio di una votazione per giudizio maggioritario

Tabella di conteggio dei voti di una elezione con il metodo del giudizio maggioritario per cui sopra si è mostrata la scheda elettorale (le astine blu sono quelle della scheda in questione).

 

Prima di chiudere questo paragrafo, segnaliamo che l’idea di attribuire a ogni opzione in suo voto mediano è anche legata al criterio di Condorcet che era oggetto di un precedente articolo (http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html): in effetti, se una votazione è organizzata per scegliere il voto attribuito a una data opzione, il voto mediano è allora il vincitore secondo il criterio di Condorcet fra tutti i voti possibili in virtù del Primo teorema dell’elettore mediano (si veda il link: http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html#PremierTheoremeDeLElecteurMedian).

Il sistema elettorale bipartiludico

Il metodo che presentiamo in questo paragrafo è un po’ più complicato, ma si tratta di una curiosità matematica di cui sarebbe stato un peccato non parlare.

Sappiamo che la questione dell’espressione democratica è molto semplice da risolvere se ci sono due opzioni concorrenti in lizza (ad esempio per un referendum), poiché non vi è in tal caso che da scegliere l’opzione che ottiene il maggior numero di voti – si tratta di una regola chiaramente democratica, e che non presta il fianco a nessuna strategia di manipolazione da parte degli elettori (vedi anche qui: http://images.math.cnrs.fr/La-democratie-objet-d-etude.html#TheroemeDuReferendum). Questa è anche l’idea alla base del sistema uninominale maggioritario a due turni (http://it.wikipedia.org/wiki/Ballottaggio) in cui un secondo round decisivo si svolge tra i due principali candidati in testa dopo il primo turno (metodo utilizzato principalmente per le elezioni presidenziali francesi): se è vero che si può trovare da ridire sulla correttezza dei risultati del primo turno, altrettanto vero è che il secondo turno non si presta a nessuna contestazione in virtù della sua natura binaria!

In molte democrazie, il sistema di voto è fatto in modo che questo andamento binario si possa trovare anche nella composizione dei partiti politici, due partiti egemonici che “appiattiscono” tutti gli altri [5] – l’esempio per eccellenza di questo fenomeno sono gli Stati Uniti d’America. Ora immaginiamo un paese in cui ci sono solo due partiti che, rispettivamente, chiameremo «Democratico» e «Repubblicano». Ipotizziamo che i due partiti non abbiano alcuna linea politica determinata a priori: il loro unico obiettivo è la conquista del potere e sono pronti per questo a seguire ciecamente il sentire dell’opinione pubblica. Più precisamente, le elezioni presidenziali si avvicinano e i partiti devono rendere noti i loro programmi, programmi in funzione dei quali gli elettori voteranno per l’uno o per l’altro. Immaginiamo che ci siano solo tre possibili programmi politici esaminabili (gli stessi per entrambi i partiti): un programma chiamato «pietra», un programma chiamato «carta» e un programma chiamato «forbice». Partiamo dal presupposto che le preferenze degli elettori su questi programmi sono le seguenti:

  • nel caso di uno scontro pietra contro carta, carta vince;
  • nel caso di uno scontro pietra contro forbice, pietra vince;
  • nel caso di uno scontro carta contro forbice, forbice vince. [6]

La domanda allora è: che cosa accadrà?

Notiamo in primo luogo che ai vertici dei partiti non potrebbe importare di meno sapere con quali punteggi potrebbe avere luogo la vittoria di carta su pietra, di pietra su forbice o di forbice su carta. Notiamo inoltre che nella situazione che abbiamo descritto, se uno dei due partiti (per esempio il partito Democratico) dovesse presentare il suo programma prima dell’altro partito, sarebbe certo di perdere: sarà infatti sufficiente ai Repubblicani proporre carta se i Democratici hanno proposto pietra, proporre forbice se hanno proposto carta e proporre pietra se hanno proposto forbice. La situazione è quindi interessante solo se i due partiti devono presentare i loro programmi simultaneamente. Ma allora, che cosa abbiamo qui? Sì, avete indovinato: è come se i due partiti stessero giocando alla morra cinese [gioco comunemente noto come «carta-forbice-pietra» NdT]!

