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Da qualche settimana il matematico Cedric Villani, nato 37 anni fa a Brive-La-Gaillarde, nella regione del Limousin, è balzato all’attenzione di giornali e televisioni (non solo francesi) per essere uno dei vincitori della medaglia Fields 2010. Per chi lo conosce non è una sorpresa: da anni non finisce di stupire con il suo eclettismo che gli permette di ottenere risultati di grande spessore in settori a cavallo di varie specialità matematiche, dalla meccanica statistica, all’analisi, alla geometria differenziale, alla probabilità. Ma oltre alla bravura, quello che ha impressionato molto l’opinione pubblica è stata la grande estrosità e fantasia di questo normalista, diventato Professore a Lione a 27 anni e già da un anno Direttore dell’Istituto Henri Poincaré a Parigi. Lo abbiamo incontrato a Roma qualche giorno fa, in occasione di un convegno organizzato presso l’INdAM. Raccolta da Roberto Natalini.

 

Testo trascritto e tradotto dell’intervista.

R..: Buongiorno Cedric e grazie di aver accettato…

C.: Buongiorno Roberto
R: Puoi spiegare in poche parole i risultati che ti hanno fatto ottenere la medaglia Fields?

C.: Allora, quello che è stato premiato dal comitato sono soprattuto i miei lavori in teorie cinetiche. Le teorie cinetiche si interessano a descrivere in termini matematici l’evoluzione dei gas e dei plasmi, come l’aria intorno a noi è composta da milioni e milioni di molecole che rimbalzano le une contro le altre, urtandosi. È impossibile seguire la posizione e la velocità di tutte queste particelle. Ma quello che si può seguire è l’evoluzione del profilo statistico delle velocità. Un po’ come in un sondaggio ci si interessa alla proporzione delle persone che votano per un candidato o per un altro, qui ci si interessa alla proporzione delle particelle che sono in questo o quell’altra posizione dello spazio o questa o quell’altra velocità. E questo profilo statistico evolve seguendo delle equazioni che sono le equazioni di Boltzmann o le equazioni di Vlasov che sono una delle mie specialità.
R.: E qual è stato il tuo contributo principale? Cosa hai ottenuto di nuovo?

C.: Il risultato guida di Bolztmann è che l’entropia, che sarebbe una misura del disordine, in un gas aumenta spontaneamente. Ma non si sa di quanto aumenta. Con alcuni collaboratori abbiamo trovato degli strumenti che permettono di valutare il meccanismo attraverso cui l’entropia aumenta e di capire di quanto aumenta. Poi, più recentemente, ci siamo interessati ad un problema sorprendente e spesso considerato paradossale, che si chiama lo smorzamento Landau (dal nome del fisico sovietico) che dice che anche in assenza di collisioni, e quindi in assenza dell’aumento dell’entropia, si può avere il rilassamento, ossia lo smorzamento naturale delle fluttuazioni in un plasma. Quindi, con un mio collaboratore, abbiamo dimostrato che questo era vero in modo rigoroso per tempi infinitamente lunghi, il che era un problema aperto.
R.: Grazie. Allora, in effetti uno dei grandi soggetti della fisica matematica è la contrapposizione tra l’approccio discreto, in cui si considerano oggetti discreti, e il continuo. Quindi, secondo te, le teorie cinetiche sono uno strumento importante per mettere insieme queste due parti.

C.: Sì, le equazioni cinetiche sono il punto di vista continuo e il problema di passare dalle leggi discrete, con gli atomi, fino alle leggi continue, è un problema ancora in gran parte aperto. Ci sono dei risultati guida, come il teorema di Landford negli anni ‘70, e dei buoni risultati di matematici italiani: la scuola italiana d’altra parte è molto approfondita su questo problema del passaggio discreto-continuo, ma i punti che ci piacerebbe dimostrare sono ancora lontani. L’equazione di base della fisica dei plasmi o della fisica delle galassie, dell’evoluzione delle stelle, si chiama equazione di Vlasov-Poisson: Vlasov è un altro fisico sovietico, e si trova già nelle prime pagine di un qualsiasi trattato di fisica. Si tratta di equazioni continue e nessuno è capace di giustificarle a partire dal punto di vista discreto, per lo meno con delle interazioni realistiche. È un problema veramente difficile, importante, fondamentale su cui i fisici sono bloccati…
R.: Possiamo dire allora che le teorie cinetiche potrebbero creare un ponte tra discreto e continuo, però…

C.: Le teorie cinetiche, si. Ed è proprio da parte dei matematici che potrebbe arrivare un contributo, proprio da parte degli esperti di teorie cinetiche.

R.: Qual è il settore che vedi emergere in equazioni alle derivate parziali in futuro? Qualcosa che viene dalle teorie cinetiche o altro?

