Può un numero essere… “irrazionale”? Certo. E la matematica ne è piena…
Pensare che proprio una disciplina rigorosamente logica e cerebrale come la matematica possa aver partorito, perfino con un certo compiacimento, il concetto di irrazionale sembra un vero paradosso. Un paradosso di tipo linguistico, comunque, che nasce dal fatto che la parola latina ratio, oltre a significare motivo, indica anche il rapporto, il confronto tra grandezze. Di qui, l’uso di razionale per indicare numeri che sono rapporti di interi: mezza mela, due terzi di torta, un quarto di litro e così via. E ciò che non è razionale, in questo senso, non può che essere chiamato irrazionale.
La necessità di questa categoria è insita nel problema della misurazione di lunghezze o di aree. Se cerco un appartamento di cento metri quadrati, ovvero una casa il cui pavimento possa essere ricoperto con cento mattonelle quadrate di lato di lunghezza di un metro, e mi imbatto una casa a pianta circolare? Qual è la lunghezza del raggio che risponde perfettamente alle mie esigenze? Si tratta di un problema analogo a quello che consiste nel determinare la lunghezza della diagonale di un quadrato di lato di misura pari ad 1 metro, ad esempio. Come afferma in maniera perentoria il teorema di Pitagora, la risposta a questo quesito è un numero che moltiplicato per se stesso dà come risultato il numero 2.
Una pausa di riflessione ed una breve sequenza di implicazioni logiche mostra che non esiste nessun rapporto di numeri interi che abbia questa proprietà! Posso permettermi di dividere in frazioni piccole quanto voglio l’unità di misura presa in considerazione, ma non riuscirò mai, per quanto mi impegni con passione e precisione chirurgica, a riprodurre con esattezza la lunghezza richiesta. Se la mia accuratezza è dell’ordine del centimetro, mi accorgerò che centoquarantuno centimetri sono troppo pochi e centoquarantadue troppi; se miglioro la mia tecnologia tanto ad arrivare al millimetro, scoprirò che millequattrocentoquattordici millimetri sono pochi e millequattrocentoquindici sono troppi. E così via. Per quanto io possa affinare la mia precisione, la lunghezza che vado cercando scappa e scappa all’infinito. C’è quindi una discrepanza tra il mondo dei numeri, nel senso del rapporto di interi, e il mondo delle lunghezze, delle misure. Discrepanza che gettò lo sconforto tra i pitagorici secondo cui tutto era numero ed accettare la presenza di entità fisiche così evidenti che scappassero ad ogni classificazione numerica razionale non era certo cosa da poco.
La soluzione del problema risiede nel buon vecchio adagio: se non puoi sconfiggere il tuo nemico, allora fattelo amico. Nello specifico, con la libertà tipica del pensiero matematico, si può serenamente decidere che non c’è nessun motivo per cui si debba chiamare numero solo un rapporto di interi. Meglio costruire un insieme più ampio che contenga al suo interno, oltre ai numeri razionali, anche tutti quegli altri elementi che corrispondono a lunghezze non misurabili con i razionali: i numeri irrazionali, per l’appunto. Visivamente, l’insieme dei numeri razionali può essere pensato come una sequenza di punti estremamente fitta, più fitta di quanto una singola rappresentazione grafica sia in grado di descrivere, perché con le frazioni è possibile realizzare numeri arbitrariamente piccoli: uno, un decimo, un centesimo, un millesimo… L’esistenza di lunghezze non razionali indica che l’insieme dei razionali, seppur distribuito ovunque in maniera ossessivamente densa, resta comunque “bucherellato” più di un groviera. Ogni buco corrisponde ad un numero irrazionale e la soluzione consiste nel tappare tutti questi buchi dichiarandoli, d’ora in poi, essi stessi numeri: radice di due, la sezione aurea, Pi-greco…
Sì, perché anche Pi-greco è un numero irrazionale e, proprio come radice di due, anche lui nasce da un problema di misurazione: l’area di un cerchio di raggio di lunghezza 1 è proprio pari a Pi-greco. Quindi… tre-e-quattordici? Assolutamente no! Tre-e-quattordici è il numero razionale 157/50. Pi-greco è pari a Pi-greco, punto e basta. Tra l’altro, in un certo senso, Pi-greco è un numero ancora più strambo di radice di 2. La sua stranezza viene codificata dicendo che è un numero trascendente, a differenza di radice di 2 che è definito algebrico. La distinzione sta nel fatto che mentre quest’ultimo numero verifica la relazione x^2-2=0, Pi-greco non risolve nessuna equazione polinomiale a coefficienti interi (come può essere dimostrato con una certa dose di pazienza e competenza tecnica specifica).
Questo fatto non è senza conseguenze: ad esempio, dalla trascendenza di Pi-greco segue che la quadratura del cerchio, ovvero la costruzione di un quadrato con la stessa area di un cerchio con uso esclusivo di riga e compasso, non e’ possibile.
Distinzioni e dettagli che, forse, stuzzicano la curiosità (numeri irrazionali, numeri trascendenti, costruzioni con riga e compasso…) ma, in concreto, come incide l’irrazionalità nell’uso dei numeri come strumenti per una misurazione quantitativa del mondo che ci circonda? Sarò onesto: cambia molto poco o, addirittura, quasi nulla. Infatti, nella totalità delle attività umane, si lavora sempre con un certa soglia minima di errore, che può cambiare a seconda dei gusti e dei problemi: un metro, un millimetro un micron… E’ per questo che tendiamo a dire che Pi-greco vale tre-e-quattordici, dimenticandoci tutta la sequenza successiva infinita e sempre piena di sorprese dei decimali successivi. Spesso e volentieri, approssimare Pi-greco con centocinquantasette cinquantesimi non è poi terribilmente grave, visto che l’errore è inferiore ad un centesimo. Lo svisceramento dei numeri irrazionali, quindi, è principalmente un’attività di tipo matematico, indispensabile essenzialmente quando si vuole costruire un edificio logico robusto su cui basare teorie corredate di teoremi e dimostrazioni rigorose. Insomma, per quanto possa suonare bizzarro, bisogna ammettere che il mondo razionale della matematica si appoggia su una base significativa di irrazionalità.
Corrado Mascia