In generale, i programmi di politica esaminabili possono essere in numero qualsiasi e gli elettori possono avere delle preferenze tra questi programmi; ma l’idea rimane la stessa ed è per questo noi chiamiamo ugualmente «carta-forbice-pietra» le seguenti varianti:

 

Definizione

Carta-forbice-pietra è un gioco in cui due giocatori gareggiano simultaneamente proponendo ciascuno un «tiro» scelto in una lista finita (la stessa lista per entrambi i giocatori). All’inizio del gioco, è stato chiarito per ciascuna coppia di tiri differenti chi batte l’altro. Una volta che entrambi i giocatori hanno effettuato i loro tiri, è colui che ha effettuato il tiro che batte l’altro che vince il gioco. Nel caso in cui entrambi i giocatori hanno proposto lo stesso tiro, il vincitore è tirato a sorte.

È chiamato «carta-forbice-pietra standard» il gioco in cui i tiri possibili sono «carta», «forbice» e «pietra» e in cui i risultati degli scontri sono stati spiegati alcuni paragrafi sopra.

 

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Gioco «carta-forbice-pietra»

La pietra è battuta dalla carta (che la incarta); la carta è battuta dalla forbice (che la taglia); la forbice è battuta dalla pietra (che la rende meno tagliente)

La teoria matematica del gioco «carta-forbice-pietra» è stata studiata da tempo ed è ora completamente nota; in particolare, si è in grado di determinare la strategia ottimale per questo tipo di giochi. Ciò che è affascinante – ma non sorprenderà certo quelli di voi che hanno già giocato – è che la strategia ottimale è quella di giocare in un certo modo … random! [7] Sfortunatamente, non abbiamo spazio qui per presentare in dettaglio questo appassionante campo della matematica che è la Teoria dei giochi (vedi per esempio: http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dei_giochi); ci accontenteremo pertanto di enunciare le definizioni e i risultati necessari per questo articolo:

Definizioni (strategia e strategia ottimale)

  1. In un gioco «carta-forbice-pietra», è chiamata strategia per un giocatore assegnare a ciascuno dei tiri una certa probabilità che effettivamente il tiro venga giocato (la probabilità totale deve essere il 100% ovviamente): per esempio, una strategia per il gioco «carta-forbice-pietra standard» può consistere nel giocare in modo casuale pietra nel 30% dei casi, carta nel 20% dei casi e forbice nel 50% dei casi.
  2. Se ognuno dei due giocatori ha scelto una strategia, si può parlare per ciascun giocatore della sua probabilità di vincere, che ovviamente è la probabilità che il giocatore vinca (un esempio è dato sotto).
  3. Si dice che una strategia è ottimale quando, quale che sia la strategia adottata dall’avversario, la probabilità di vincere con questa strategia è almeno pari al 50% [8].

 

Per un esempio di calcolo della probabilità di vittoria vedi qui: http://images.math.cnrs.fr/La-quete-du-Graal-electoral.html

 

Un importante teorema sui giochi del tipo «carta-forbice-pietra» è il seguente:

Teorema

In un gioco del tipo «carta-forbice-pietra»:

  1. esiste sempre una strategia ottimale;
  2. inoltre, tale strategia ottimale è unica.

Qui esempi di strategie ottimali: http://images.math.cnrs.fr/La-quete-du-Graal-electoral.html.

Ora che abbiamo questo vocabolario in mano, possiamo presentare il sistema elettorale «bipartiludico» [9]:

Definizione (votazione bipartiludica)

La votazione bipartiludica è il metodo elettorale definito nel modo seguente. Sulla propria scheda elettorale, ciascun votante classifica le differenti alternative in base al proprio ordine di preferenza. Dopo lo spoglio, si guarda per ogni coppia di opzioni diverse quale delle due opzioni della coppia è maggiormente preferita rispetto all’altra dagli elettori. Poi si considera il gioco «carta-forbice-pietra» in cui i tiri che possono giocare i due giocatori corrispondono alle diverse opzioni in lizza, il tiro vincente in uno scontro è l’opzione che viene maggiormente preferita all’altra. Questo gioco possiede la sua strategia ottimale; indichiamo con S tale strategia. Il principio alla base del metodo elettorale bipartiludico consiste quindi nel tirare a sorte l’opzione che vince l’elezione secondo la legge di probabilità S.

L’origine del metodo elettorale bipartiludico sembra risalire a una pubblicazione di Laffond, Laslier & Le Breton del 1993. Per scrivere questo testo mi sono basato sulla presentazione che ne ha fatto Myerson nel suo articolo citato tra i riferimenti bibliografici.

