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Che cosa dice esattamente la congettura di Riemann, ossia quello che molti considerano uno dei più grandi misteri della matematica? In questo articolo ne trovate una presentazione abbastanza semplice proposta da Alessandro Zaccagnini.

Introduzione storica

La Congettura di Riemann vede la luce nell’articolo scritto nel 1859 dal grande matematico tedesco Georg Friedrich Bernhard Riemann, in occasione della sua nomina a Membro Corrispondente dell’Accademia Prussiana delle Scienze.

La prima formulazione della Congettura riguarda la distribuzione degli zeri di una funzione di una variabile “complessa” detta zeta e che ha ormai preso il nome dallo stesso Riemann. In realtà, la funzione zeta compare già almeno nel Seicento in un caso particolare (problema di Basilea, proposto nel 1644 dal matematico bolognese Pietro Mengoli e risolto quasi un secolo dopo dal matematico svizzero Leonhard Euler, in italiano Eulero) e certamente lo stesso Eulero nel Settecento conosceva molte delle sue proprietà. Infatti, ne ha usata una tra le piú importanti per dare una dimostrazione alternativa, indiretta e molto feconda, del classico teorema di Euclide sull’esistenza di infiniti numeri primi.

Eulero però considerava solo valori reali della variabile, mentre dobbiamo al genio di Riemann l’idea di prendere valori complessi. In questo modo, Riemann ha scoperto che la funzione zeta ha un collegamento molto stretto con la distribuzione dei numeri primi e, in particolare, la posizione dei suoi zeri è legata alla possibilità di contarli in modo accurato. Dal punto di vista geometrico, possiamo esprimere la Congettura di Riemann dicendo che gli zeri della funzione zeta si trovano confinati su due rette nel piano complesso. Per quelli cosiddetti “banali” la dimostrazione risale allo stesso Riemann: la funzione zeta si annulla nei punti \(-2\), \(-4\), \(-6\), \(-8\), …; in altre parole, gli zeri banali si trovano tutti nella parte negativa dell’asse reale.

Gli altri zeri, quelli non banali, dovrebbero trovarsi tutti sulla retta dei numeri complessi di parte reale \(\frac12\). Riemann dice che questa affermazione gli pare “molto probabile” e afferma di aver provato a dimostrarla, ma di aver rinunciato dopo qualche tentativo infruttuoso. Ha calcolato personalmente la posizione di alcuni di questi zeri; fra i tanti che si sono cimentati, ricordiamo Alan Turing che ha scritto uno dei primi programmi per computer per determinare oltre \(1100\). Oggi se ne conoscono almeno diecimila miliardi e, manco a dirlo, si trovano tutti dove dovrebbero.

Esistono molte formulazioni equivalenti della Congettura di Riemann, ma quasi tutte richiedono delle conoscenze matematiche avanzate. In quella che segue è richiesto solo di conoscere qualche proprietà elementare dei logaritmi: ma prima dobbiamo trovare un modo opportuno per “contare” i numeri primi.

Il Teorema dei Numeri Primi

Consideriamo un numero intero molto grande \(N\) e l’insieme di tutti i numeri primi che non lo superano. Prendiamo il prodotto di tutti questi numeri primi, in definitiva l’operazione piú naturale possibile con dei numeri primi. Il risultato sarà molto piú grande di \(N\): per esempio, per \(N = 100\) il prodotto vale \(2,305,567,963,945,518,424,753,102,147,331,756,070\) che ha \(37\) cifre decimali. Per \(N = 1000\) il risultato ha \(416\) cifre decimali.

Per evitare di dover prendere in considerazione numeri troppo grandi, calcoliamo il logaritmo naturale del prodotto. Per \(N = 100\) troviamo circa \(83.7\) mentre per \(N = 1000\) troviamo circa \(956.2\). Chiamiamo scarto assoluto o semplicemente scarto il valore assoluto della differenza fra \(N\) e il logaritmo naturale del prodotto dei numeri primi che non superano \(N\); nel primo esempio lo scarto vale circa \(16.3\) e nel secondo circa \(43.8\).

Il Teorema dei Numeri Primi, dimostrato simultaneamente ma indipendentemente nel 1896 da Jacques Hadamard e Charles J. de la Vallée Poussin, afferma che, se \(N\) è sufficientemente grande, lo scarto risulta minore di \(N / 100\); se \(N\) è sufficientemente grande, lo scarto è minore di \(N / 1000\), e cosí via. Se introduciamo lo scarto relativo, e cioè lo scarto assoluto diviso per \(N\), possiamo dire che, a patto di prendere \(N\) sufficientemente grande, lo scarto relativo è piú piccolo di qualunque numero positivo fissato a priori. In altre parole, lo scarto relativo tende a \(0\) quando \(N\) tende ad infinito. In realtà, grazie ai risultati trovati nel corso del XX secolo e quindi posteriori a Riemann, oggi è noto un risultato piú preciso, ma anche piú difficile da spiegare senza usare formule. In definitiva, sappiamo qualche informazione ulteriore a proposito della velocità con cui lo scarto relativo tende a \(0\) quando \(N\) tende ad infinito.

