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Quali sono i concetti matematici che ritenete indispensabili, ossia di cui proprio non potreste proprio fare a meno? E se aveste solo due ore per insegnare qualcosa a qualcuno che vuole sapere qualcosa di matematica, proprio non riuscireste a non insegnargli quello? Ovviamente potete barare in tutti i modi possibili, come è naturale.

Pubblicato originariamente il 13 novembre 2015, ripubblicato il 25 agosto 2016.

Sandra Lucente risponde.

Il concetto matematico di cui non potrei fare a meno? Pastrocchio su un foglio e cerco la risposta. Ho disegnato una spirale, come mi accade spesso. Né lombrico, né galassia. Solo una spirale. Sono partita dal centro e continuo a pastrocchiare sempre più lontano. L’infinito! Il concetto matematico di cui non potrei fare a meno. In tutti i miei fogli di lavoro compare da qualche parte. Non perché io pastrocchi sempre spirali, ma perché su ogni foglio c’è un limite, oppure una serie, o un integrale o un numero irrazionale o la costante ottimale in una disuguaglianza. Persino il numero di pagina e la figura rettangolare del foglio mi rimandano all’idea di infinito. Se sulla spirale scrivessi i nomi dei grandi matematici potrei ripercorrerla all’indietro e riguardare quell’idea nei fogli di tutti i matematici che ci hanno preceduto. Frena, frena. Nella Grecia antica l’infinito apparteva ai filosofi, i matematici al più utilizzavano il non-finito. I numeri primi non sono finiti per Euclide, ma non ha detto che siano infiniti! Qui si disegnano solo curve che richiedono un numero finito di passaggi, e i segmenti prediletti stanno nei quattro numeretti di una proporzione.

Eppure umanamente i greci sono costretti a “fare i conti” con l’infinito. Pur di non cedere alla tentazione di sommare infiniti termini, tifano per una tartaruga piuttosto che per un eroe. Pur di non ammettere che i segmenti del pentagramma stellato, simbolo della scuola pitagorica, non trovano un segmento che li descriva entrambi entrandovi un numero finito di volte, i pitagorici invocano gli dei per naufragi e Zeus non lesina a mandare fulmini. Intanto c’è proprio chi non resiste. La bella circonferenza ottenuta con un solo taglio del cono viene riempita di tanti-tantissimi-troppi poligoni regolari. E la parabola tagliata a bordo pagina (così non si vedono i suoi rami che tra qualche millennio si incontreranno nel punto all’infinito) viene riempita di tanti-tantissimi-troppi triangoli. Archimede si “esaustiona” ma infinito non lo dice! E non dice nemmeno che quei tanti-troppi-tantissimi-troppissimi triangoli sommati diano un’area finita. Il trucco è nel fatto che questi triangoli sono via via più piccoli (certo “via via più piccolo” è un parente di infinitesimo che è cugino di infinito). E se queste quantità non fossero sempre (eccone un’altra di parola pericolosa) più piccole? E se si sommassero e si sottraessero in modo alterno via via-tante-troppe-tantissime quantità? C’è più di un millennio di dubbi prima che Eulero non rompa gli indugi e sommi infiniti termini, addirittura usando infiniti primi! Eulero decide che è ora di “fare i conti” con l’infinito! Quest’atto di coraggio intellettuale è premiato e, grazie al formalismo di Cauchy e Weierstrass, dopo solo un secolo (cosa volete che sia un secolo rispetto al sempre?) un formalismo rigoroso consente anche ai più sospettosi di guardare l’incredibile legame tra il tutto e il nulla, tra lo zero e l’infinito. In mezzo starete pensando a tutti quei numeri così cari ai pitagorici, a tutti quei punti di una retta “che giacciono ugualmente” in Euclide. Beh, no! Trovato un infinito (ovvero assiomatizzata la sua esistenza) se ne trovano tanti. È il paradiso di Cantor, gli interi cari a Pitagora formano un infinito diverso dai punti della retta di Euclide. Addirittura ci sono infiniti infiniti! Ma ognuno di questi è rappresentato da un insieme equipotente ad una sua parte propria. Ad esempio è infinita la spirale visto che possiamo costruire una applicazione che la metta in relazione con quel mio pastrocchio. Se vi piace chiameremo zoom questa applicazione. Facciamo passare un altro secolo, e lo zoom suggerirà di costruire in infiniti passi curve di infinita lunghezza che contengono area finita. Mandelbrot li chiamerà frattali e osserverà anche che un fulmine non viaggia in linea retta…. Già, proprio il fulmine, tra le mani di Zeus, con le diramazioni che ci danno l’idea di infiniti infinitesimi rami. In cima all’Olimpo hanno “fatto i conti” con la potenza del pensiero umano che può persino calcolare la dimensione della folgore del figlio di Crono. Crono il tempo, l’infinito continuo giocattolo di noi esseri numerabili, i soli che con un passaggio possono aiutare Achille a superare le tartarughe, che con una formula possono indovinare se un poligono piace ai greci o no, con un integrale danno senso al metodo di Archimede. Noi che facciamo incontrare le parallele e che sappiamo scrivere $$\liminf (p(n+1)-p(n))=2$$ per raccontare che vi sono infiniti primi gemelli. Beh… Questo però non lo sappiamo ancora dimostrare, l’infinito si fa formalizzare ma richiede ancora tanti fogli da riempire. È il concetto di infinito ad attraversare tutta la storia della matematica, ed è di questa e della sua storia che non posso proprio fare a meno.

In alto: immagine di Robert Lloyd

Roberto Natalini [coordinatore del sito] Matematico applicato. Dirigo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Cnr e faccio comunicazione con MaddMaths! e Comics&Science.

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