 

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Scheda di voto col sistema bipartiludico

Una scheda di voto col sistema bipartiludico con 5 opzioni in lizza, compilata (in blu) da un elettore.

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Spoglio di una votazione bipartiludica

Tabella di conteggio dei voti di una elezione con il metodo bipartiludico per cui sopra si è mostrata la scheda elettorale (le astine blu sono quelle della scheda in questione). Gli scontri che si sono conclusi con una vittoria sono stati cerchiati in bianco.

 

In questo modo il voto bipartiludico dà generalmente un vincitore casuale! Questo ricorda il «voto stochocratico» di si cui parla in un precedente articolo (http://images.math.cnrs.fr/La-democratie-objet-d-etude.html#ScrutinStochocratique). Tuttavia, dopo l’elezione bipartiludica il vincitore è molto meno arbitrario rispetto a quanto non lo sia con l’elezione stochocratica; in molti casi non è neppure del tutto casuale:

Teorema

Se X è una opzione che è «vincitrice di Condorcet», vale a dire tale che per qualsiasi altra opzione Y, X è preferita a Y da una maggioranza di votanti (gli elettori che costituiscono tale maggior possono dipendere da Y), allora l’elezione bipartiludica designerà X opzione vincitrice con una probabilità del 100%. In altre parole, il voto bipartiludico è un metodo «di Condorcet» (vedi l’articolo http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html ).

 

Si noti che in situazioni di vita reale, c’è quasi sempre un «vincitore di Condorcet» [10]; in tal modo la casualità del voto bipartiludico invece di essere una proprietà teorica essenziale, in pratica appare come un dettaglio!

Nel precedente articolo “E il vincitore del secondo turno è…” (http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html) abbiamo detto che il fatto di essere un metodo di Condorcet era una forma di robustezza alla manipolazione (vedi esattamente qui: http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html#JustificationDuCritereDeCondorcet). Il voto bipartiludico è allo stesso modo particolarmente robusto alla manipolazione:

Teorema (Robustezza alla manipolazione del voto bipartiludico)

Il voto bipartiludico è «robusto alla manipolazione contro un vincitore di Condorcet» nel senso seguente: se c’è un vincitore di Condorcet X (vale a dire una opzione che è a maggioranza preferita a qualsiasi altra) [11], allora non è possibile per un elettore o un gruppo di elettori sviluppare una strategia di voto menzognera che cambierebbe il risultato elettorale del voto sincero (che dà sistematicamente X vincitrice in virtù del Teorema precedente). Voglio dire che se questo gruppo di elettori tenta una manipolazione, il nuovo risultato avrà almeno gli stessi rischi di decretare vincitrice un’opzione che tali manipolatori amano meno di X che le chances di indicare vincitrice un’opzione che essi preferivano a X.

Dimostrazione (vedi qui: http://images.math.cnrs.fr/La-quete-du-Graal-electoral.html)

Il teorema di cui sopra non sembra per niente impressionante … Tuttavia, il voto bipartiludico è l’unico metodo elettorale che verifica il criterio di Condorcet! Non dimostriamo questo punto qui però, osserviamo come, ad esempio, il «metodo Schulze» che abbiamo presentato nel precedente articolo “E il vincitore del secondo turno è…” (http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html#MethodeSchulze), potrebbe prestarsi alla manipolazione:

 

Proposizione

Il metodo Schulz non verifica il teorema di cui sopra.

Dimostrazione

 

Supponiamo che ci siano 3 opzioni X, Y e Z in lizza e che le preferenze degli elettori sinceri siano i seguenti:

  • X poi Y poi Z: 23%
  • X poi Z poi Y: 19%
  • Y poi X poi Z: 21%
  • Y poi Z poi X: 15%
  • Z poi X poi Y: 12%
  • Z poi Y poi X: 10%.

In questo caso, X batte Y (per il 54% al 46%) e Z (per il 63% al 37%); X è l’opzione vincitrice di Condorcet. Ma ora immaginiamo che il 21% degli elettori che pensano «Y poi X poi Z» si mettano a votare «Y poi Z poi X». Questo produce una situazione in cui X batte sempre Y per il 54%, Y batte Z per il 59%, ma questa volta batte Z batte X per il 58%: non c’è più un’opzione vincitrice di Condorcet e Y è designata un’opzione vincitrice col metodo Schulze … Gli elettori manipolatori hanno vinto col cambio di voto dal momento che preferivano Y a X!