Il Teorema dei Numeri Primi è stato congetturato alla fine del XVIII secolo da Legendre e Gauss, in forme diverse ma sostanzialmente equivalenti almeno in prima approssimazione, e dimostrato portando a termine il “programma” che Riemann ha stilato nel suo articolo del 1859. In sostanza, è il culmine del lavoro di alcune generazioni di matematici: Eulero e Legendre nella seconda metà del XVIII secolo; Gauss e Dirichlet nella prima metà del XIX; Riemann, Chebyshev, Weierstrass, von Mangoldt nella seconda metà, oltre ad Hadamard e de la Vallée Poussin.

La Congettura di Riemann

Passiamo finalmente ad enunciare la Congettura vera e propria. Per \(N\) abbastanza grande, lo scarto assoluto non supera la radice quadrata di \(N\), moltiplicata, per la precisione, per il quadrato del logaritmo di \(N\). Enunciata in questo modo può non fare una grande impressione, ma si tratta di un risultato molto piú forte di quello citato sopra, perché significa che lo scarto relativo tende a \(0\) piuttosto velocemente. Fra l’altro, si può dimostrare che questo risultato è sostanzialmente ottimale, cioè che lo scarto assoluto è proprio dell’ordine di grandezza della radice quadrata di \(N\) per un’infinità di numeri interi \(N\).

Le due versioni della Congettura di Riemann (posizione degli zeri e grandezza di un certo scarto) sembrano molto distanti tra loro: uno dei risultati piú significativi e, retrospettivamente, piú utili dell’articolo di cui stiamo parlando è la connessione tra posizione degli zeri e scarto. Riemann ne ha dato una versione quantitativa molto precisa che rende immediatamente visibile questa connessione: per questo motivo è nota con il nome di “formula esplicita.”

Oggi si conoscono molte altre versioni equivalenti della Congettura di Riemann, ma quella discussa qui è la piú elementare. Negli anni, la Congettura ha trovato innumerevoli applicazioni, per la maggior parte interne alla matematica. Molti teoremi della Teoria Analitica dei Numeri pubblicati negli ultimi 100 anni cominciano cosí: “Supponiamo che la Congettura di Riemann sia vera. Allora …”

La Congettura è rilevante anche nella parte piú teorica dell’Informatica, poiché se ne deduce una quantità di informazioni sulla terminazione di alcuni algoritmi. La Congettura non serve per dimostrare che questi algoritmi sono corretti, ma “solo” per dimostrare a priori che il numero di operazioni necessarie a portarli a termine è relativamente piccolo.

Riemann stesso ha affermato di non essere riuscito a dimostrare la sua Congettura, ma nell’esaminare le sue carte nell’archivio dell’Università di Gottinga, nel 1932 il matematico tedesco C. L. Siegel scoprí che Riemann aveva una conoscenza molto piú approfondita della funzione zeta di quanto non traspaia dalle poche pagine del suo articolo di oltre 70 anni prima!

Studi successivi

Da quando è stata enunciata, sono stati fatti molti tentativi di dimostrare la Congettura di Riemann. Naturalmente i moderni computer permettono verifiche numeriche, alle quali abbiamo già accennato, sia della formulazione originale in termini della posizione degli zeri della funzione zeta, sia in termini del conteggio dei numeri primi. Oggi sappiamo che almeno \(10^{13}\) zeri non banali della funzione zeta si trovano esattamente sulla retta dei numeri complessi di parte reale \(\frac12\) e conosciamo anche il valore dello “scarto” descritto sopra, per alcuni valori di \(N\) fino a \(10^{25}\). Inutile dire che i valori numerici trovati concordano in pieno con quanto predetto dalla Congettura di Riemann.

Vi sono stati numerosissimi studi teorici sulla Congettura e sulle sue varianti. Fra gli innumerevoli matematici che hanno dato contributi significativi, citiamo G. H. Hardy, J. E. Littlewood, A. Selberg, I.M. e A. I. Vinogradov, E. Bombieri, H. L. Montgomery, …

Qui ci limitiamo a ricordare il risultato di Enrico Bombieri, che ha portato all’assegnazione della Medaglia Fields del 1974. Bombieri ha considerato il problema corrispondente a quello descritto qui, ma per i numeri primi nelle progressioni aritmetiche, affrontato e parzialmente risolto nella prima metà del XIX secolo da Dirichlet. È possibile considerare i concetti analoghi a quelli di scarto assoluto e scarto relativo descritti qui sopra, e porsi le stesse domande sulla loro grandezza, inclusa l’analoga della Congettura di Riemann.

