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Un intiero esercito di Poligoni fu totalmente annientato da forze superiori di Triangoli Isosceli, mentre i Quadrati e i Pentagoni rimanevano neutrali. (E.A. Abbott)

Il capolavoro Flatlandia impone di parlare in maniera euclidea della dimensione 2. A fine romanzo tiriamo un sospiro di sollievo pensando alla comodità di vivere con “lunghezza e larghezza” ma anche con “profondità”. Eppure la dimensione 2 è quella in cui usualmente rappresentiamo il nostro vissuto. La vicinanza delle parole immaginazione e immagine diventa coincidenza su un piano che concretamente è uno schermo, una tela, una lavagna, una parete, una pagina di libro, un foglio pentagrammato, una foto o uno specchio. Se non potessimo declinare su questi supporti il nostro pensiero, per comunicare dovremmo girare con statue sottobraccio.

Per Euclide il piano, come il punto e come la retta, è un concetto primitivo che subito si rivela utile ad ospitare il terzo e quarto assioma della geometria euclidea introducendo la circonferenza e gli angoli. I pezzi di piano, poligonali e non si potranno allora costruire da tali assiomi.

Nel bellissimo Punto, Linea, Superficie di Kandinsky, il fondatore dell’astrattismo, descrive i cerchi come punti espansi. Questo ingrandirsi del punto non può accadere nella dimensione 1, la dimensione 2 è quella che contiene il punto che si ingrandisce in dischi e i segmenti che si inspessiscono. Il matematico non parlerà mai di punti espansi o rette spesse, dà a questi i nomi di cerchi e rettangoli, e da queste figure bidimensionali trae spunto per lavorare sui problemi più celebri della geometria. In 2D possiamo disegnare due rette e chiederci se si incontrano o chiederci se ciò accade dove la vista non arriva, in 2D possiamo provare le costruzioni con compasso e riga non graduata che portano a meravigliosi teoremi algebrici; nasce in 2D la sfida del calcolo delle aree curvilinee mediante l’idea archimedea di esaustione raffinata dal concetto di integrale, sono 2D le mappe da colorare con non più di quattro colori etc…

Sono i matematici moderni a risolvere molti di questi problemi, e sui loro fogli di quaderno bidimensionali iniziano a chiedersi quali siano altri spazi che “somigliano” al piano euclideo tanto da poter dire che hanno dimensione 2. Uno specchio curvo è pur sempre uno specchio. Ma uno specchio rotto (fratto) in pezzi piccolissimi lo è ancora? Deformare l’immagine è cosa diversa dal moltiplicarla.

Nell’idea di Poincaré, il piano ha dimensione 2 perché si sconnette con curve (che a loro volta hanno dimensione 1 e si sconnettono con punti di dimensione zero). Per tradurre questa frase, utilizziamo la solita formica con l’ossessione del nero e lasciamola vagare su una tovaglia bianca in cui è ricamata una linea nera che attraversa i lati opposti del tavolo. Poniamo il cibo tutto da una parte della linea e la formica dall’altra. La poverina, che interpreta la linea nera come invalicabile, morirà di fame. Se dopo il macabro esperimento, la tovaglia viene sbattuta in vari modi, la linea continuerà a dividere in due zone il tessuto. La descrizione di Poincarè (è 2D un oggetto che si spezza con una opportuna curva) si applica bene a superfici che “somigliano” al piano, nel senso che possiamo facilmente ristenderle esattamente come una tovaglia che passa dallo stendino al tavolo.

Ma per tovaglie che volano via e si appoggiano a cupole o ponti o sprofondi, Gauss si pose il problema di guardare quale fosse la superficie descritta senza uscire dalla tovaglia stessa. Il suo Teorema Egregium stabilisce che la curvatura di una superficie è calcolabile vivendo nella superficie stessa. Il mondo 2D rappresenta quello esterno ma anche intrinsecamente conosce se stesso.

Quest’ultima frase ci rimanda due secoli più indietro, all’altro grande interprete del mondo bidimensionale: Cartesio. Nel Metodo vengono introdotte le coordinate del piano che Gauss reinterpreterà come lo spazio dei numeri complessi. Visto così, è proprio il piano ad ospitare ancora oggi la più importante congettura che resiste ad ogni attacco. La retta $$\operatorname{Re}(z)=1/2$$ è la linea invalicabile per i matematici che cercano gli zeri della zeta di Riemann.

Ci vorrebbe un matematico di avanguardia per risolvere un problema del genere! Invece guardando l’artista Hong Hao ci ricordiamo delle tassellazioni del piano, il bellissimo problema di pavimentare usando più figure geometriche senza sovrapposizioni. Hong Hao ricopre il piano mediante oggetti della quotidianeità, scansionati in modo da avere il tappeto immagine del consumismo. Se fosse invece vissuto a casa di mia nonna, avrebbe avuto da scansionare soprattutto fili di lana o cotone ottenendo semplicemente dei labirinti. A ben vedere in certe cattedrali le pavimentazioni sono labirintiche.

Oltre alla rappresentazione, il viaggio è il fondamentale archetipo delle dimensione due. Le strade che percorriamo sono le linee della nostra mappa, i passi di inizio e fine sono i punti estremi di una traiettoria. Non possiamo in questo breve racconto parlare anche di geodetiche o di grafi, che sono le due importanti metafore matematiche del come viaggiare. Dobbiamo però rileggere il poeta dei labirinti per metterci al riparo da viaggi infiniti.

Non sperare che l’aspro tuo cammino che ciecamente si biforca in due abbia fine (L. Borges)

Il terribile incubo del viaggio senza approdo non si verifica solo su un piano illimitato. Persino un quadratino può contenere un labirinto così fitto da riempirlo in modo apparentemente caotico. La curva di Peano riempie il quadrato mostrandoci in 2D un oggetto diverso da quelli previsti da Euclide perché le linee (che nei due millenni precedenti non avevano larghezza) si sono inspessite! Viceversa un tappeto di Sierpinski è un’isola tutta bagnasciuga e senza nessuna spiaggia: un oggetto di perimetro infinito e area nulla. Un cerchio dipinto da Escher diventa poi modello di piano iperbolico, il bordo è sempre vicino e lontanissimo.

Che fatica la nuova matematica, quante mete irraggiungibili! Non sappiamo dove ci sta portando, sappiamo che la racconteremo 2D e che ma non possiamo fuggirle visto che ci circonda.

Un fuggiasco non ha bisogno di un labirinto perché l’universo lo è già. (L. Borges)

Sandra Lucente

In copertina: Hong Hao CONTABILITÀ 07 B, 2008/ Kandinski Composition VIII/ Labirinto della Basilica di San Vitale a Ravenna/ Escher Circle Limit III

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