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Se siete impegnati a piantare il vostro ombrellone nella sabbia, sappiate che state affrontando un problema di stabilità che, matematicamente parlando, nasconde alcune complessità…

 

Panta rei, diceva qualcuno molto tempo fa.

Sì, perché uno dei fatti evidenti del mondo naturale è il suo trasformarsi di continuo. Nello stesso tempo, vediamo e conviviamo con configurazioni, equilibri, che permangono nel tempo: per esempio il tetto di casa nostra (auspicabilmente). Un paradigma diffuso sostiene che le uniche configurazioni di equilibrio osservabili nel mondo reale siano quelle che persistono anche in presenza di sollecitazioni esterne di qualche genere, purché di intensità ridotta.

Il fatto è che, in una qualsiasi situazione realistica, influenze esterne, seppure piccole, sono sempre presenti e, di conseguenza, una configurazione non stabile viene distrutta da tali perturbazioni e risulta sostanzialmente inosservabile. Quindi, anche se effettivamente tutto scorre, alle volte, ciò avviene in misura molto limitata e perciò possiamo riconoscere e interagire con forme che si mantengono nel tempo. E quindi qualcosa persiste uguale a sé stesso. Fatti contenti sia Eraclito che Parmenide, esploriamo l’idea matematica di stabilità.

Una configurazione di equilibrio è stabile se, qualora perturbata da un fattore esterno di bassa intensità, viene trasformata in una nuova configurazione (non necessariamente di equilibrio) vicina a quella iniziale. Un ombrellone ben piantato nella sabbia è un prototipo di equilibrio stabile: piccole folate di vento o colpi di pallone di bassa forza, possono modificarne la posizione, ma di poco rispetto a quella iniziale. Un ombrellone piantato male, invece, è instabile: può bastare un piccolo urto per farlo crollare al suolo.

Dato che la stabilità di un equilibrio è una proprietà relativa alla risposta a piccole perturbazioni, per definire in maniera quantitativa questo concetto, occorre precisare che cosa significa essere ‘piccolo’. Per questo motivo, nella modellazione matematica di un fenomeno è indispensabile introdurre nozioni di tipo metrico, per le quali non esiste una definizione assoluta. Parlare di stabilità presuppone quindi una scelta dettata dal gusto e dal punto di vista con cui si guarda al fenomeno considerato.

Insomma, può capitare che una configurazione sia stabile per qualcuno e non lo sia per qualcun’altro (…anche se la matematica non è una opinione!).

Uno degli esempi storici più interessanti relativamente alla questione della stabilità è associato al problema degli N corpi, cioè al problema di determinare il moto di N oggetti (pianeti, stelle e astri in genere) che interagiscono tra loro attraverso la forza di gravità. Nel caso in cui i corpi siano solo due, è possibile mostrare che le traiettorie descrivono tutte orbite ellittiche. Nel caso generale, anche se è possibile scrivere esplicitamente le equazioni del moto, è impossibile determinarne esplicitamente tutte le soluzioni.

Lagrange e Eulero determinarono alcune soluzioni speciali del sistema per il moto di tre corpi in interazione gravitazionale. La soluzione di Lagrange corrisponde al caso in cui i tre corpi si trovino disposti, in ogni istante, sui vertici di un triangolo equilatero, mentre per la soluzione di Eulero i tre corpi sono sempre allineati. Entrambe sono soluzioni, ma mentre quella di Lagrange è una soluzione stabile in regimi opportuni (uno dei tre corpi deve avere una massa sensibilmente più piccola di quelle degli altri due), la soluzione di Eulero è sempre instabile.

Il moto descritto dal sistema Sole-Giove-asteroidi Troiani corrisponde esattamente a una delle soluzioni di Lagrange. Quella di Eulero è una vera soluzione matematica, ma nessun astronomo l’ha mai osservata in concreto. Un’altra classe di soluzioni stabili per il problema dei tre corpi, scoperta da G.W. Hill, descrive il moto di due masse vicine l’una all’altra e distanti da una terza: tale configurazione è osservata in natura, ad esempio nel caso del sistema Sole-Terra-Luna.

Nel 2000, A. Chenciner e R. Montgomery hanno dimostrato l’esistenza di un’ulteriore soluzione periodica del problema dei tre corpi. La configurazione risultante è caratterizzata dal fatto che i tre corpi percorrono tutti la stessa curva piana, che ha la forma di un otto. Come le soluzioni di Lagrange e di Hill, anche questa soluzione è stabile, ma il dominio di stabilità, cioè la grandezza delle perturbazioni ammissibili, è molto piccola e, pertanto, si tratta di una configurazione particolarmente improbabile.

Esperimenti al computer indicano che ci dovrebbe essere al più una tale configurazione in ogni galassia. Cercarla nella Via Lattea sarebbe come cercare il proverbiale ago nel pagliaio…

 

Corrado Mascia

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