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In un racconto di Italo Calvino viene descritta una curiosa città: Eudossia. In questa città, estremamente complicata (vicoli, vicoletti, strade, stradine) è conservato un tappeto che, in qualche modo, è una mappa della città stessa: seguendo le trame che vi sono ricamate, si riesce a riconoscere lo schema geometrico implicito nella città.

Il legame tra la realtà che ci circonda e alcuni modelli matematici è analogo: in matematica si creano modelli, cioè mappe della realtà, nella speranza di non perdersi e di poter prevedere quello che accadrà.

Esistono tanti tipi di modelli matematici e ognuno è libero di scegliere il suo: i migliori vengono poi valutati, caso per caso, in base ai successi ottenuti. Tra questi, si distinguono i modelli di tipo “differenziale”, che si traducono in un certo numero di cosiddette “equazioni differenziali”.

Studiando un fenomeno, la prima cosa da fare è individuare le quantità che appaiono significative per descriverlo. Se si vuol studiare il moto dei pianeti, ad esempio, quello che interessa principalmente è la loro posizione, la loro velocità, magari anche la loro forma o la velocità di rotazione di ognuno intorno al proprio asse. Se si vogliono fare le previsioni meteorologiche, interesserà invece conoscere temperatura, pressione e velocità di propagazione di una certa perturbazione.

Si è parlato di “equazioni” perché il secondo passo che si compie è stabilire il legame che intercorre tra varie quantità: studiando le equazioni differenziali si studiano dunque le relazioni che legano queste quantità, il cui significato concreto dipende dal fenomeno che si sta cercando di comprendere con la malcelata speranza di poter sapere in anticipo quello che succederà poi.

Il termine “differenziale” somiglia tanto, giustamente, a “differenza”. Infatti, delle quantità che si studiano interessano le variazioni, cioè le differenze (appunto!) tra lo stato iniziale e quello finale. Quindi un’equazione differenziale non è altro che un legame tra certe quantità e le loro variazioni.

L’idea di fondo è realizzare un’istantanea che contenga tutte le informazioni utili in un certo momento e poi, conoscendo le variazioni delle quantità, essere in grado di prevedere il fenomeno osservato da qui all’eternità. Differenziale, quindi, è riferito al fatto che abbiamo la possibilità di conoscere il valore di una certa quantità se sappiamo il suo valore in un istante iniziale (condizioni iniziali) e se ne conosciamo il suo modo di variare – in rapporto al tempo, ad esempio. Non è, infatti, molto interessante sapere che un albero sia cresciuto di 10 metri, se non sappiamo quanto tempo ha impiegato a farlo. Quindi, quello che alla fine interessa sono le variazioni in rapporto alle variazioni di altre quantità (l’altezza rispetto al tempo, nel caso dell’albero).

Quale valore ha uno studio di questo genere? Due risposte: una pratica ed una filosofica. Per quanto riguarda la prima, la bontà di un modello differenziale sta nella precisione delle sue previsioni. Ad esempio, il modello classico (dovuto a Newton) che descrive il moto dei pianeti funziona molto bene. Ed è la comprensione di questo modello che, fra le altre cose, permette di fare in modo che i satelliti orbitino intorno alla Terra (senza cadere o scappare verso altre galassie…).

Una seconda risposta è in realtà una nuova domanda: che legame c’è tra realtà e modello? La domanda se la pone anche Calvino, sempre richiamando Eudossia. Parlando della città e del tappeto, scrive infatti “un oracolo ha detto che uno dei due è opera divina e l’altro ne è un approssimativo riflesso, come ogni opera umana”. Ma quale dei due sia l’uno e quale l’altro, rimane una domanda aperta…

di Corrado Mascia

 

Corrado Mascia è professore associato in Analisi Matematica all’Università di Roma “Sapienza”. E’ docente dei corsi “Equazioni differenziali” e “Modelli analitici per le Applicazioni”.

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