 

Bibliografia

ñ                 Sul voto per approvazione: Approval Voting, 2e édition, par S. Brams & P. Fishburn ; Springer éd. (2007). (in inglese)

ñ                 Sul giudizio maggioritario: Ne votez pas, jugez !, par M. Balinski & R. Laraki ; Pour la Science no 414, pp. 22–28 (2012).

ñ                 Sul voto «bipartiludico»: Fundamentals of Social Choice Theory, par Roger B. Myerson ; testo disponibile sul web: http://home.uchicago.edu/rmyerson/research/schch1.pdf (1996). (in inglese)

ñ                 Sull’utilizzo pratico dei differenti sistemi elettorali: Le suffrage universel inachevé, par M. Balinski ; Belin éd. (2004).

 

Note

[1] L’aggettivo «utilitaristico» deriva dal fatto che il valore di un’opzione agli occhi di un elettore è detto dai matematici «utilità».

[2] Eventualmente l’elettore può anche scegliere di non assegnare «per» o «contro» ma un tale voto, ovviamente, non ha alcun effetto sulla determinazione dell’opzione vincente.

[3] Sì, avete letto bene: 1977 … Che un metodo tanto semplice quanto naturale abbia richiesto così tanto tempo per emergere è quanto meno incredibile! Segnaliamo, tuttavia, che il voto per approvazione era stato usato occasionalmente (in particolare nella Repubblica di Venezia), ma molto poco, e soprattutto non è mai apparso come un modo per rappresentare con maggiore fedeltà la volontà collettiva.

[4] Nell’introduzione abbiamo definito vincitrice nel metodo elettorale utilitaristico l’opzione che abbia il miglior totale; ora sarà più comodo parlare in termini di media, il che evidentemente è lo stesso.

[5] È importante rendersi conto che il sistema di voto utilizzato in un paese ne influenza notevolmente la vita politica. Ad esempio, lo scrutinio uninominale maggioritario a due turni tende a favorire l’emergere del bipartitismo (è la legge di Duverger: http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Duverger): infatti, se vi sono due partiti maggiori, un elettore tentato di votare per un partito piccolo si dirà che la sua voce ha poche possibilità di far vincere questo terzo partito, ma che di contro la sua voce potrebbe mancare a quello tra i due partiti maggiori che egli preferisce portare alla vittoria più dell’altro grande partito; in tal modo, in ultima analisi, l’elettore preferirà votare per uno dei due partiti maggiori anche se non è il suo preferito in assoluto – è il famoso “voto utile”. Un sistema uninominale a due turni è leggermente migliore da questo punto di vista, non permettendo la coesistenza di più di tre parti principali. Al contrario, i metodi elettorali che presentiamo in questo articolo non contemplano la possibilità del voto utile e consentono a un elettore di esprimere la sua preferenza per un candidato “piccolo” senza rischio – questo è chiamato «criterio dei cloni» – quindi non vi è alcun interesse per i partiti politici ad aggregarsi in «giganti» che cercano in qualche modo di conciliare punti di vista eterogenei.

[6] Una simile circostanza può apparite assurda a prima vista ma è nondimeno possibile in virtù del «paradosso di Condorcet» (vedi: http://images.math.cnrs.fr/La-democratie-objet-d-etude.html#ParadoxeDeCondorcet)

[7] che si debba giocare in modo casuale non significa che non importa come si gioca: bisogna certamente utilizzare la probabilità per scegliere il proprio tiro ma bisogna farlo in un modo ben preciso!

[8] Si noti che nessuna strategia può garantire una probabilità di vittoria strettamante superiore al 50%: in effetti, se l’avversario ha scelto la vostra stessa strategia, è evidente che ciascuno dei due avrà il 50% delle possibilità di vincere.

[9] L’aggetivo «bipartiludico», inventato dall’autore, significa etimologicamente “relativo al gioco di due partiti”.

[10] Cfr. M. Balinski, Le suffrage universel inachevé, pp. 310-311. L’esempio delle elezioni presidenziali francesi del 2012 trattato nell’articolo corrobora tale osservazione (vedi qui: http://images.math.cnrs.fr/Et-le-vainqueur-du-second-tour-est.html#PresidentielleDe2012).

[11] Questo è quasi sempre il caso, in pratica, come si è detto sopra.

 

( Traduzione a cura di Elena Toscano)

Elena Toscano

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