Pierre de Fermat nacque nella città francese di Beaumont-de-Lomagne nel 1601; la data esatta della sua nascita è ignota, e quindi non sappiamo di che segno è. Figlio di un mercante di cuoio, studiò legge e, all’età di 30 anni, divenne “Commissario alle Richieste” del Parlamento di Tolosa dimostrando di sapersi far valere quando avanzava una richiesta, prima di tutto riuscendo a fare accettare la sua richiesta di fare il “Commissario alle Richieste”. Le popolazioni locali che desideravano rivolgere al sovrano una petizione su qualsivoglia materia dovevano convincere Fermat o un suo collega, prima che la richiesta arrivasse al re per essere ignorata. Sempre nel 1631, il 1° giugno, sposò Louise de Long, una cugina materna, dalla quale ebbe cinque figli quasi normali.
Fermat si erse rapidamente ai vertici della pubblica amministrazione diventando membro dell’élite sociale e ottenendo persino il privilegio di aggiungere “de” al suo cognome: diventò così prima “Pierre Ferdemat”, a causa di un piccolo disguido burocratico, e successivamente “Pierre de Fermat”. La sua repentina ascesa derivò soprattutto dalle condizioni ambientali favorevoli. A quel tempo, infatti, in Europa infuriava la peste e in molti tendevano a morire poco dopo aver contratto questa malattia. I sopravvissuti, di conseguenza, venivano elevati di rango per rimpiazzare gli svariati morti, dato che un impiegato pubblico morto era meno produttivo di uno vivo, sebbene lavorasse più o meno alla stessa velocità.
Anche Fermat, nel 1652, si ammalò di peste e le sue condizioni peggiorarono velocemente, tanto che gli fu diagnosticato quasi subito una grave setticemia al “de” del cognome. Si racconta che, in fin di vita, egli abbia confidato all’amico fraterno Bernard Medon che lo avrebbe nominato erede di tutti i suoi cospicui averi, cosa che indusse Medon a dichiararne frettolosamente la morte. Tuttavia, quest’ultimo fu poi costretto a dare la smentita, in quanto il matematico si era ben ripreso da quella sciagura, e passò la convalescenza a colpire ripetutamente Medon con un bastone nodoso.
Lavoratore instancabile, nel tempo libero si occupava di letteratura (compose persino alcuni versi) e, soprattutto, di matematica. Per questo, è chiamato “il principe dei dilettanti“, poiché, pur dedicandosi alla matematica solo nel tempo libero, la sua influenza sulla storia della disciplina fu notevolissima. Pubblicava le sue idee molto raramente e per lo più sappiamo delle sue scoperte grazie alla corrispondenza scambiata con altri matematici, come Mersenne o Pascal, o da suoi commenti in margine a libri che stava leggendo. Fermat preferiva infatti non pubblicare libri ma scrivere le sue scoperte annotandole su libri pubblicati da altri. La spiegazione di questo insolito comportamento è contenuta nelle sue memorie, interamente scritte su frammenti di fazzolettini di carta usati: «Sono un uomo molto ansioso e insicuro. Non potrei tollerare un rifiuto alla mia proposta di pubblicazione: preferisco quindi non “scrivere libri” ma “scrivere sui libri”. Quando mi si domanda se c’è qualche libro che contiene miei lavori io rispondo: certo! Ed è la verità. In giro è pieno di libri con sopra i miei scarabocchi».
Il più famoso enunciato ritrovato tra gli appunti di Fermat e scarabocchiato su un libro altrui ha eluso per secoli i tentativi di dimostrazione da parte di matematici del calibro di Dirichlet, Cauchy, Legendre, Odifreddi. La congettura riguardava l’impossibilità di esprimere una potenza di numero intero come somma di due potenze di due interi con lo stesso esponente (maggiore di 2) e Fermat la annotò nel 1637 appunto sul margine di un volume dell’Arithmetica di Diofanto, accompagnandola con le seguenti parole: «Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina». Nel 1994 arrivò la dimostrazione da parte di Andrew Wiles, pubblicata sugli Annals of Mathematics: 200 pagine nella prima formulazione (ridotte a 130 nella versione definitiva, dopo aver rimpicciolito il font) considerate al di là della comprensione della maggior parte dei matematici odierni, e non solo a causa dell’uso occasionale di imprecazioni in gaelico stretto. Per questo risultato, Wiles ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui l’Abel Prize 2016. Il 24 maggio di quell’anno, durante la cerimonia di consegna del premio, tenuta a Oslo alla presenza di Harald V Re di Norvegia, Wiles disse: «Dispongo di un meraviglioso ringraziamento per questo premio che non può essere contenuto nel margine troppo stretto della cerimonia».
Fermat si occupò anche dell’applicazione dell’algebra alla geometria o geometria analitica. Verso il 1629 fece, sempre senza pubblicarla, la notevole scoperta che un’equazione f(x,y)=0 rappresenta una curva nel piano xy che è il principio fondamentale della geometria analitica e che fu pubblicato nel 1637 nella Geometria di Cartesio, con grandi ringraziamenti sottintesi. Morì all’età di 63 anni a Castres. Il suo testamento fu ritrovato scritto sui margini del testamento di un altro tizio che era morto pochi giorni prima.
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