Come possono le reti neurali essere di aiuto nella ricerca astronomica, ad esempio nell’esame delle immagini o nel calcolo del red shift
Le reti neurali sono uno strumento molto potente per analizzare dati. Possono essere utilizzate in molti argomenti di ricerca, come ad esempio nell’astronomia, di cui ci occupiamo oggi: si possono ad esempio esaminare banalmente immagini astronomiche e anche il red shift. Esempio del primo caso è Astronomical image segmentation by self-organizing neural networks and wavelets ( versione scaricabile) del 2003 di Jorge Núñez (Università di Barcellona) e Jorge Llacer (EC Engineering Consultants LLC). Nell’articolo i due autori prima descrivono lo sviluppo di un algoritmo destinato allo studio della segmentazione delle immagini astronomiche, quindi studiano la separazione stellare e soprattutto rielaborano una immagine di Saturno (quella in apertura): l’algoritmo, che lavora come una rete neurale, sembra abbastanza robusto contro il rumore e la frammentazione.
Nello stesso anno, un gruppo di astronomi italiani ha invece pubblicato Neural networks in astronomy ( versione scaricabile), nel quale hanno riassunto alcuni usi possibili per le reti neurali nella loro disciplina di competenza, esaminando poi i dati usati dalla collaborazione AstroNeural. Infine nel 2004 una collaborazione tra ricercatori d’Italia, Germania e Francia ha proposto un’applicazione delle reti neurali al red shift (preprint su arXiv): è quest’articolo che esamineremo nella seconda parte. Nella prima si cercherà di definire cosa è una rete neurale:
Possiamo visualizzarla come un sistema di nodi e collegamenti, un po’ come una rete euleriana. Nella sua struttura si possono eventualmente trovare più reticoli, ognuno completamente connesso. Reti di questo genere sono dette Multilayer Perceptron NN, e l’interazione tra ogni nodo è modellata dalla seguente funzione:
dove k è una qualche funzione predefinita, gi è un vettore di funzioni.
Un modello più semplice è dato dalla seguente espressione:
dove nj è il j-simo nodo, h una costante, wij il peso del collegamento, zi il nodo precedente. Per i lettori più attenti, faccio notare che questa espressione presenta delle similitudini con una hamiltoniana per un reticolo di spin.
Ci sono anche le così dette mappe autoorganizzate, nelle quali ogni nodo, o neurone, è in competizione con l’altro:
E’ possibile, poi, aggiornare le reti neurali con la logica fuzzy che consente la segmentazione delle immagini, la rilevazione degli oggetti, l’identificazione del rumore (per esempio nella rilevazione delle onde gravitazionali), la stima del redshift. Il grande vantaggio nell’uso delle reti neurali in astronomia è, d’altra parte, per portare a compimento calcoli altrimenti complessi con gli algoritmi usuali.
Ad esempio, possiamo dare un’occhiata ai grafici dell’articolo di Vanzella er al. Nel loro lavoro, gli astronomi hanno utilizzato laMultilayer Perceptron NN, utilizzando dati reali provenienti dall’Hubble Deep Field North.
Questo è il primo confronto tra
il redshift spettroscopico nell’HDF-S e il redshift neurale usando i colori come modello di ingresso. L’addestramento [della rete neurale] è stato fatto sui campioni spettroscopici dell’HDF-N, la stima del redshift per ogni oggetto è la mediana di 100 predizioni e la barra di errore rappresenta un intervallo. I cerchi aperti rappresentano oggetti con una fotometria inattendibile e i triangoli sono oggetti con un redshift incerto.
In questo secondo grafico c’è un confronto dopo l’aggiunta di ulteriori informazioni.
Uno dei più importanti strumenti nelle reti neurali è l’abilità di questo tipo di reti di imparare dai dati: è per questo che ha una certa importanza riuscire ad aggiungere dati al proprio insieme.
L’ultimo grafico che vi propongo è, infine, la distribuzione del redshift del campione spettroscopico (la linea tratteggiata è la predizione della rete neurale):
Alcuni link nel finale: How to build a brain with neural networks
Evolving Neural Networks with SharpNEAT: part 1, part 2
Artificial neural network can distinguish between tea leaves.
di Gianluigi Filippelli