C.: Nelle equazioni alle derivate parziali, in questo momento, direi quello che è più attivo sono forse le equazioni di tipo dispersivo, le equazioni non lineari del tipo Schrodinger, le equazioni che intervengono nei problemi di meccanica quantistica e di interazione. Questo comincia adesso ad essere un argomento abbastanza ben digerito. Scommetterei per il futuro sui progressi nel campo della meccanica dei gas comprimibili. È un dominio che per ora non ha fatto molti progressi. Anzi sono anni che non ci sono stati progressi, e non so perché. Sento che presto succederà qualcosa… ad ogni modo, si tratta di problemi molto importanti.
R.: E più in generale, in matematica, cosa vedi come una buona direzione per i giovani, per esempio?

C.: Allora. La probabilità è in piena espansione. La probabilità vive un boom da parecchio tempo, e penso che continuerà. E poi c’è l’informatica teorica che apre delle parti nuove della matematica: problemi di reti, problemi combinatori, dei problemi appassionanti. E poi mi piacciono molto, e se ne parla in questo convegno, dei teoremi di transizione di fase, i problemi che mescolano le teorie cinetiche, la fisica statistica, e molte altre cose. Bisogna, sapere, ne abbiamo parlato poco fa, che succede quando facciamo bollire l’acqua? Scaldiamo l’acqua e si trasforma in vapore e lì c’è un problema matematico che nessuno sa risolvere. Un giorno, bisognerà progredire in quella direzione.
R.: Diventerà un problema caldo…

C.: Eh si, diventerà caldo…, e poi chiaramente c’è tutta la parte dell’analisi geometrica che si è sbloccata in seguito ai lavori di Perelman, da cui possiamo attenderci un bel po’ di cose. Adesso, per esempio, nel mio campo sono a cavallo tra geometria, probabilità e analisi. C’è il problema del trasporto ottimale, un problema che viene dall’ingegneria e che consiste nello spostare dei materiali economizzando al massimo l’energia. Recentemente si sono trovati dei legami tra questo e la dimostrazione di Perelman e per lo sfruttamento di questi legami ci vorrà del tempo, ma ci sono sicuramente delle cose interessanti da scoprire.
R.: Va bene, allora, passiamo a parlare della politica matematica. La Francia ha avuto recentemente dei premi, e non soltanto le medaglie Fields, ma dei riconoscimenti sul piano internazionale. Qual è la ragione della forza della Francia in matematica?

C: Il problema è delicato, ma in ogni modo ci sono dei fattori che esistono nel sistema francese che sono abbastanza particolari e concorrono a questa riuscita. In primo luogo c’è il sistema delle classi preparatorie dopo la maturità che è estremamente efficace. È un sistema in cui i giovani apprendono in modo intensivo, imparano molti concetti nuovi e si esercitano duramente. È molto efficace. E poi c’è il sistema delle Grandi Scuole, e soprattutto le scuole normali superiori per la matematica, dove le persone sono insieme in modo concentrato, lavorano insieme, c’è uno spirito, un’emulazione che dà risultati eccellenti. E poi c’è l’ottima alleanza del CNRS con le università: è nelle università che viene effettuata la ricerca, ma con il sostegno del CNRS che è un’unità nazionale, un’entità nazionale che nutre le università, in modo formidabilmente efficace. Questi sono degli ingredienti specifici della Francia, che insieme contribuiscono a questa forza.

R.: Ma sono ingredienti centralizzati. Pensi che mantenere un controllo centralizzato per la matematica, sia una cosa che funziona, alla fin fine?

C.: Si. Le università sono istituzioni decentrate in questo momento, specialmente dopo la nuova riforma in Francia…
R.: Ma fino ad ora erano molto centralizzate

C.: Sì, finora erano molto centralizzate. Ma credo che una buona alleanza tra le università autonome e il CNRS che mantiene la coesione nazionale dia un buon equilibrio.
R.: Va bene, ma questo dà delle idee per gli altri paesi: credi che sia un modello esportabile, per esempio in Italia, o è veramente un modello tipicamente francese?

C.: Non vedo perché non possa essere esportabile. Ci sono delle cose tipicamente francesi. Prima non ne ho parlato, ma c’è uno spirito astratto francese che funziona bene. I francesi amano l’astrazione e sono a loro agio, e nella matematica c’è per forza una buona dose di astrazione. Ci sono stati degli abusi d’altronde in passato in Francia, ma ora abbiamo una tendenza positiva, siamo tornati ad avere un po’ meno astrazione, ma il gusto francese resta in ogni modo astratto, che è una cosa molto utile in matematica. In Italia, c’è un gusto più concreto di solito, anche se ci sono delle cose molto astratte sviluppate in Italia in teoria dei numeri. E poi in Francia abbiamo un sistema un po’ giacobino: tutto deve essere controllato, amiamo quello che è centralizzato. Forse non è così in Italia. Ma, a parte queste differenze, certamente ci si può ispirare ad un sistema che funziona.
R.: In effetti voi avete un sistema a due livelli. Avete una scuola di eccellenza e un’università per tutti.

