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Qual è la velocità di quella macchina? Sì ma dico, non la velocità media – la velocità in questo preciso istante. Può dircelo solo un’operazione di “limite”

“Tutto scorre” sosteneva qualcuno una manciata di secoli fa. Così, per descrivere il mondo in cui siamo immersi, occorre tenere conto di quantità variabili nel tempo e nello spazio. E in questo movimento, di frequente, si vorrebbe possedere un linguaggio in grado di descrivere le variazioni anche in regimi, in cui, apparentemente, non ha senso.

Un esempio: a che velocità corre quella macchina che sfreccia lungo la A1, partita da Roma e diretta verso Milano? Difficile a dirsi.
La distanza da Roma a Milano è di circa 600 chilometri.
Se la vettura impiegherà 6 ore per completare il percorso la sua velocità media sarà stata di 100 chilometri l’ora. Si tratta di una media, per l’appunto. E ora?
Sembra ragionevole considerare su un intervallo di tempo più breve. Da Orte ad Arezzo sono circa 130 chilometri e il nostro amico ha  impiegato circa un’ora e un quarto, quindi la media è stata di quasi 105 chilometri all’ora. Ma ora? Ora che ha appena superato il casello di Arezzo? Qual è la sua velocità?
Si possono considerare intervalli di tempo (o di distanza) più brevi, ottenendo valori sempre più vicini a quello cercato, dividendo le distanze per i tempi corrispondenti.
Ma alla velocità di questo istante non si arriverà mai, perché questo singolo attimo dura zero secondi e dividere per zero, per un capriccio dei numeri con cui lavoriamo, non ha senso.

La situazione è peculiare: possiamo calcolare medie su intervalli di tempo sempre più piccoli, ma non di durata nulla. Possiamo arrivare molto vicini a quello che andiamo cercando, ma raggiungerlo… mai!
C’è un unico piccolo e minuto punto di baratro, lo zero, che ci impedisce di determinare precisamente la velocità istantanea.

Nella prassi quotidiana, non si tratta di un problema terribilmente grave. La velocità media in un intervallo di tempo sufficientemente breve – un secondo, ad esempio – può ragionevolmente essere considerata la velocità di un istante.
Ma per il rigore della matematica questo palliativo non è soddisfacente, perché il concetto di “breve” è soggettivo e il criterio valido nel problema di oggi, potrebbe non esserlo per il problema di domani.
Cercando una soluzione universale, buona per tutti i gusti e per tutti i problemi, si sviluppa un linguaggio che  permette di arrivare fino a zero e arrivarci con tutti i crismi del rigore logico.
Si parla allora di “passaggio al limite” che sta, grosso modo, ad indicare l’entrata in un mondo diverso, più raffinato di quelle delle semplici operazioni elementari; un mondo in cui, a volte, dividere per zero è possibile.

 

Corrado Mascia

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