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In teatro lo spettacolo Pacta dei teatri che mette in scena due capisaldi del pensiero matematico, relativi rispettivamente alla teoria dei giochi ed alla problematica che ha dato il via alla nozione di grafo

Naturalmente gli esperti avranno riconosciuto nel titolo due capisaldi del pensiero matematico, relativi rispettivamente alla teoria dei giochi ed alla problematica che ha dato il via alla nozione di grafo: i sette ponti sono quelli della città di Königsberg. Due importanti teorie relativamente recenti che riguardano la modellistica decisionale ed alcuni oggetti fondamentali della matematica discreta, entrambe fondate sulla necessità di astrarre dalla realtà contingente, isolarsi dal “rumore di fondo” e cogliere solo i dati significativi dei problemi.

Mettere in scena queste idee non è certo facile. Non si tratta solo di “raccontare” qualche vicenda in cui intervengono o qualche storia degli studiosi che le hanno affrontate ma, propriamente  “rappresentare” la problematica che le incorpora e dare loro una “vita scenica” autonoma. E,  oltre tutto, in  maniera che uno spettatore ignaro degli aspetti matematici, e come spesso capita volutamente disinte ressato ad essi, sia in grado ugualmente di ammirare la profondità, l’utilità del loro studio e magari perfino la finezza della formalizzazione matematica, mentre l’appassionato possa riconoscerle anche nelle minime allusioni e ancora una volta apprezzarle nel proprio intimo.

Una sfida che la compagnia “Pacta dei teatri” affronta da parecchi anni, grazie all’aiuto – inevitabile – di esperti della materia, alla competenza che l’autore – forse suo malgrado – ha sviluppato in questo campo e alla bravura degli attori, coscienti di trattare con materiale che di solito costituisce un punto dolente per l’opinione pubblica.

Lo spettacolo si compone di due parti, separate dall’argomento e dal linguaggio teatrale ma non dal desiderio di mettere a fuoco i problemi decisionali e i metodi per affrontarli. Nel primo caso, quello della teoria dei giochi, l’ambiente si presenta a fosche tinte, con una vicenda densa di mistero. Rimasti bloccati in montagna da una tormenta, dopo essersi isolati temporaneamente per tentare di dimenticare la dolorosa perdita del figlio, Vico ed Emma intrecciano un doppio gioco nel quale sono di volta in volta i protagonisti e le vittime. Perché Vico intesse a sua volta una competizione di strategia con il proprio alter ego Ludo (in realtà egli è Ludovico, ed il gioco fa la propria comparsa anche terminologica): il “dilemma” non riguarda semplicemente, come negli schemi tradizionali, la scelta fra un comportamento individualmente razionale ed uno che forse appare meno sensato ma che è tuttavia più vantaggioso in senso collettivo. No, qui c’è anche il conflitto che nasce all’interno di una stessa persona, fra la parte raziocinante e la componente passionale, e si riflette sulla propria condotta nei rapporti con gli altri, in questo caso con la moglie.

La messa in scena si avvale di riprese che sfalsano il luogo e il tempo e rendono allo spettatore la realtà – o forse il dubbio della realtà.

La seconda parte cambia radicalmente atmosfera e stile. Il detective Karl Kant vive nella città di Königsberg, come l’omonimo filosofo a cui, almeno secondo l’aneddotica tradizionale, vagamente assomiglia. Qui si trova coinvolto in due casi “gialli” che risolve con l’aiuto di un poliziotto pasticcione, ma soprattutto facendo tacere le proprie pulsioni e concentrandosi astrattamente sui dati sensibili. La soluzione dei due casi, collegati fra di loro, appare evidente non appena questi vengono formalizzati con opportuni grafi, ed il simpatico Karl è prodigo di spiegazioni all’amico poliziotto ed al pubblico, con un dialogo che conduce dai primi tentativi, istintivi ed ingenui, fino alla conquista consapevole della chiave risolutiva (che è il famoso teorema di Eulero).

Se la prima parte dello spettacolo lascia intatta la problematica del “dilemma” – il mistero e il dubbio  –  senza voler alludere ad inopportuni risultati, le conclusioni del nostro detective dispiegano del tutto, seppure in un caso volutamente semplice, la forza dell’argomentazione razionale.

Matematica, in entrambi i casi.

In scena al teatro Oscar di Milano dal 15 al 31 ottobre 2010
Progetto: Raccontare la scienza/matematicamente possibile
Produzione: Pacta dei teatri

Testo di Riccardo Mini
Regia di Valentina Colorni
Consulenza scientifica: Alberto Colorni e Roberto Lucchetti ( Politecnico di Milano)
Con: Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini, Valdimir Todisco Grande, Marco Pezza
Spazio scenico: Riccardo Magherini
Video e immagini: Ino Lucia
Luci: Fulvio Michelazzi
Musiche originali di Maurizio Pisati
Costumi: Maria Eugenia D’Aquino
di Renato Betti

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