C.: Infatti,
R.: Questo comporta un prezzo da pagare? Per esempio le università sono meno buone o questo produce meno studenti a livello medio, ossia la media delle persone ha ancora una buona preparazione? Insomma, è compatibile con il sistema delle Grandi Scuole?

C.: È chiaro che c’è un prezzo da pagare, E paghiamo un prezzo pesante. Il fatto che i migliori studenti vadano nelle Grandi Scuole impoverisce le università e il fatto che non ci sia nessuna selezione in entrata all’università è un altro fattore in gioco. È dunque un sistema molto duro che è molto buono per i migliori, e meno buono per il grosso della truppa. Forse si potrebbe migliorare il sistema in Francia… forse lo si potrebbe migliorare. Ma per il momento è impossibile modificare l’assenza di selezione all’entrata dell’Università, per vari problemi. Ma introdurre una piccola dose di elitarismo a livello delle università sicuramente aiuterebbe molto.
R.: Tu conosci molto bene l’Italia, e hai collaborato con molti italiani. Che consiglio potresti dare alla politica italiana per migliorare il livello della matematica italiana?

C.: Per prima cosa devo dire che effettivamente ho collaborato con molti italiani. Apprezzo molto in Italia specialmente l’alleanza tra la fisica e la matematica. Le persone non cercano di definirsi. In Francia si chiede sempre ai matematici chi sono, qual è la loro specialità, mentre in Italia è molto meno chiaro, uno è un matematico o un fisico, un analista o un probabilista, non ci si pone troppo il problema. Mi piace questo modo di fare, che comincia a progredire anche in Francia. Penso però che l’esempio italiano sia il controesempio per l’autonomia. È un sistema in cui l’autonomia universitaria si è realizzata male. E c’è da trovare una procedura virtuosa d’insieme che è stata trovata in Francia, ma che rimane da trovare in Italia, su un insieme di regole della comunità perché tutto funzioni bene. Le regole siano fatte in modo tale che le persone più brillanti abbiano un posto, per adesso i più brillanti non hanno posti e ce li ritroviamo tutti in Francia, che va benissimo per il sistema francese, ma non va affatto bene per voi. E poi delle regole di buona condotta reciproca. Evitare il reclutamento locale per esempio. Questo è praticato dalla comunità matematica, in Francia non si viene mai assunti all’interno della propria università. Bisogna che le persone partano. Questa regola viene applicata da tutti e produce un rimescolamento che evita la sclerosi del sistema. Dunque un insieme di regole di buona condotta che vengano applicate da tutta la comunità e che una volta accettate potranno fare in modo che la competizione tra le università possa farsi in modo sano. Nel frattempo mi sembra che la competizione tra le università sia abbastanza produttiva in Francia e non troppo in Italia.

R.: Per finire, vorrei terminare con una domanda personale. Ho letto che sei appassionato dai Manga. Non abbiamo parlato di altre cose. Si parla molto del tuo modo di vestirti etc, ma questo lo lascerei ai giornali. Visto che sei appassionato dei Manga vorrei chiederti: io sgrido sempre mio figlio che sta tutto il tempo a leggere i Manga, potresti spiegarmi perché è importante leggere i Manga?

C.: Ok, allora, i Manga sono una forma di espressione che mi parla molto. In primo luogo c’è sempre molto ritmo nei Manga. Nei Manga, trovo commovente il fatto che si vedano spesso invecchiare i personaggi, un concetto abbastanza raro nei fumetti franco-belgi. Spesso nei Manga si vedono i personaggi che cominciano da piccoli, li vediamo crescere, si vede che la vita scorre in un Manga. I Manga sono pieni zeppi di sentimenti, in modo completamento diretto. Parla direttamente al cuore, è molto forte, nei Manga c’e il ritmo e ci sono pulsioni. E poi c’è una buona visione della realtà, che non è assolutamente manichea. I problemi del bene e del male agitano da sempre la società giapponese, hanno sofferto tantissimo dopo la guerra, e poi si sono fatti molte domande sulla loro natura. Nei Manga i problemi del bene e del male si pongono sempre, i problemi di identità, i problemi di doppia natura. E i personaggi non sono mai completamente buoni e completamente cattivi. La visione del mondo nei Manga non è mai semplificata. Sono maturati molto più velocemente dei fumetti occidentali a cui siamo abituati sotto questo punto di vista. Apprezzo un sacco di cose che si trovano da questo punto di vista nei Manga.
R.: Allora posso lasciare mio figlio leggere i suoi Manga tranquillamente.

C.: Si, certo ci sono i Manga belli e quelli brutti, come c’è della buona e della cattiva matematica, ma sì certo puoi lasciare che tuo figlio legga i Manga.
R.: Allora, grazie Cedric del tuo tempo e per l’intervista.

C.: Grazie Roberto!

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