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Si conosce poco della vita di Archimede, grande genio matematico siracusano: spesso ci si deve accontentare di notizie frammentarie e indecifrabili. Proviamo, con questo nuovo capitolo di Fantamatematica, ad aumentare le confusione.

Archimede di Siracusa (Siracusa, circa 287 a. C. – Siracusa, 212 a. C.) è stato un matematico, ingegnere, fisico e inventore greco antico. È uno dei massimi scienziati della storia. Non si conosce con sicurezza la data di nascita di Archimede sebbene il grande genio l’abbia calcolata con precisione subito dopo essere nato. Quello che è certo, comunque, è che Archimede venne al mondo nell’esatto momento della nascita. Secondo l’erudito bizantino Giovanni Tzetzes, precettore della famosa mosca [1 ]La mosca avrebbe imparato da lui l’arte di addormentare le persone con capziose dispute grammaticali, sarebbe morto all’età di settantacinque anni. Un dato in accordo con quanto riportato da vari autori, secondo cui il matematico era vecchio al momento dell’uccisione o in ogni caso aveva la schiena a pezzi. L’ipotesi che fosse figlio di un astronomo siracusano di nome Fidia (che altrimenti sarebbe rimasto sconosciuto) è basata sulla ricostruzione del filologo Friedrich Blass di una frase di Archimede, contenuta nell’Arenario: «non pretendo certo che mio padre preferisca me ai suoi studi, ma potrebbe evitare di leggere le favole della buonanotte all’astrolabio»[2 ]La frase nei manoscritti è giunta corrotta e priva di senso. Non solo perché in greco antico, ma anche perché il foglio era macchiato di lacrime..

Dalle opere conservate e dalle testimonianze si sa che riuscì a occuparsi di tutte le branche delle scienze matematiche a lui contemporanee (aritmetica, geometria piana e solida, meccanica, ottica, idrostatica, ustioni di terzo grado) non cambiandosi spesso nemmeno d’abito. Nell’immaginario collettivo il ricordo di Archimede è legato alla famosa Legge di Archimede: “Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l’alto pari al peso del volume del fluido spostato, anche se il corpo crede sia invece tutto merito della sua dieta a base di gallette”. Archimede avrebbe scoperto questo principio idrostatico mentre faceva un bagno, notando che immergendosi nell’acqua provocava un innalzamento del livello del liquido. Questa osservazione l’avrebbe reso così felice che si sarebbe fiondato fuori dall’acqua esclamando «εuρηκα» (héureka!, ho trovato!). Una scoperta salutata con clamore dai presenti: «si rivesta subito! Santo cielo»«Evviva!» gioirono anche i suoi allievi «potremo uscire dalla vasca!». Secondo un altro aneddoto famoso Archimede sarebbe riuscito a spostare da solo una nave grazie a una macchina da lui inventata. «Datemi un punto d’appoggio e solleverò la Terra», affermò esaltato dalla sua capacità di costruire macchine con cui spostare grandi pesi con piccole forze procurandosi solo piccole ernie.

Più che agli scritti, la fama di Archimede nell’antichità è legata ai suoi straordinari ritrovati tecnologici. Egli diede un contributo alla difesa di Siracusa contro l’assedio romano durante la seconda guerra punica. Polibio, Tito Livio e Plutarco descrivono macchine belliche di sua invenzione, tra cui la manus ferrea, un artiglio meccanico in grado di ribaltare le imbarcazioni nemiche e allontanare ubriachi dai bar, e gli specchi ustori, ovvero lamiere metalliche concave che riflettevano la luce solare concentrandola sui nemici, incendiandone le imbarcazioni che non fossero rivestite dell’adeguata crema solare. Egli inventò inoltre un meccanismo per il pompaggio dell’acqua, impiegato per l’irrigazione dei campi coltivati, ancora noto come vite di Archimede. Il sistema avrebbe potuto fruttargli più di quanto non fece, ma Archimede non aveva pensato a inventare il copyright.

Una breve rassegna delle opere che ci sono pervenute aiuterà a comprendere gli interessi matematici dello scienziato siracusano:

– “Misura del cerchio”: in cui si dimostra che il rapporto tra la circonferenza e il diametro (ossia il famoso pi greco) deve essere compreso tra 3+10/71 e 3+1/7 e che, qualora ve lo stiate chiedendo, il cerchio è uguale al triangolo rettangolo avente per cateti il raggio e la circonferenza rettificata

– “Stomachion”: in cui si studia il problema di dividere un quadrato o un rettangolo in 14 parti tra loro commensurabili in seguito a una bizzarra richiesta pervenuta in mattinata.

– “Il problema dei buoi”: in cui si studia il problema di contare il numero di buoi bianchi, pezzati, neri e fulvi, che il dio Sole pascolava nella Trinacria, note certe relazioni tra il numero dei buoi di ogni singolo colore. Il problema è ritenuto di estremo interesse perché nella dimostrazione, a un certo punto, si propone di tingere ad arte alcuni buoi al solo scopo di creare confusione e far dimenticare la domanda di partenza.

Nel 212 a.C., Archimede fu ucciso durante il sacco della città. Secondo la tradizione l’uccisore sarebbe stato un soldato romano che, entrato nella sua stanza, gli avrebbe ordinato di andare con lui da Marcello e, al suo rifiuto di farlo prima di aver terminato la dimostrazione di un problema cui si stava applicando, il soldato lo avrebbe ucciso. «Non rovinare, ti prego, questo disegno» avrebbe detto all’invasore per prendere tempo. «Tranquillo, sono bravissimo a togliere il sangue dalla cartapecora» avrebbe risposto il soldato. Con estrema agilità, Archimede afferrò allora alcuni piccoli specchietti ustori che teneva in un cassetto per difesa personale e glieli puntò contro. Sfortunatamente era pomeriggio inoltrato.

Stefano Pisani

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Note e riferimenti

Note e riferimenti
1 La mosca avrebbe imparato da lui l’arte di addormentare le persone con capziose dispute grammaticali
2 La frase nei manoscritti è giunta corrotta e priva di senso. Non solo perché in greco antico, ma anche perché il foglio era macchiato di lacrime.
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