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Come fanno i giganteschi atleti del wrestling a rimanere completamente illesi dopo apparentemente impressionanti cadute? Potrebbe spiegarlo la matematica.

In un articolo postato sul sito Bleacher Report, a firma di Jev Thorpe, si descrive una ipotetica connessione fra wrestling e matematica.

Sono due le chiavi tattiche che un wrestler segue quando cade, e che in un certo senso ‘minimizzano’ gli effetti dell’impatto.

La prima è l’equa distribuzione della maggior parte del colpo sul suo corpo, in modo da non colpire le aree vitali. Quando un atleta si lancia, cerca di posizionarsi in modo da colpire il tappetino del ring allo stesso momento con braccia, gambe e schiena, riducendo così la forza che viene esercitata sulle singole aree del suo corpo.

Seguendo le semplici regole della pressione (P=F/A, con P pressione, F forza, e A area su cui è esercitata la forza F) ci si può rendere conto che se si aumenta l’area A di impatto, a parità di colpo (forza F di impatto) la pressione subita dall’atleta che cade diventa.

Quando il wrestler cade da un’altezza elevata, si trova ad acquistare una certa quantità di moto, un momento dovuta alla gravità, data appunto dalla sua massa per la sua velocità (chiamiamola p). Questa quantità di moto cambierà, perché, necessariamente, prima o poi la sua caduta si fermerà. Chiamiamo D la sua variazione.

Allora, in questo caso di applica la formula
Fxt=Dp (F= forza, t= tempo, D=variazione, p=momento)
Aumentando il tempo, dunque, a parità di momento p, la forza applicata diminuirà.

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