Per esempio, possiamo suddividere tutti i numeri primi, a parte \(2\) e \(5\), in quattro classi, secondo la loro ultima cifra. Scelto \(N = 100\), avremo dunque i quattro prodotti \(60551711\), \(12386189517\), \(1344909559\), \(228570779\), che corrispondono, rispettivamente, ai numeri primi fino a \(100\) che terminano con \(1\), \(3\), \(7\) e \(9\). Come sopra, prendiamo i logaritmi naturali, trovando approssimativamente \(17.9\), \(23.2\), \(21\), \(19.2\). Poiché non vi sono motivi teorici a priori per pensare che i numeri primi “preferiscono” avere un’ultima cifra piuttosto che un’altra, analogamente a quanto detto sopra per tutti i numeri primi che non superano \(100\), prendiamo i valori assoluti delle differenze tra i valori trovati e \(25\) cioè \(100 / 4\). Questi valgono approssimativamente \(7.1\), \(1.8\), \(4\), \(5.8\) e dunque il massimo “scarto” vale circa \(7.1\).

Possiamo ripetere un ragionamento simile considerando tutte le possibili progressioni aritmetiche con una certa ragione \(q\), selezionando solo quelle che cominciano con un intero primo con \(q\). Dirichlet ha dimostrato nella prima metà del XIX secolo che ciascuna di queste progessioni “ammissibili” contiene infiniti numeri primi, e questo risultato ha ricevuto una quantificazione forte alla fine dello stesso secolo, grazie al già citato de la Vallée Poussin. In definitiva, ciascuna di queste progressioni contiene il numero “atteso” di numeri primi, e quindi gli scarti, opportunamente definiti in analogia a quanto detto sopra nel caso \(q = 10\), sono “piccoli.”

Considerando un gran numero di queste progressioni e facendo una media opportuna, Bombieri ha dimostrato che, se la Congettura di Riemann Generalizzata è falsa (cosa che quasi nessuno crede, ma che non può al momento essere esclusa), questo accade molto di rado, in un senso quantitativo molto preciso. Non è possibile escludere che qualche “scarto” sia relativamente grande, ma si tratta di un evento abbastanza raro.

Spieghiamo questa cosa prendendo a prestito il sonetto di Trilussa intitolato “La statistica,” di cui ricordiamo gli ultimi versi:

Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:

e, se nun entra nelle spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perché c’è un antro che ne magna due.

Il fatto che in media, statisticamente ogni progressione contenga il numero “previsto” di numeri primi, non ci permette di escludere che vi sia un piccolo numero di progressioni che ne contiene troppi (“mangia due polli”) o troppo pochi (resta “a digiuno”).

Per inciso, studi recentissimi suggeriscono che i numeri primi “preferiscono” davvero avere come ultima cifra \(3\) o \(7\) rispetto ad \(1\) o \(9\), anche se in una media molto complicata da spiegare …

Caveat

Stando cosí le cose, come possiamo valutare l’evidenza “sperimentale” della Congettura di Riemann? Ripetiamo che conosciamo almeno \(10^{13}\) zeri della funzione zeta che hanno la proprietà richiesta e, naturalmente, nessuno che non l’abbia. La fiducia in questi numeri che ci appaiono enormi può essere indebolita dal fatto che, studiando le proprietà piú fini dello scarto, nel 1914 Littlewood ha dimostrato teoricamente che presenta alcune irregolarità di comportamento. La prima istanza oggi nota di uno di questi comportamenti “irregolari” è intorno a \(10^{316}\): quindi sapere che vale la Congettura di Riemann “solo” per \(10^{13}\) zeri può lasciare, paradossalmente, il tempo che trova …

Spunti per letture ulteriori e approfondimenti

L’articolo originale di Riemann è in [1]; se ne può trovare una traduzione inglese nell’Appendice del libro di Edwards [2], con ampio e dettagliato commento nel primo capitolo. Si può affermare che tutto il libro non sia altro che un commento all’articolo di Riemann e ai suoi sviluppi! Trattazioni specialistiche della funzione zeta di Riemann sono i libri di Ivić [3], e Titchmarsh [4]. Informazioni aggiornate sui calcoli relativi agli zeri della funzione zeta si trovano nella pagina Computation of zeros of the Zeta function.

Per la biografia di Riemann si veda il capitolo 26 di Bell [5]. Un’introduzione relativamente accessibile della matematica necessaria per capire come sono distribuiti i numeri primi si può trovare in [6].

Riferimenti

[1] G. F. B. Riemann, Über die Anzahl der Primzahlen unter einer gegebenen Grösse, Monatsber. Königl. Preuss. Akad. Wiss. Berlin (1859), 671–680, in “Gesammelte Mathematische Werke” (ed. H. Weber), Dover reprint 1953.

[2] H. M. Edwards, Riemann’s Zeta Function, Academic Press, 1974, Dover Reprint 2001.

[3] A. Ivić, The Theory of the Riemann Zeta–Function, J. Wiley, New York, 1985.

[4] E. C. Titchmarsh, The Theory of the Riemann Zeta–Function, second ed., Oxford University Press, Oxford, 1986.

[5] Eric T. Bell, I grandi matematici, Sansoni, Firenze, 1990.

[6] A. Zaccagnini, Breve storia dei numeri primi, Ithaca: Viaggio nella Scienza III (2014), 67–83, accessibile qui.

 

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