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Non abbiamo intenzione di raccontare ancora una volta le avventure dei tre celebri personaggi di Alexandre Dumas (magari in salsa rosa) ma solo di fare qualche riflessione su quello che hanno rappresentato nell’ormai trascorso 2014 tre eminenti signore, precisamente Maryam Mirzakhani, matematica, vincitrice della prima Fields Medal attribuita a una donna, Samantha Cristoforetti, ingegnera, prima donna italiana lanciata nello spazio ed attualmente a bordo della stazione spaziale internazionale e Fabiola Gianotti, fisica, prima donna nominata Direttore Generale del CERN di Ginevra.

E’ stato un anno semplicemente straordinario per le scienziate italiane e non, un anno in cui per la prima volta si è avvertita in modo palpabile una eguaglianza di genere nel poliedrico e difficile mondo delle scienze, che fino a ora sembrava impossibile da raggiungere. Non sono passati infatti che pochi anni da quando il Rettore non magnifico dell’Università di Harvard Lawrence Summers nel 2006 dichiarò che riteneva le donne poco portate per gli studi di ingegneria, affermazione che gli costò la poltrona e fece scendere in campo armate fino ai denti le associazioni femminili di mezzo mondo.

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Non sono degli UFO queste tre scienziate, ma donne in carne e ossa che mi son presa la briga di osservare da vicino, tanto per convincermi che non fossero delle aliene. Maryam l’ho potuta guardare dritto negli occhi a Seoul nell’agosto scorso qualche minuto prima che le attribuissero la Fields Medal. Gradevole, gentile, minuta, un viso effettivamente con tratti medio orientali data la sua origine iraniana, elegantemente consapevole della sua cattedra all’Università di Stanford, guadagnata a soli 29 anni per importanti contributi in geometria iperbolica, teoria ergodica e geometria simplettica.

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Poi Samantha Cristoforetti, aviatrice, ingegnera e astronauta, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea, coetanea di Maryam e laureata in ingegneria meccanica all’Università Tecnica di Monaco, successivamente ammessa all’Accademia Aeronautica di Pozzuoli con conseguente laurea in scienze aeronautiche presso l’Università Federico II di Napoli e infine specializzata negli Stati Uniti presso l’Euro-Nato Joint Jet Pilot Training di Wichita Falls in Texas. Nel giugno 2014, prima che finisse su tutte le pagine di stampa cartacea e digitale del mondo, a nome dell’Università Tor Vergata di Roma e dell’Osservatorio Interuniversitario di Genere GIO, invitammo Samantha a parlarci di sé, restando tutti incantati ad ascoltare i suoi racconti pieni di entusiasmo sulle sue esperienze, una donna in divisa orgogliosa del suo lavoro, provvista di un carisma innato che deve pur esserle servito nella sua avventurosa ascesa alle stelle vere.

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Infine Fabiola Gianotti, fisica, che poco dopo la scoperta della prima particella compatibile con il bosone di Higgs nel luglio 2012, venne invitata all’Accademia dei Lincei a fare una Lectio Magistralis sulla sua esperienza, in occasione della sua nomina a socio dell’Accademia, cioè dopo aver aggiunto una unità allo sparuto numero delle socie Lincee che su circa cinquecento soci sono solo numericamente il 4 per cento. Durante la sua bellissima conferenza, Fabiola ha illustrato le immagini del laboratorio in cui ha coordinato il progetto Atlas all’interno del più famoso centro di studio delle particelle del mondo. Venti anni a capo di questo importante progetto senza mai dare nell’occhio, ci è voluta una splendida copertina su Time Magazine per memorizzare il suo profilo. Non so quante volte ho proiettato quella foto in cui era vestita di rosso, per arricchire le conferenze sulle donne scienziate che mi capita di fare, tanto sono ammirata del suo splendido lavoro.

Perché, obiettivamente, queste tre signore hanno qualcosa di magico: starle a sentire quando parlano riempie di entusiasmo, si ha l’impressione che tutto sia possibile, che secoli di barriere e stereotipi senza fondamento si siano finalmente sbriciolati. Quanto ci siamo perse a causa di queste barriere e questi stereotipi?

Moltissimo. Avremmo avuto altre Ipazie e Maria Gaetana Agnesi, frotte di Marie Curie e chissà che altro, certamente molti più premi Nobel assegnati a donne, perché esistono delle costanti significative nelle vite delle donne che si sono occupate di scienza. L’esercizio di infinita pazienza e tenacia nel condurre a termine ricerche che richiedono a volte tempi lunghissimi e calcoli precisi è infatti caratteristica peculiariare del sapere delle donne, assieme alla loro innata abilità nell’orientare socialmente la scienza.

Ma per secoli e secoli se ne sono resi conto in pochi, ogni tanto qualcuna è stata anche insignita di grandi onori, come la matematica scozzese Mary Fairfax Somerville che fu la prima socia onoraria donna della Royal Astronomical Society nel 1838, dopo essere diventata una scienziata da autodidatta, nel senso che non era neanche andata a scuola e aveva appreso quanto le serviva a suon di notti a lume di candela, visto che in famiglia osteggiavano i suoi studi.

Non c’è da meravigliarsi se poi donne come lei ce l’hanno fatta lo stesso. Ho delle allieve che invece a scuola ci sono andate, e quando le guardo scrivere i loro elaborati durante le esercitazioni o agli esami, spero sempre che magari tra loro qualcuna pensi di andare avanti, di imbarcarsi nella grande avventura della ricerca scientifica, anche se i mari sono attualmente piuttosto tempestosi, la strada lunga e i fondi scarsi.

Sono ancora giovani le tre moschettiere, ci sorprenderanno di certo con nuove imprese, ed è bello pensare che loro energie vitali siano al servizio dell’umanità, per loro espresso desiderio e ammirevole intenzione. Ancora tanta buona fortuna, Maryam, Samantha e Fabiola e grazie per quello che avete fatto finora, ve ne siamo sinceramente grate!

Elisabetta Strickland, vice presidente INdAM (Istituto Nazionale Alta Matematica) e membro della Women in Mathematics Committee WIM della European Mathematical Society

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